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La storia della Suzuki V-Strom 1050: 2020-2021, più off ed elettronica evoluta

Siamo alla terza - e penultima - versione della V-Strom 1000 (ora 1050), commercializzata dal 2020: con lei arriva una elettronica ancora più completa e alla pari con la concorrenza. In occasione dell'arrivo della prima V-Strom con ruota anteriore da 21", ripercorriamo attraverso le prove di Motociclismo la "carriera" di una moto che si è ritagliata il suo posto tra le big

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Suzuki V-Strom 1050 XT my 2020-2022

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Dopo l'uscita di scena nel 2006 della prima serie, e una pausa riflessiva di ben 8 anni, da vera highlander la V-Strom 1000 torna più in forma che mai nella nuova veste del 2014: stesso nome, stessi motore e telaio ma aggiornati, e un'estetica tutta nuova, più "magra" e moderna.

Nel 2020 la V-Strom fa un altro piccolo step evolutivo, riceve una elettronica più raffinata, il motore diventa Euro5, aggiorna la propria sigla in "1050" e, con la versione XT della nostra prova, strizza l'occhio al fuoristrada più impegnativo. La prova sotto è stata pubblicata su Motociclismo Marzo 2020. Ripercorriamola insieme.

di Mario Ciaccia

Siamo stati i primi a testare la Suzuki V-Strom 1050 e ve l’abbiamo raccontata sul fascicolo di gennaio 2020, in un articolo di dieci pagine. Ma poi c’è stata la presentazione ufficiale a Malaga e che si fa, non si va?

Essendo questa città leggermente più a sud di Pantelleria, significa poter godere anche in gennaio di strade eccezionali come tracciati e grip, con temperature di venti gradi, dove poter verificare con più calma le già ottime impressioni che avevamo avuto durante l’anteprima. Il percorso si snoda lungo la costa fino a Marbella e da lì alla bella città medioevale di Ronda, superando Puerto del Viento, a 1.190 m di quota, un altopiano desertico e roccioso con il mare da una parte e le montagne innevate della Sierra de Las Nieves (che raggiunge i 2.000 m) dall’altra.

Curve strette, larghe, a esse, a tornanti, sempre con asfalto perfetto. Le nostre guide sono il dakariano Antonio Gimeno e Alex Rins, uno dei rari piloti che ama anche andare su strada (e possiede proprio una V-Strom!). La conclusione a cui siamo giunti è che questa moto, nel corso dei suoi 18 anni di vita, è sempre rimasta uguale a se stessa: anche adesso che è infarcita di elettronica rimane la solita, amichevole, immediata moto tuttofare. Quello che è cambiato è il modo di percepirla rispetto alle concorrenti e ai trend in atto.

Nel 2002, quando la provammo per la prima volta, di maxienduro da circa 100 CV ce n’erano ancora poche. La V-Strom sembrò un oggetto nuovo perché, rispetto alle varie Honda Varadero 1000, BMW R 1150 GS e Triumph Tiger 850, era più potente e più brillante nei percorsi guidati asfaltati. Con quel telaio in alluminio, sembrava un misto tra una enduro e una sportiva stradale. Aveva la potenza, la stabilità e la maneggevolezza di una belva da passo alpino. Unico difetto: un on-off fastidioso, già presente sulla Cagiva Navigator 1000 che montava anche lei il V2 a 90° di Suzuki. Nel giro di pochi anni, però, questa moto è uscita lentamente di scena, curiosamente messa in ombra, a partire dal 2004, dalla sorellina di 650 cc che aveva qualità simili, ma era ancora più maneggevole e immediata da guidare.

Nel 2006 la 1000 è uscita di produzione e, negli anni successivi, le maxienduro sono esplose, diventando le moto più vendute d’Italia e crescendo in cilindrata, potenza, pesi, dimensioni e dotazioni elettroniche. Suzuki nel frattempo ha portato avanti soltanto la 650, che è sempre piaciuta a chi badava al sodo, macinava km e voleva un mezzo comodo, affidabile e bello da guidare.

