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200 miglia di Daytona 1973: la vittoria di Saarinen

Quando la dimensione non è tutto e conta di più l'affidabilità meccanica, la giostrabilità e l'abilità del pilota nel saper sfruttare fino in fondo l'attrezzo. Ce lo insegna Saarinen nel lontano 1973 alla 200 miglia di Daytona

Jarno Saarinen passa vittorioso sotto la bandiera a scacchi della 200 Miglia. Il 20 maggio di quello stesso anno, il pilota finlandese e Renzo Pasolini moriranno al Curvone di Monza, nella gara 250 del Nazioni

Avreste mai detto che una 350 potesse battere una 750? E per di più su un tracciato ultraveloce come quello dell'anello del Daytona International Speedway? No! Risposta corale e senza esitazione.

Invece è successo: l'11 marzo del 1973 Jarno Saarinen s'impone nella classicissima 200 Miglia americana, e lo fa a bordo di una minuta TZ Yamaha, una bicilindrica due tempi raffreddata a liquido che ha una potenza di 71 CV e pesa 110 kg.

Un'impresa che si replica un mese dopo nella 200 Miglia Shell di Imola, dove Saarinen trionfa in entrambe le manche, sempre in sella alla Yamaha 350, portandosi a casa un premio di otto milioni e mezzo di lire, lo stesso che ha riscosso negli USA.

Sul podio, anzi nel winner's circle di Daytona, è accompagnato da Kel Carruthers, che ha il doppio ruolo di pilota e responsabile corse per Yamaha USA , e da Jim Evans. I primi due sono in sella alle Yamaha ufficiali mentre il terzo ha una privatissima, ma efficace TZ, sempre di 350 cc.

La bicilindrica giapponese riempie più della metà della griglia dei partecipanti di questa classicissima della velocità del campionato AMA americano. Le regole della gara impongono la partecipazione a "mezzi derivati dalla serie", ma questa "serie" è costituita da un minimo di soli 200 pezzi e quindi una macchina puramente da Gran Premio come la TZ, così richiesta in tutto il mondo, trova spazio anche qui.

Le rivali delle moto di Jarno e compagni sono le 750 Kawasaki tre cilindri, le H2R raffreddate ad aria che derivano dalla H2 Mach IV, le Suzuki TR 750, anch'esse tre cilindri ma raffreddate a liquido, modificate per le corse partendo dalla turistica GT 750, le Harley-Davidson XR-TT 750 con il telaio e il motore della versione da flat-track, di cui una affidata a Renzo Pasolini. Si aggiungono alla lista delle partecipanti delle BMW e le BSA-Triumph 750 che solo un paio di anni prima arrivavano vittoriose sulla linea di traguardo del bank sopraelevato.

Tra i problemi delle 750 cc ci sono la resistenza degli pneumatici messi a dura prova dalla potenza dei motori e dalle sollecitazioni delle sopraelevate; il maggior numero di rifornimenti contro la singola fermata delle Yamaha 350; le accensioni elettroniche che surriscaldano nelle soste dei rifornimenti (a motore acceso). Altro fattore negativo delle big bike è la catena di trasmissione, che si trancia facilmente dando luogo a numerosi ritiri.

Le rotture, in prova e in gara, sono molte e una penna unica come quella di Roberto Patrignani, nel suo reportage a commento della gara, chiosa così sul numero di maggio di Motociclismo: "La strapotenza di molte macchine in gara sottopone la catena a dei tremendi strappi, tanto che qualche pilota se l'è sentita piombare sulla schiena come una tremenda scudisciata. Curioso comunque osservare le diverse teorie in fatto di tensione e manutenzione delle catene: tese come corde di violino in previsione dell'allungamento in gara, oppure allentate e spioventi come sciatte sottovesti, come ad esempio quelle montate sulle Harley-Davidson".

Che altro dire.

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