Il concetto di sportività delle due protagoniste occorre sia contestualizzato. Non serve un esperto di motociclismo per intuire se sia più grintosa una
Moto Guzzi V9 Bobber Sport o una
Aprilia Tuono V4, né si può dubitare se sia più efficace una
Harley-Davidson Sportster Iron 1200 o una
KTM 790 Duke. Se però ci si limita a guardare tra le moto di impostazione classica il discorso cambia e le promesse suggerite dai loro nomi assumono una valenza diversa. Si può quindi spostare l’attenzione sul confronto tra le due, che in comune hanno davvero moltissimo a partire da un Marchio, sul serbatoio, denso di fascino e storia. Hanno un sound riconoscibile tra mille, prestazioni quasi identiche, prezzi paragonabili. Sono monoposto. E il loro aspetto invita, senza mezzi termini, a saltare in sella per una bella smanettata.
In verità, ciò che lega indissolubilmente queste due moto e le differenzia a profondità molecolare dal resto della produzione mondiale, è il loro motore: la prova tangibile che meccanica e magia possono coesistere. Sulla carta i due bicilindrici a V - longitudinale uno, trasversale l’altro - sono quanto di più lontano possa esistere dal concetto di emozione. Hanno regimi di rotazione massima da utilitaria, numeri mediocri. Ma metteteli in moto e capirete perché, come gli squali e i coccodrilli, abitano la Terra da milioni di anni indifferenti all’evoluzione. Sono nati perfetti. Fondamentalmente hanno un funzionamento opposto a quello di ogni altro propulsore motociclistico. Non vuol dire che sotto le alettature le classiche fasi di aspirazione, compressione, scoppio e scarico sono rimescolate, ma che il godimento legato al loro utilizzo è inversamente proporzionale al regime. Meno si tirano le marce, insomma, più si gode.