La KB1 viene costruita dal 1978 al 1982 in tre serie e raggiunge la ragguardevole cifra di 800 pezzi, considerando la dimensione artigianale dell’atelier di Tamburini e compagni. Di fatto queste KB1 sono dei veri kit che derivavano dalla cannibalizzazione delle normali Kawa Z1000 perché non esistevano accordi di fornitura di motori da parte dell’importatore Abbo di Genova o della Casa madre di Akashi. Di fatto, come raccontava Tamburini, i clienti portavano la loro Z1000 a Rimini dove venivano prelevati motore, impianto elettrico, strumentazione, blocchetti al manubrio e tanti altri particolari che servivano a completare la KB1. Le sospensioni potevano rimanere quelle di serie, ma spesso si usava una forcella Marzocchi, oppure una Ceriani come quella della moto che vedete nella foto di apertura del servizio. Le ruote sono costruite da Campagnolo in lega di magnesio. L’ammortizzatore era un Corte & Cosso costruito su licenza della francese De Carbon e poteva essere montato su due punti di attacco per modificare l’altezza del retrotreno. Per i freni si usavano i Serie Oro di Brembo con dischi da 280 mm per l’anteriore e 260 dietro. Tutte le modifiche e le variazioni di sovrastrutture e cicli stica portano a una sensibile riduzione di peso di oltre 40 kg rispetto alla Kawasaki di serie, ma il prezzo di acquisto di 7.500.000 lire su strada è più del doppio rispetto alla moto giapponese. Il prezzo del kit base, quello che mantiene forcella e freni originali Kawasaki costa 3.192.000 lire, il kit A che offre forcella Ceriani e freni Brembo ci vogliono 456.000 lire in più. Nel 1980 la KB1 riceve nuove grafiche, un serbatoio dalla linea meno articolata, un codone meno invadente, e la possibilità di avere una sella biposto. Il telaio non viene modificato, ma riceve delle asole in zona cannotto di sterzo per facilitare le manovre da fermo, oltre a un bloccasterzo a chiave. Questa è la versione di maggior successo con circa 600 moto realizzate. La terza serie, prodotta in 180 pezzi nel biennio 1981-1982, rivoluziona la carenatura che diventa divisibile, scompaiono le prese d’aria di raffreddamento del motore, la zona anteriore ai lati del faro si allarga per togliere la pressione aerodinamica da mani e braccia e il codone ritorna monoposto e pure di maggiori dimensioni. I cerchi sono sempre Campagnolo, ma le razze hanno forma diritta, non più a stella, e scompare la scritta Kawasaki sul serbatoio.