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Honda XLV750 R: sbagliando s'impara

Nel 1983 la Casa dell’Ala dorata allarga la gamma delle enduro proponendo una nuova maxi bicilindrica, con punterie idrauliche e trasmissione finale ad albero. L’obiettivo è chiaro: dar fastidio alla boxer BMW R 80 G/S. Ma la scarsa versatilità pregiudica il successo commerciale di questa moto, che tuttavia sarà utile come esperienza i progetti di due pietre miliari dell’azienda: la Transalp e l’Africa Twin

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Il parafango anteriore si allunga poco dietro la ruota per far arrivare più aria al motore

Negli Anni 80 esplode il fenomeno delle moto da enduro, le monocilindriche la fanno da padrone ma pian piano iniziano a spuntare qua e là le prime maxi ispirate a quelle che corrono sulle piste desertiche della Parigi-Dakar.

In questo segmento la BMW domina il mercato con la R 80 G/S, forte delle sue forme compatte, la trasmissione a cardano e il motore bicilindrico boxer. L’offensiva allo strapotere della tedesca la lancia la Honda che nel 1982, al Salone di Parigi, svela l’inedita XLV750R, una endurona muscolosa, alta, con il telaio a doppia culla chiusa in tubi d’acciaio a sezione quadrata che funge anche da serbatoio dell’olio e la trasmissione finale ad albero cardanico abbinata al compatto propulsore a due cilindri a V da 45° raffreddato ad aria, 750 cc, con punterie idrauliche e distribuzione monoalbero in testa a 3 valvole. La XLV ha tutte le carte in regola per piacere: esclusività tecniche, estetica originale e grafiche accattivanti che richiamano le moto ufficiali HRC impegnate nei Rally africani. Non a caso Honda la presenta a Parigi: nel 1982 Honda France vince la Dakar con Cyril Neveu.

I primi 500 esemplari sono tutti numerati e con livrea HRC, ma nonostante tutte queste belle premesse, dopo meno di quattro anni sul mercato e circa 10.000 esemplari venduti - in Europeo, Australia e Giappone - l’avventura della XLV750R termina senza rimpianti. Le ragioni del suo flop sono molteplici. I tecnici giapponesi peccano di presunzione in primo luogo facendo a meno del raffreddamento a liquido su di un motore a V di tale cubatura; poi pensando che con una moto di oltre 200 kg, con il baricentro alto e un serbatoio da quasi 20 litri fra le gambe, si possa fare del fuoristrada un pochino più impegnativo di uno sterrato pianeggiante e con fondo compatto.

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Potente, muscolosa e stabile, la Honda XLV750 R si muove meglio su strada che su sterrato, dove il baricentro alto e il cardano non aiutano.

Sotto il serbatoio si nota uno dei due convogliatori sviluppati per portare aria fresca verso il cilindro posteriore, nascosto dal primo

Nella prima presa di contatto alla presentazione ufficiale tenutasi a Ibiza, il tester di allora scrive di una buona ergonomia di seduta, un serbatoio largo ma non fastidioso, oltre all’apprezzata presenza dell’avviamento elettrico. Il motore convince per prestazioni: tira forte, allunga parecchio e non vibra. Le doti dinamiche ne tradiscono l’aspetto enduristico: nei tratti misto veloce su asfalto e in autostrada la XLV750R dà il meglio di sé, tanto da essere paragonabile a una granturismo per stabilità, feeling in piega e agilità. L’ampia capacità del serbatoio, poi, garantisce una buona autonomia (nonostante i consumi non siano proprio contenuti per via del peso) mentre in chiave turistica spazio e comfort per il passeggero scarseggiano (sella dura, pedane alte e scarichi piuttosto vicini alle gambe) così come la possibilità di caricare bagagli. Se poi prendiamo in considerazione l’uso in città, si nota come il baricentro alto e la mole ne riducano la maneggevolezza nelle manovre, mentre il solo raffreddamento ad aria non basta a dissipare il notevole calore prodotto dal motore, tanto da rendere impegnativo tenere i piedi sulle pedane quando si è fermi al semaforo.
Tutt’altro discorso invece se si parla di sterrato: su quelli facili se la cava ma quando il percorso si fa soltanto un pochino più impegnativo, la XLV750R denuncia limiti dettati dal peso non proprio contenuto, il baricentro alto e lo sterzo un po’ pesante. Insomma, un modo gentile per dire che la maxi enduro Honda non convince una volta abbandonato l’asfalto. E venendo - quasi - a mancare la possibilità di fare dello sterrato, la moto risulta priva di quell’appeal che sta facendo la fortuna delle enduro monocilindriche dei primi anni Ottanta.

