Al banco il motore sviluppa circa 48 CV all’albero, una potenza cui non arriva la Honda CB500 Four e che sfiora appena la nuova e veloce Kawasaki Z500. Il primo prototipo marciante è pronto alla fine del 1978 ma, come detto all’inizio, la sportiva della Ducati ha bisogno di quasi un anno di messa a punto prima di entrare in commercio in Italia, nell’autunno del 1979, con un design estremo firmato da Marco Cuppini, giovane cestista del basket bolognese e designer di moto. Ispirata ai manga giapponesi, l’estetica della Pantah è un taglio netto non solo con i modelli Ducati presentati fino a quel momento, ma con tutto il panorama motociclistico di allora. Oltre a questo ci sono interessanti aspetti prestazionali e non solo. La Pantah va forte (sfiora i 200 km/h effettivi), è scattante e stabilissima, frena bene, ma come scrive Motociclismo nella prova su strada “A fronte di queste brillanti caratteristiche ci sono però alcune manchevolezze che indispettiscono specialmente se messe assieme. Ad esempio, le sospensioni: sono ben accordate fra loro, ma sono dure e congiuntamente all’imbottitura spartana della sella rendono la Pantah ben poco confortevole. Poi il raggio di sterzo limitatissimo, molto scomodo nell’impiego cittadino. Infine il tappo del serbatoio che tiene sì e no, il folle che si stenta a trovare, la rapportatura lunga, che provoca qualche disagio nell’impiego tranquillo. Ma allora perché tanto entusiasmo all’inizio? Perché la Ducati è un’altra idea della moto. Un’idea per la quale i veri appassionati sono pronti ad accettare anche qualche sacrificio...”. Vero, ma fino ad un certo punto, perché la Pantah, oltre che per un ingresso troppo posticipato in un mercato già altamente competitivo, non riesce ad essere un successo come dimostrano gli 8.488 esemplari costruiti dal 1979 al 1984, considerate tutte le versioni nelle cilindrate 350, 500, 600 e 650. Infatti, la Pantah oltre che nella versione 500 cc viene pensata da subito per essere proposta in varie cubature, anche come 350 cc che è la cilindrata destinata ai giovani. Ricordiamo infatti che per legge, ancora nei primi anni Ottanta, i diciottenni possono guidare una motocicletta con cilindrata massima di 350 cc. Un limite forte che ha come contrappeso una cospicua agevolazione fiscale riguardo l’IVA che è molto più clemente (18%), rispetto ai modelli di cilindrata superiore (tassati al 38%) che si possono guidare una volta compiuti i 21 anni.