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Le MotoGP quadrate: il demone dell’aria e il male di imitare la F1

Ai test della MotoGP di Sepang si sono viste soluzioni sempre più sofisticate e sempre più “automobilistiche”. Nel Mondiale che sta per cominciare si cerca di aumentare lo spettacolo con le Sprint Race, con il rischio che l'esasperata ricerca aerodinamica porti invece effetti contrari. E pericolosi per i piloti

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Il 26 marzo scatterà in Portogallo il Mondiale MotoGP 2023; anzi, partirà sabato 25, con la prima Sprint Race della storia del motociclismo. Si tratta dell’ennesima soluzione con cui il Motomondiale di casa Dorna scimmiotta la Formula 1 (e la SBK). Sarà una buona idea? Molti sono scettici, ma la gara corta potrebbe non essere l’idea peggiore. C’è il rischio che sia molto più negativa, per lo spettacolo, la questione dell’aerodinamica. Dai test a Sepang sono rimbalzate dichiarazioni inquietanti: “Servono più CV per aumentare il carico aerodinamico” (Quartararo); “Con la nuova Ducati posso staccare 15 metri più avanti” (Martin). Si è visto un proliferare di diffusori a scala, ali davanti e dietro, profili estrattori sui cupolini. Che uno le guarda, quelle alette, e pensa a come facciano a generare portanza: è semplice, bisogna osservarle quando la moto è inclinata di 40°-60°. Allora ti rendi conto che quei piccoli profili si trasformano in alettoni. Le moto sono diventate quadrate, se le confronti con le linee di una decina d’anni fa. E il motivo è che la penetrazione aerodinamica, prima garantita da forme pulite e rotonde, ora è un nemico. Ora bisogna generare carico e se il coefficiente di penetrazione peggiora, paradossalmente è meglio, perché resistenza fa rima con deportanza, cioè la forza che ti schiaccia al suolo.

Tuttavia, non è questo il problema di trasformare una MotoGP in una Formula 1. Il problema è che, esattamente come nell’automobilismo, il carico aerodinamico genera aderenza da sfruttare in frenata, e a forza di ridurre lo spazio di frenata, non ce n’è più per superare. Abbiamo già assistito a gare con trenini di moto, l’anno scorso: ce l’aveva spiegato Dovizioso.

L’aerodinamica piace ai tecnici, perché quando trovi la soluzione giusta hai un immediato vantaggio di prestazioni, che a cercarlo dal motore servono molto più tempo e soldi; ma poi tutti si copiano e a quel punto si gioca sul dettaglio del dettaglio, con costi sempre maggiori in galleria del vento. E c’è un altro aspetto, rivelato dalla frase di Quartararo: l’aerodinamica funziona tanto più quanto più forte vanno le moto.

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La Formula 1 era entrata in crisi perché non c’erano più sorpassi, tanto che negli anni ha dovuto studiare soluzioni che hanno creato un avvitamento tale da snaturarla: gomme intagliate, regolamenti cervellotici, fino all’ala mobile posteriore, che è il contrario dell’automobilismo. Negli anni si era arrivati ad avere monoposto con un tale proliferare di ali, alette e ammennicoli vari che non si distinguevano più le forme principali. Ora si è tornati all’effetto suolo e le cose sono migliorate.

La MotoGP sta percorrendo la stessa strada di quella F1. Una strada che potrebbe rivelarsi pericolosa: bene che vada, per lo spettacolo (e già l’avvitamento è cominciato, con la gara “sprint” a ogni appuntamento, inserita senza nemmeno una sperimentazione); se va male, per la sicurezza dei piloti.

Occhio.

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