Sorpresa!

Suzuki è rientrata nel campo delle maxienduro solamente alla fine del 2013. Ci si aspettava una V-Strom 1200 da almeno 140 CV, allineata alla concorrenza invece, a sorpresa, la nuova moto era una 1000. Si trattava dell’evoluzione della precedente, portata da 996 a 1.037 cc, dotata di nuova estetica (sempre non troppo seducente), ABS, controllo di trazione e senza più l’odioso effetto on/off.

Adesso non veniva percepita come una delle più potenti e sportive endurone stradali, ma come una delle meno impegnative, leggere e maneggevoli: e non perché si fosse rimpicciolita o depotenziata, ma perché le concorrenti si erano anabolizzate. Durante la comparativa che facemmo in Tunisia (Motociclismo 5-2014) si rivelò la più facile e rassicurante quando gli sterrati diventavano molto scassati e fangosi, tali da dover procedere zampettando a passo d’uomo.

Suzuki continua a seguire questa filosofia e ha ragione, visto che anche la nuova Africa Twin di Honda, presentata nel 2015, era una 1.000 cc dall’elettronica molto semplice. E quando Honda si muove in una certa direzione, non lo fa mai per caso. Ma, evidentemente, oggi non si può più prescindere dall’elettronica. Sarebbe interessante sapere quanto le decisioni che hanno portato Honda e Suzuki ad arricchire le loro 1000 siano state influenzate dal marketing o dal desiderio di rendere le loro moto più sicure.

Se, fino all’anno scorso, le differenze tra la V-Strom base e la XT erano limitate a qualche accessorio e a 500 euro di prezzo (le 2019 sono tuttora in vendita, rispettivamente, a 12.940 e 13.440 euro chiavi in mano), adesso sono più importanti, perché è solamente la XT a beneficiare di tutte le innovazioni elettroniche: la base è in vendita a 13.140 euro e la XT a 14.840, sempre chiavi in mano.

In Suzuki Italia però puntano a importare soprattutto la top di gamma, tanto che durante il lancio stampa la base (che si distingue per i cerchi a razze e il faro posteriore rosso) non era neanche presente. Questa è la prima V-Strom a piacerci completamente di estetica. Siamo però rimasti delusi dal constatare che le voci che parlavano del ritorno della DR800S Big, dotata di un inedito monocilindrico con seconda biella avente funzione antivibrazioni, non erano fondate. Quel motore non s’è (ancora?) visto e i prototipi dotati di “becco” molto simile alla Big erano proprio questi della nuova 1050 (che però resta da 1.037 cc).

Nel corso della presentazione ufficiale, le V-Strom 2020 erano parcheggiate in mezzo a un gruppo di DR600S, DR650S e DR750S Big reduci da rally tipo Dakar o simili, tutte trasformate, vissute e ammaccate. Richiamo estetico a parte, la nuova moto resta prettamente stradale: la ciclistica infatti è identica alla precedente.

Le sette "sorelle"

L’elenco delle novità elettroniche della V-Strom è impressionante, ma la moto, da guidare, resta semplice come al solito. Anche lei è entrata a far parte della famiglia di moto in cui conoscere a memoria tutte le sigle e il loro significato fa pensare allo studio di un testo scolastico.