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Il disco singolo del freno anteriore ha un diametro
da 276 mm

Oltre alla poca versatilità, i primi modelli del 1983 pagano anche qualche difetto di gioventù, come i problemi di raffreddamento del cilindro posteriore e il malfunzionamento dell’impianto di lubrificazione causato dalla pompa dell’olio sottodimensionata. Per risolvere il problema alla lubrificazione, le consegne della nuova XLV in Europa (dove viene commercializzata con la sigla RD01) vengono ritardate con l’arrivo in concessionaria quasi un anno dopo la presentazione senza destare grande interesse.

La situazione non migliora nemmeno nel 1984 quando la XLV750R continua a essere proposta nella livrea HRC blu/bianco/rosso. Rispetto alla moto vista a Parigi nel 1982, la sola differenza estetica sta nella diversa flangiatura del freno a disco anteriore e nel monoammortizzatore posteriore, ora regolabile.
Nel febbraio 1985 viene messa in vendita una seconda versione denominata RF, che porta con sé piccoli aggiornamenti a livello di alimentazione e due nuove colorazioni meno vistose della grafica HRC, entrambe con motore nero e con serbatoio e fianchetti rosso/nero, oppure blu/nero, entrambi metallizzati. A queste due, su alcuni mercati viene affiancata anche una terza colorazione nero/argento, ma nonostante il restyling la maxi enduro Honda continua a non piacere e le sue vendite (in totale meno di 10.000 gli esemplari costruiti) non scalfiscono minimamente il successo della BMW R80 G/S. Così, alla fine del 1986, la XLV750R esce di scena senza aver lasciato il segno.
Ma non tutto il male vien per nuocere, visto che l’anno successivo Honda tira fuori dal cilindro una delle sue moto più apprezzate e longeve, che riprende proprio il principio base della XLV750R (quello della enduro più da asfalto che da sterrato), perfezionandolo nella tecnica e nell’aspetto più pratico: nel 1987 nasce la XL600V Transalp.

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L’angolo del due cilindri è da 45°; in mezzo si trova la coppia di carburatori Keihin a depressione con diffusori da 33 mm. L’accensione è a doppia candela per migliorare la combustione. Il cambio è a 5 rapporti

Dati tecnici

MOTORE 4T, bicilindrico a V di 45° longitudinale raffreddato ad aria. Alesaggio per corsa 79,5x75,5 mm, cilindrata 749,55 cc. Distribuzione monoalbero a camme in testa, tre valvole per cilindro. Rapporto di compressione: 8,4:1. Lubrificazione a carter secco. Potenza max 61 CV (44,85 kW) a 7.000 giri e coppia 7 kgm (68,67 Nm) a 5.500 giri; velocità max 175 km/h.
ACCENSIONE elettronica CDI, senza regolazioni. Anticipo minimo 3° prima del PMS al regime minimo. Anticipo max 27° prima del PMS a 4.000 giri. Candele NGK DPR8 EA-9 o NippoDenso X24EPR-U9. Avviamento elettrico. Alternatore trifase Nippodenso 252 W a 5.000 giri, batteria 12V-14Ah.
ALIMENTAZIONE due carburatori Keihin VD8 DA a depressione. Apertura valvola a farfalla da 36 mm. Diametro diffusore 33 mm. Capacità serbatoio carburante 19 litri (riserva 5 litri).
TRASMISSIONE primaria ad ingranaggi, riduzione 1,736 (66/38); secondaria ad albero cardanico con tre riduzioni 3,444 (31/33, 19/16, 34/11). 120 cc di olio per ingranaggi SAE 90 da sostituire ogni 30.000 km.
FRIZIONE E CAMBIO multidisco in bagno d’olio. Cinque rapporti con innesti frontali e ingranaggi sempre in presa. Valori rapporti: 2,500 (40/16) in prima; 1,750 (35/20) in seconda; 1,291 (31/24) in terza; 1,000 (28/28) in quarta; 0,833 (25/30) in quinta.
TELAIO doppia culla continua scomponibile con tubi d’acciaio a sezione quadrangolare. Inclinazione cannotto di sterzo 27°, avancorsa 100 mm.
SOSPENSIONI anteriore forcella con steli da 43 mm a funzionamento misto aria/olio, escursione 200 mm; posteriore forcellone oscillante con monoammortizzatore completamente regolabile a funzionamento misto ad aria/olio, leveraggi progressivi secondo lo schema Pro-Link, escursione 180 mm.
FRENI anteriore a disco singolo in acciaio da 276 mm con pinza a doppio pistoncino; posteriore a tamburo a camma semplice da 140 mm.
RUOTE cerchi DID in lega leggera. Anteriore da 21” e posteriore da 17”. Pneumatici, anteriore 90/90, posteriore 130/80.
DIMENSIONI (IN MM) E PESO lunghezza 2.240, interasse 1.480, larghezza 890, altezza 1230, altezza sella 885, luce a terra 240. Peso: a secco 194 kg; 212 kg o.d.m.

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