Statistiche web

La Honda CB400F Super Sport del 1974

Derivava dalla 350, la più piccola della famiglia quattro cilindri, ma questa 400, per via della cubatura, era destinata a chi aveva almeno 21 anni. Economica nell'acquisto, spartana nelle linee, era una media cilindrata dalle prestazioni elevate e facile nella guida
Una delle famiglie più importanti della storia di Honda è stata quella delle CB a quattro cilindri, i modelli dalla distribuzione monoalbero. Tutto nasceva dalla 750, la moto che con il suo arrivo nelle concessionarie nel 1969 ha sconvolto e ribaltato il mondo della motocicletta. Nessuno, tanto meno i Costruttori italiani e inglesi, potevano pensare che una moto che concentrava bellezza delle linee, meccanica raffinata e tante innovazioni tecniche (una per tutte l'adozione del freno a disco anteriore) e in più mostrava un'affidabilità inappuntabile, potesse mai essere prodotta in serie. Il tracollo per le industrie britanniche, quelle che si occupavano di moto di grossa cilindrata, derivava dal fatto che le loro bicilindriche (ma pure le tre cilindri BSA/Triumph) erano inadeguate nelle prestazioni contro questa concorrenza, oltre a non avere una certa affidabilità; per le nostre fabbriche l'arrivo in massa delle giapponesi è stato da stimolo per esplorare il mondo delle maxi. Aperta la via con la CB750, Honda replica il "sogno" (Dream era il nome scelto da Soichiro Honda per questa moto presentata al Salone di Tokyo del 1968) anche nelle minori cilindrate: con la 500 (1971), poi la 350 (1972) e infine con la Super Sport (1974) di questo servizio.
1/14 Dal 1975 al 1977 sarà la più piccola fra le 4 cilindri della serie CB. Insieme alla CB750F è la prima moto di serie a montare l’impianto di scarico 4 in 1. Veloce e robusta, costruita in oltre 100.000 esemplari, è un ottimo mezzo per avvicinarsi con una spesa ragionevole al mondo epocale.
Lo schema tecnico dei motori a quattro cilindri raffreddati ad aria era il medesimo per tutti i modelli, la realizzazione era, ovviamente, diversa specialmente tra le due di maggiore cilindrata che differivano nella inclinazione dei cilindri, nella distribuzione, nella lubrificazione - a carter umido contro quella a secco della CB di maggior cubatura - mentre la trasmissione primaria con la catena diventava sulla 500 di tipo Morse rispetto alla più rumorosa duplex della 750. Le sorelle minori delle CB erano vicine tra di loro nel motore, perché avevano una base comune, mentre il resto era tutto diverso per la differente destinazione d'uso. La CB350 era una moto accessibile a tutti anche per via della cilindrata che consentiva di guidarla a chi aveva 18 anni; una moto dalla costruzione raffinata, ordinata e perfetta come può essere una giapponese di quegli anni, piccola nelle dimensioni e agile nel comportamento generale. Il motore, pur se frullava come un disperato vicino a quota 10.000 giri, non era il massimo in fatto di prestazioni: 34 CV a 9.500 giri, contro i 35 a 8.200 della bicilindrica Moto Morini 3½, o i 38 CV della più aggressiva Yamaha RD350, bicilindrica a due tempi. Insomma, siamo davanti a una moto molto bella, eccezionalmente curata, ma che non interessava chi aveva un animo sportivo: nella prova di Motociclismo di aprile 1975 Eugenio Inglese (tester numero uno dell'epoca e pilota di Endurance), nel confronto con la 400, descriverà la 350 come un "cavallo mansueto". La Super Sport 400 cambiava completamente carattere del piccolo quattro cilindri: questo motore si è dimostrato più adatto a chi voleva spingere forte, tanto è vero che si allontanava da quello della 350 avendo 3 CV in più di potenza, inoltre non erano poche le CB400 e destinate a gareggiare nelle Derivate di serie, competizioni che andavano per la maggiore negli anni Sessanta e che coinvolgevano Case e preparatori.
Spartana e pure racing La Super Sport era più sportiva, più leggera (167,5 kg a secco contro 170 della 350), migliore nella guida, con un motore che accettava di essere maltrattato. Per contro ci si trovava davanti a una moto letteralmente dalla doppia faccia: molto ben riuscita sul lato destro, con quella sinfonia di tubi di scarico che correvano paralleli tra di loro sino a confluire in un lungo silenziatore, mentre era spoglia a sinistra. Guardandola da quel lato la sella appariva solo modesta nella similpelle che la ricopriva, il serbatoio monocromatico sembrava ancora più "povero" perché non riportava i fregi del prestigioso marchio: Motociclismo definiva francescane le sue decalcomanie. In realtà non è che improvvisamente Honda non sapesse più mettere insieme lucide cromature, verniciature perfette e una linea accattivante, ma questa era la concessione a un basso prezzo di acquisto, necessario per attrarre tanti appassionati: la Super Sport costava 1.216.000 lire, la sorella 350 aveva un prezzo non lontano perché ci volevano 1.198.000 lire; la diretta concorrenza era vicina con i 1.227.000 della Yamaha RD350 e 1.144.000 di lire della Moto Morini 3½.
Questo minimalismo molto giapponese e poco Honda ripagava quando si saliva in sella alla CB400? Decisamente sì, perché le differenze sostanziali del motore, rispetto a quello della sorella di minore cubatura, si traducevano in una progressione e in un funzionamento davvero brillante. Scrive sempre Motociclismo: "Docile, maneggevole ed eccezionalmente elastica in città (32 km/h in sesta), la 400 Super Sport diventa straordinariamente veloce in autostrada, mantenendo medie di crociera oscillanti sui 120 km/h, ma potendo sopportare anche a 140 orari. A questa velocità effettiva, e non tachimetrica, il contagiri è fermo sugli 8.000 giri con duemila di riserva...

I rapporti di trasmissione primaria e secondaria, come pure quello della prima e della quinta marcia, sono identici a quelli della CB350. La seconda e la terza sono state lievemente allungate mentre la quarta è stata estesa in misura superiore... Questa rapportatura del cambio, la maggiore cilindrata ed il sistema di scarico a collettori riuniti, fan sì che lo spunto in partenza della 400 Super Sport sia molto più brillante di quello della sorella minore, tanto che sui 400 metri con partenza da fermo le dà quasi un secondo di distacco (14,53 contro 15,38 s), usufruendo solo delle prime quattro marce. Il comportamento del cambio sul misto è simile a quello delle moto da competizione. Le marce sono tutte lì, una vicina all'altra: basta pelare appena la frizione sfiorando il pedalino del cambio ed il passaggio avviene senza strappi in accelerazione o impuntamenti in scalata, con il contagiri che resta attorno al regime desiderato. Con questa moto sul misto si riesce a insidiare il prestigio di cilindrate ben superiori.

Infatti la CB400 Super Sport ha il passo piuttosto corto, è maneggevole, stabile, ed il cambio e la frizione non creano problemi... Peccato che a destra il collettore degli scarichi tocchi terra nelle pieghe più accentuate, come pure è fastidioso sentire flettere le pedane appena queste sfiorano l'asfalto".
Ma non tutto è positivo perché: "Quando si affronta qualche curvone alle massime velocità o lungo una lieve pendenza, incontrando magari un avvallamento del manto stradale, è facile avvertire qualche oscillamento o perlomeno una scarsa stabilità del retrotreno. I maggiori imputati sono gli ammortizzatori... Il freno a disco anteriore non ci sembra dimensionato per le capacità velocistiche della moto o per la marcia in due".
© RIPRODUZIONE RISERVATA