L’implemento è avvenuto passando da una piattaforma inerziale Bosch a 5 assi a una sempre Bosch, ma a 6 assi e all’adozione del ride by wire al posto del comando gas a cavo che azionava una delle due farfalle. L’intero pacchetto elettronico si chiama SIRS (Suzuki Intelligent Ride System) e comprende sette sistemi di controllo: MTBS (Motion Track Brake System), che Suzuki Italia preferisce chiamare FrenaInPiega, è l’ABS “intelligente” che permette di frenare anche dentro la curva (ABS 1 è quello blando per il fuoristrada, ABS 2 quello “normale”); HHCS (Hill Hold Control System) facilita la partenza in salita, dato che aziona automaticamente il freno posteriore; SDCS (Slope Dependent Control System) ripartisce la potenza della frenata verso il retrotreno, in discesa, per evitare un eccessivo carico sulla ruota anteriore; LDCS (Load Dependent Control System) è un altro ripartitore di frenata e agisce in base alle combinazioni di carico (pilota, passeggero, bagaglio); SDMS (Suzuki Drive Mode Selector) sono le tre mappature del motore: A risposta pronta, B normale, C pioggia e fango; TC (questa è facile: Traction Control, che adesso è su tre livelli + esclusione totale: 1 da fuoristrada, 2 da asfalto asciutto, 3 da asfalto bagnato).

Ovviamente c’è anche il cruise control, che funziona in quarta, quinta e sesta marcia, a velocità tra i 50 e i 160 km/h. Tutto bello, ma… a Marbella incontriamo condizioni assolutamente ideali. Senza passeggero, su strade con fondi perfetti anche quando sono sterrate, senza forti pendenze. Non ci sono situazioni che ci facciano notare gli interventi delle “sette sorelle” elettroniche.

Apprezziamo però la facilità dell’approccio. Quasi tutte le funzioni del SIRS non vanno modificate o selezionate: lavorano per conto loro. Di regolabili ci sono soltanto la mappatura, il controllo di trazione e il tipo di ABS, con un menù rapido e facile da imparare. Non ci sono pacchetti preimpostati: ciascuna regolazione è indipendente una dall’altra. Esempio: per fare fuoristrada bisogna impostare la mappatura di potenza su C, il controllo di trazione su 1 o Off, l’ABS su 1. La cosa per noi splendida è che, se spegni il quadro, al riavvio del motore ritrovi le stesse impostazioni che hai scelto. La moto non si resetta da capo come fanno alcune concorrenti.

Più Euro, più CV

Un’altra cosa che non siamo in grado di apprezzare a fondo sono le modifiche al motore, che è stato dotato di corpi farfallati più grandi e potenziato, pur essendo passato da Euro 4 a Euro 5. Il “vecchio” dichiarava una potenza massima di circa 101 CV all’albero a 8.000 giri/min e questo oltre 107 a 8.500 ma, nel precedente test, non era stato possibile portare il motore al limite e valutare quanto si sentissero questi 6 CV alla ruota (reali) in più. Il valore massimo della coppia è più o meno lo stesso, ma ottenuto a 6.200 giri/min contro 3.900 (sempre effettivi).

Quando abbiamo letto questo innalzamento del regime di coppia massima ci siamo domandati: sarà cambiata l’erogazione? Più nervosa, meno piena ai bassi, con più allungo in alto? L’ideale sarebbe avere a confronto su strada una 2019 con una 2020, per rendersi conto. Ma non è stato possibile. Siamo però riusciti a mettere al banco la nuova V-Strom e paragonare le curve di erogazione con il precedente modello, oltre a rilevare le prestazioni. Osservando i grafici a confronto (che trovate nella galleria immagini), si capisce tutto.

Entrambe le curve di coppia salgono ripide fino ai 4.000 giri/min, dopodiché si mantengono costanti intorno ai 90 Nm alla ruota fino ai 7.000 giri/min, fluttuando leggermente. Una ha il suo picco a 3.900 giri/min, l’altra a 6.200, ma i comportamenti sono praticamente identici. Riguardo alla potenza, è notevole come la nuova V-Strom, pur essendo una Euro 5, ai bassi regimi sia praticamente identica alla precedente, salvo poi staccarla a partire dai 5.000 giri/min. Quindi in questo confronto a distanza la sensazione è di avere tra le mani la solita, familiare, rassicurante V-Strom, con la posizione di guida naturale e comoda e il motore fluido, elastico, pieno ai bassi, grintoso agli altri. Ce le ricordiamo tutte così, fin dal 2002.

