Sulla strada di ritorno da un viaggio inizio sempre a pensare al successivo. L’idea della Giordania è nata percorrendo l’infinita costa desertica della Mauritania, al termine di una lunga avventura africana.
Dopo molti mesi di viaggio in solitaria, desideravo organizzare qualcosa da poter condividere con la mia compagna Nadia, inoltre era giunto il momento di celebrare l’ultima delle Sette Meraviglie del Mondo Moderno che ancora mi mancava.
Un viaggio in Giordania, partendo dall’Italia, è piuttosto semplice da realizzare, sia in termini di pratiche burocratiche sia di tempo. Non servono visti presi in anticipo e, volendo (ma non lo consiglio e più avanti si capirà il motivo), si può anche evitare di stipulare il costoso Carnet de Passage en Douane per la moto.
Con Nadia ci mettiamo subito al lavoro, lei ha due settimane di ferie a disposizione e occorre calcolare bene i tempi: il programma è partire da solo dall’Italia in moto, scendere ad Ancona, traghettare in Grecia, raggiungere via terra il porto di Lavrio (poco distante da Atene) e navigare verso Israele, dove Nadia mi avrebbe raggiunto in aereo.
Prenotiamo voli, navi e il Jordan Pass, un documento on line che comprende il visto di ingresso nel Paese e l’accesso ai principali siti turistici a un prezzo estremamente conveniente. Tutto il resto (alberghi, ecc…) lo lasciamo al caso, improvvisando strada facendo, senza vincoli di itinerario e tappe prestabilite, come piace a noi.
Senza carnet la moto non passa
Dunque si parte. È una bella mattina di metà settembre, carico l’Africa Twin con tutto l’occorrente e, grazie al comodo trasferimento autostradale, raggiungo velocemente Ancona. Dal terminal partono 2/3 traghetti alla settimana diretti a Igoumenitsa, circa 12 ore di viaggio.
Mi imbarco alle 20 e il mattino successivo sto già godendomi la colazione in terra ellenica. Un rapido trasferimento lungo la costa, la visita di un paio di giorni ad Atene e poi, come programmato, percorro gli ultimi 50 km di strada europea fino al porto di Lavrio.
Il traghetto impiega tre giorni a raggiungere Haifa, in Israele. Purtroppo, da qualche anno, i passeggeri non possono più salire a bordo, quindi occorre prendere un volo di mezz'ora su Tel Aviv e da lì raggiungere Haifa per ritirare la moto. Le pratiche di sdoganamento si rivelano semplici e veloci.
Ripreso possesso dell’Africa Twin, torno all’aeroporto di Tel Aviv ad attendere l’arrivo di Nadia, quindi ci dirigiamo a nord per visitare Nazareth e il lago Tiberiade. Campeggiamo due notti all’interno di un’area adiacente la spiaggia del lago, all’ombra di una splendida spianata di alberi. Alle nostre spalle si innalzano le alture del Golan, da decenni contese militarmente tra Israele e Siria.
Torniamo quindi a sud costeggiando il lago, diretti al Jordan River Border, dove abbiamo pensato di “fare confine” ed entrare in territorio giordano. Pensiamo… Il primo intoppo l’abbiamo con i funzionari israeliani, all’ingresso dell’area di immigrazione. Notata la telecamera sul casco, un addetto mi chiede se sto filmando. Nego, ma il LED rosso acceso mi tradisce. Segue una chiamata radio e ci raggiungono tre persone della security. Mi chiedono di allontanarmi dalla moto ed iniziano a interrogarmi.
Nadia attende poco più avanti, allontanata a sua volta. La cosa si risolve con la cancellazione seduta stante del file incriminato e possiamo ripartire. Timbro sui passaporti, scanner alla moto e siamo sul lato giordano. E qui mi chiedono il Carnet de Passage che, come detto, non ho. Avevo letto di alcuni motociclisti passati poco tempo prima senza l’utilizzo di questo documento (ufficialmente obbligatorio).
Dopo cinque ore di discussione dobbiamo desistere e tornare indietro. Ancora immigrazione in Israele e scanner per la moto. Primo tentativo fallito, non rimane che tentare al confine di Eilat, 500 km più a sud. Attraversiamo il magnifico deserto del Negev, zona militarizzata, ma accessibile ai turisti. Non resistiamo e ci inoltriamo nei meandri di piste sterrate, tra le pittoresche e colorate montagne desertiche per un paio di giorni. Una cosa non prevista, ma questo è il bello di non avere programmi troppo rigorosi. Riusciamo anche a farci ospitare una notte in un kibbutz, vivendo dall’interno l’esperienza di vita quotidiana in queste particolari comunità israeliane.
A Eliat tentiamo di sconfinare in Giordania per la seconda volta. Passiamo il confine Israeliano con la telecamera, questa volta, riposta nel bauletto, ma veniamo di nuovo interrogati e scannerizzati. Tocca, poi, a quello giordano, siamo in apprensione, se non passiamo di qui, addio Giordania, in moto perlomeno. Incredibilmente i funzionari timbrano i passaporti e, con la sola presentazione del libretto della moto, ci rilasciano il permesso d’ingresso.