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Quando cercai di sbugiardare la F4 R312

Nasce da una provocazione del Presidente Claudio Castiglioni la caccia al record di velocità in sella a una MV Agusta che, nel nome, portava la promessa di 312 km/h. Ecco come andò a Nardò in quel lontano 2007

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Conosco poche persone con la passione per la velocità e il gusto della provocazione che aveva il Presidente Claudio Castiglioni. Nel 2006, durante l’evento di Motociclismo “La Moto dell’anno”, mi bussa sulle spalle mentre io, ricurvo in avanti, afferro le manopole della “sua” MV Agusta F4 Tamburini fresca fresca di premiazione: “Mi hanno detto che sei un giornalista molto veloce. Di certo non abbastanza per le mie moto”. Di lì a un anno irrompe nei concessionari una MV Agusta, la F4 R312, che porta nel nome l’esorbitante promessa di 312 km/h. Sappiamo bene quanto incida sul dato dichiarato la logica del marketing. Se poi quel dato è magistralmente orchestrato dal più geniale e irriverente dei comunicatori, occorre un test verità per spazzare via i dubbi (tantissimi, nel mio caso).

MI CI GIOCO UNA PIZZA

Alla prima verifica arriva, inoppugnabile, il verdetto del Centro Prove, che registra una potenza alla ruota tutto sommato solo discreta. A quel punto nulla, né l’aerodinamica migliore al mondo, né la rapportatura finale più azzeccata di sempre, mi toglie dalla testa che i 312 km/h dichiarati siano gonfi di boria. Salto le vie formali e telefono a un amico, il capo collaudatore di MV Fabrizio Latini:“Fabri, prima di farmi perdere tempo e denaro per una prova dedicata… dimmelo pure che i 312 km/h sono una sparata del tuo Presidente”–“Fede, lo sai che non te lo direi mai, ma guarda che ci sono tutti, li ho fatti io personalmente a Nardò. Non uno di meno”. Sembra proprio tranquillo. Il tempo delle ipotesi è scaduto. Raccolgo la sfida. La pista sarà l’anello di Nardò e la gomma avrà una specifica per le altissime velocità. La tuta superprofilata userà la gobba e non le saponette, gli stivaletti saranno interni e il casco monterà un piccolo alettone. Nonostante il circuito, le gomme e l’abbigliamento più indicati che ci siano, mi ci gioco una pizza che con 158 CV alla ruota non si superano i 300 km/h manco in discesa.

IN TESTACODA VERSO I 300 KM/H

In Puglia ci accoglie una giornata spettacolare, col cielo terso e un’assenza quasi totale di vento. Nel box di Nardò provo quasi tenerezza per Fabrizio Latini che si prodiga, poverino, in una sfilza di consigli lunga così: Fede cala dalla quarta alla seconda corsia oppure ricalca fedelmente la linea bianca della terza per raggranellare gli ultimi 100 giri. Fede spiattella il casco sul serbatoio e guarda avanti attraverso la piccola fessura che c’è tra la piastra di sterzo e la carenatura per ridurre ai minimi termini la resistenza. Fede metti il corpo in obliquo in modo che le spalle siano perfettamente protette dal cupolino, ma ricordati di stare saldo in sella perché le raffiche di vento a quella velocità potrebbero spostarti anche di dieci metri. Sì, grazie, ok. L’unica cautela che dimentica di suggerirmi è che le gomme marmoree montate sulla F4 richiedono un lungo e per me inusuale periodo di riscaldamento. Infatti inserisco la prima, sfioro il gas e in un rocambolesco testacoda a passo d’uomo mi riposiziono come per rientrare ai box. Ma mi vuole morto?!

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IL SIGNORE DELL’ANELLO

La F4 R312 per fortuna è rimasta in piedi, piuttosto è il mio piede a preoccuparmi. Qualche mezza maratona è il massimo dello stress a cui l’ho sottoposto, ma mica è abituato a sorreggere due quintali di metallo che stanno per capitolare insieme con tutto il servizio. Nardò è davvero un anello magico che bisogna affrontare con le dovute precauzioni, altro che pista più facile del pianeta. Chi come me ci si presenta per la prima volta un po’ la sminuisce perché un cerchio dal diametro chilometrico assume otticamente lo svolgimento di un rettilineo. Che però riacciuffa la sua coda perché invece è una curva infinita. L’ideale per spremere il massimo. Decido di lanciarmi a caccia del record chiedendo un affiancamento tecnico-psicologico al Signore dell’Anello. Salvo Pennisi è qualcosa di più che il guru della Pirelli a cui ascrivere i più importanti tra i record velocistici di Nardò. Salvo è un siciliano verace. Parte con “nentisaccio” a proposito di questa pista “addiritta”. Nemmeno che da queste parti qualche biella fuori dal carter e qualche cambio bloccato sono statifatali per moltissimi collaudatori. In compenso è davvero ospitale: mi accoglie nel “suo” box con gli onori di un pilota ufficiale e mi fa banchettare come il parente che arriva dal nord, dove si sopravvive con piattini ipocalorici che mettono tristezza. “Fede, cianquillo, andrà tutto bene!” Effettivamente averlo al mio fianco in sella a una Kawasaki ZZR1400 opportunamente “pistolata” mi fa sentire più tranquillo, a 300 km/h. Come se il mio angelo custode potesse davvero soccorrermi nel caso di un grave inconveniente meccanico o, peggio ancora, una improvvisa raffica laterale di Scirocco.

VELOCITÀ ESOTERICHE

305… 308… 310… 311,4 km/h effettivi registrati dal V-Box corrispondono a un esoterico 325 km/h impresso sul tachimetro della mia F4. La notizia stupefacente va data così, lapidaria. E di fronte a un tale risultato della tecnologia italiana e a un record personale su una moto di serie (con una moto da corsa ho superato i 320 km/h: era la Honda MotoGP di Pedrosa a Catalunya), perdo volentieri la scommessa, soprattutto con un amico come Fabrizio Latini. La lezione corrobora: i risultati delle prove non sono mai scontati, anche il tester più esperto è sempre uno studente, non può assolutamente montare in cattedra. Nel caso specifico della F4 - ma qui si parla di eccezioni - conta anche l’apporto di Claudio Castiglioni, uno che alle moto sapeva infondere una personalitàche da sola valeva cento CV.

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