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Prova Beta Alp: come va la nuova 4.0

Abbiamo provato l'ultima versione della popolare monocilindrica toscana da motoalpinismo, equipaggiata adesso con un motore raffreddato ad acqua. Le sensazioni sono quelle di comfort e sicurezza del passato, ma è migliorata tantissimo dal punto di vista di prestazioni e ciclistica

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Beta Alp 4.0 2024

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Abbiamo finalmente messo alla prova l’ultima versione della Beta Alp 4.0, che richiedeva un aggiornamento cospicuo perché il suo motore, derivato da quello della Suzuki DR350S, raffreddato ad aria e alimentato a carburatore, era troppo complicato da adeguare alla normativa Euro 5. Adesso è tutta nuova, a cominciare dal motore Tayo bialbero 4 valvole, raffreddato ad acqua, alimentato a iniezione elettronica e dotato di radiatore dell’olio: lo stesso che equipaggia le Zontes. Non è un mistero che Beta Motor importi proprio le Zontes.

Insieme al motore abbiamo, di nuovo, le sospensioni (R16V regolabili nel solo precarico posteriore, con forcella da 43 mm e 185 mm di escursione e monoammortizzatore progressivo da 200 mm di corsa alla ruota), i freni (con pinze Nissin all’avantreno ed ABS escludibile totalmente), il telaio e il forcellone. Il serbatoio tiene 11 l, mezzo litro più del precedente. Per tutte le caratteristiche tecniche vi rimandiamo però al nostro articolo di presentazione, ora è arrivato il momento di salire in sella e scoprire come va la nuova Beta Alp 4.0!

Nella pagina seguente trovate le nostre impressioni di guida.

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Tutta nuova anche l’estetica, più spigolosa e “mazinga” della precedente, ma sempre minimalista.

La posizione di guida ricorda la precedente: sella relativamente bassa da terra (865 mm dichiarati), ma più comoda (la precedente era dura e spigolosa, si sentiva nell’interno coscia). Pedane alte, quindi vicine al piano sella: siamo di fronte a una delle rare moto da fuoristrada pensate chiaramente per chi non svetta verso l’alto. Manubrio azzeccato, come larghezza e distanza da terra. Però il dislivello elevato tra lui e il piano sella rende meno fulminee le manovre nelle curve strette, quando si guida seduti. Lo sterzo agilissimo rende l’operazione comunque facile e la guida molto divertente. In piedi si guida bene, anche se è meno stretta tra le gambe di quello che ci si aspetterebbe. Essendo noi oltre il metro e ottanta avremmo preferito un manubrio più alto, ma già così la moto ha una triangolazione sana e azzeccata per l'uso in fuoristrada.

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Quindi via, andiam per boschi! Il test è stato un primo assaggio, con tanto fuoristrada, zero trasferimenti autostradali e nulla dopo il tramonto, per cui non sappiamo se il nuovo faro vale il precedente (che emetteva una luce da maximoto).

Il comfort è buono: le vibrazioni sul manubrio sono contenute e permettono di viaggiare a lungo. Non c’è protezione aerodinamica, ma stiamo parlando di una moto con velocità di crociera stimata di circa 110 km/h indicati. “Stimata” perché, come detto, per ora non l’abbiamo provata in autostrada. Su asfalto la moto va come la vecchia, che era fantastica nei tornanti asfaltati, ma frena molto meglio: l’anteriore è progressivo, potente e modulabile. Sulle prime si rimane spiazzati dall’agilità della moto. La posizione naturale e la velocità con cui l’avantreno permette di cambiare direzione danno una sensazione di moto facile, rilassante, che mette a proprio agio. La sella a 865 mm contribuisce a un baricentro basso che si traduce in un'ottima agilità sul misto guidato. Il motore è dolce sotto, non ha un gran tiro, ma si distende bene e ha un timbro di scarico civile. Le prime marce sono lunghe, prima compresa, la sesta non sappiamo perché il percorso di prova di questo primo assaggio era molto tortuoso (e quasi tutto sterrato). Un pregio del propulsore è sicuramente il ridotto freno motore, unito al fatto di avere un volano non troppo appesantito; questo va a tutto vantaggio della piacevolezza di guida e della possibilità di essere scorrevoli su strada e in offroad anche quando si ha il gas chiuso.

