Se un giornalista fa un articolo per celebrare una moto che gli piace, fa una "marchetta"? Perché, se così fosse, sarei da radiare dall'albo. Ma io sono un sincero fan della Honda XL250 e di tutte le sorelline che le sono succedute, fino alle attuali CRF300. C'ho sempre avuto a che fare, volente o nolente, me le sono sempre trovate intorno, guidate da questo e da quello. Ho sempre pensato che fosse una moto da comprare, per un sacco di buoni motivi. Intanto va detto che la prima della serie, la XL250S, è comparsa alla fine degli anni Settanta, quando era considerato normale fare viaggi lunghissimi anche con moto da 250 cc. Era robusta, costava poco di benzina e manutenzione, andava dappertutto, dalla scrivania dell'ufficio a Capo Nord, passando per le dune del Sahara. Ora, di dual sport così versatili ne hanno fatte tante, soprattutto di 500/600 cc, più potenti e appariscenti, ma questa piccola Honda, evoluzione dopo evoluzione, è giunta fino ai nostri giorni: si chiama CRF300, è disponibile in due versioni (L e Rally) e mantiene gli stessi pregi, compreso quello della piccola cilindrata. Sì, sto parlando di pregio, anche se viviamo in un mondo velocissimo, dove anche io sono abituato a macinare km su grosse moto, che a 140 km/h ronfano sornione. Ma la quarto di litro ha i suoi perché e proverò a spiegarlo raccontando di tutte queste Hondine che hanno accompagnato la mia esistenza motociclistica, quasi sempre sotto il sedere di qualcun altro.