Stabile e maneggevole, infonde fiducia su asfalto e anche i freni sono ai massimi livelli sebbene strumentalmente abbiamo rilevato risultati leggermente peggiori. Le sospensioni e le geometrie sono tali e quali le precedenti. Verificheremo al meglio (anzi al peggio) le capacità della moto in fuoristrada, anche se questo non è certo il suo terreno ideale.

Abbiamo apprezzato la nuova posizione di guida: il serbatoio è più stretto tra le gambe (vengono dichiarati sempre 20 litri di capienza, ma noi ne abbiamo misurati 19,4 al posto di 20,9 della precedente) e la sella è dura, ma in maniera sana, non è cedevole, permette di macinare tanti km senza affaticarsi.

Pregi

  • Estetica accattivante
  • Sicurezza attiva
  • Piacere di guida

Difetti

  • Regolazione parabrezza non in movimento

Potenza max alla ruota/all'albero (CV-giri/min): 96,0-8.500/105,2-8.500

Coppia max alla ruota /all'albero (kgm-giri/min): 9,21-6.200/10,1-6.200

Velocita max: 210,7 km/h

Accelerazione 0-100 km/h: 4,9

Accelerazione 200 m: 7,5 s - 155,3 km/h

Accelerazione 400 m: 11,6 s - 183,5 km/h

Peso: 235,6 kg (ant 48,3% - post 51,7%)

Consumi medio: 17 km/l

MOTORE 4T, bicilindrico a V di 90°, alesaggio per corsa 110x66 mm, cilindrata 1.037 cc, rapporto di compressione 11,5:1, distribuzione a doppio albero a camme in testa, 4 valvole per cilindro, raffreddamento ad acqua, potenza massima 107,4 CV (79 kW) a 8.500 giri/min, coppia massima 10,2 kgm (100 Nm) a 6.000 giri/min. Lubrificazione a carter umido

ALIMENTAZIONE Iniezione elettronica, corpi farfallati ride by wire da 49 mm di diametro, capacità serbatoio carburante 20 litri

ACCENSIONE Elettronica digitale, due candele per cilindro

TRASMISSIONE Primaria a ingranaggi denti dritti, rapporto 1,838 (57/31); finale a catena, rapporto 2,411 (41/17). Multidisco in bagno d’olio con antisaltellamento, comando idraulico; cambio a 6 marce. Rapporti: 3,0 (36/12) in prima, 1,933 (29/15) in seconda, 1,5 (27/18) in terza, 1,227 (27/22) in quarta, 1,086 (25/23) in quinta, 1 (24/24) in sesta

TELAIO Doppia trave in alluminio, inclinazione cannotto di sterzo 25,5°, avancorsa 109 mm.

SOSPENSIONI anteriore forcella Kayaba con steli da 43 mm, completamente regolabile, escursione n.d.; post. monoammortizzatore regolabile nel precarico molla e nel freno idraulico in ritorno, escursione ruota n.d.

RUOTE Cerchi a raggi in alluminio; anteriore 2,5x19”, posteriore 4x17”; pneumatici Battlax Adventure A41, anteriore 110/80-R19M/C (59V), posteriore 150/70 R17M/C (69V).

FRENI anteriore a doppio disco da 310 mm con pinze monoblocco radiali a 4 pistoncini; post. a disco da 260 mm con pinza Nissin a singolo pistoncino; ABS cornering regolabile su due livelli.

DIMENSIONI (in mm) e PESO Lunghezza 2.265, larghezza 940 (870), altezza 1.515, interasse 1.555, altezza sella 855/875; peso 247 kg in ordine di marcia.

PRESTAZIONI velocità massima e consumi non dichiarati

GAMMA COLORI Giallo/blu, rosso/bianco, nero

PREZZO 14.840 euro indicativi chiavi in mano

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