Ovviamente qualche tornante asfaltato ce lo siamo andati a cercare e la moto  mantiene la sua caratteristica principale: la facilità con cui si riesce a girare strettissimi, "cuciti al cordolo", come direbbe Guido Meda.

ABS disinseribile in fuoristrada

In fuoristrada l’ABS attivo sulle due mappature "strada" e "off" è molto invasivo, specie se messo a confronto con i migliori in circolazione, che permettono frenate decise con l’anteriore persino nel fango in discesa. Qui conviene fare “alla vecchia”, ovvero escluderlo totalmente, operazione permessa sulla mappa da fuoristrada, tenendo premuto il pulsante dedicato sul blocchetto sinistro.

L’operazione avviene soltanto dopo avere impostato la mappatura Off Road (con il tasto che vedete sopra, nella parte bassa del blocchetto: si vedono i disegni della ruota tassellata e di quella stradale) e poi, stando fermi col motore al minimo, premendo a lungo un tasto dedicato, facendo attenzione alla comparsa della spia ABS sulla strumentazione (che si legge male con il sole). 

Quando si spegne il motore, come sempre, l’ABS torna attivo e l'operazione diventa laboriosa. Il Tayo ha le marce lunghe: se non si riescono ad affrontare le salite in seconda con il gas aperto, recuperare i giri è difficile e bisogna scalare in prima. Rispetto alla precedente Alp, le nuove sospensioni sono nettamente migliori. Copiano benissimo le pietraie, permettendo di galleggiarci proseguendo dritti, mentre prima era facile che l’avantreno scartasse e il retrotreno scalciasse. Tuttavia, sono sospensioni tarate per un uso turistico. Aumentando il ritmo, il retrotreno è sfrenato e provoca perdite di trazione. Ma non è un limite o un difetto; nessuno dovrebbe comprare una Alp per mettersi a correre come in una speciale di enduro.

Anche se non abbiamo resistito e abbiamo chiesto a Jonny Walker, pilota ufficiale Beta nel Mondiale enduro, di provare la piccola Alp 350.

Jonny Walker è uno dei piloti ufficiali Beta più forti in assoluto e specialista dell'estremo, gare tipo Erzberg o Romaniacs. Lo abbiamo incontrato mentre effettuavamo il nostro test in un campetto di allenamento; gli abbiamo chiesto se volesse provare la Alp e lui ha accettato, guidando con delicatezza e uno stile pulito ed elegante, terminando con un commento solo: "Comfortable!".

Questa è una moto per fuoristradisti esploratori, che non vanno forte, non amano caricare la moto sul carrello e vogliono infilarsi dappertutto, senza il patema di piantarsi o di cascare con una moto pesantissima.

I suoi veri limiti, in fuoristrada, derivano da due scelte tecniche che ci lasciano perplessi, ovvero il gruppo targa/indicatori di direzione sospesi su un braccio collegato al forcellone (come va di moda sulle cruiser… ma questa non lo è) e lo scarico che non solo passa sotto al motore (sulle enduro passa di lato), ma non è neanche protetto dagli urti (il paramotore in plastica di cui è dotata ha uno sviluppo limitato e si apre proprio in corrispondenza del catalizzatore).

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Il problema di questa soluzione è che targa e indicatori di direzione sono esposti agli urti, inoltre temiamo che il fango colloso si vada a fermare là dentro, bloccando la ruota (stesso problema potrebbe verificarsi con il parafango basso anteriore, da sempre presente sulle Alp). Immaginiamo che diversi costruttori di parti aftermarket realizzeranno un portatarga tradizionale.

Come gomme erano montate delle Vee Rubber molto simili alle Pirelli MT21 Rallycross, ovvero delle tassellate a mescola dura che tengono bene su asfalto e nel fuoristrada asciutto, ma sono pessime nel fango. Con le dual sport va così, purtroppo, non si è mai contenti.

Quindi occhio ad aprire il gas, qui.

Di buono c’è che le misure (90/90-21 e 140/80-18) sono idonee a montare pneumatici da enduro spinto, all’occorrenza. E, vista l’agilità e la serenità che questa moto infonde in fuoristrada, la tentazione di montarle è tanta.

Il prezzo della nuova Beta Alp 4.0 è di 6.040 euro chiavo c.i.m.*

*Il prezzo presente in questo articolo è da considerarsi con la formula "chiavi in mano", comprensiva di "messa in strada", che Motociclismo quantifica in 250 euro.

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Beta Alp 4.0 2024

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