È difficile la Ducati SuperSport sia la prima opzione che viene in mente a chi sogna una moto sportiva da usare su strada e in pista. In cima alla lista, più facilmente, ci sono le supersportive. Per esempio la splendida Panigale V2 col suo motore bicilindrico, quelle forme da amore a prima vista e la potenza elevata senza essere folle. Nondimeno, è probabile che nelle lunghe e articolate riflessioni che precedono La Scelta, subito dopo le moto racing entrino in campo le naked. Alternative ben più comode, in effetti, eppure affascinanti e velocissime su ogni tipo di percorso - anche quelli delimitati da cordoli. Pensiamo, in questo esatto momento, alle varie Triumph Street Triple, Aprilia Tuono V4, Ducati Streetfighter; e via dicendo. In un tale impegnativo elucubrare, la protagonista del test è una presenza marginale e fugace che fatica a catturare l’attenzione. Un po’, per via dei suoi numeri. L’idea di sportività è legata a doppio filo a certe voci della scheda tecnica e lei, coi suoi 110 CV e 210 kg in ordine di marcia, appare poco in forma persino rispetto a un’ottima naked media come la Street Triple RS (124 CV all’albero e 177 kg a vuoto rilevati: Motociclismo 11/2020). Un po’, perché è l’incarnazione di ragionevolezza (c’è tutta la potenza che serve, parbleu!) e compromesso (semimanubri rialzati per polsi felici): concetti che cozzano assai col lato bambinesco, emotivo e primitivo che guida le nostre scelte in tema di moto sportive. Inutile nasconderlo: mentre raccontiamo in modo persino convincente di non capire il senso di prestazioni esagerate, in realtà sogniamo carene in carbonio, 250 CV a 17.000 giri/min, un “Akra” senza dB-killer che sputa fiamme e uscite di curva in quarta su una ruota. Ah ah ah! Ma eccoci al punto: anche al netto di tutto ciò, trascurarla sarebbe un errore. Per cominciare, dal vivo è proprio bella. Non è una di quelle moto sfuggenti, che si mimetizzano col paesaggio. Ha quel qualcosa - quel qualcosa di raro - che suscita interesse, ammirazione. Sarà forse il modo in cui la luce si riflette sulle carene, mettendo in evidenza forme e dettagli che in foto non si notano. Sarà il family feeling con la splendida Panigale. Saranno, ancora, le sospensioni Öhlins, il traliccio di tubi rossi o dettagli racing come le pompe radiali al manubrio, gli adesivi sui cerchi, le cuciture sulla sella, le pedane e i comandi a pedale di ottima fattura. Di qualunque cosa si tratti, il fatto è questo: dal primo momento in cui la vedi, il dubbio di averla sottovalutata inizia a farsi strada. Poi sali in sella (da 1,75 m in su si tocca bene), la accendi (il display non sarà il più ampio o quello con la definizione più alta sul mercato, ma il colpo d’occhio è notevole), metti la prima (la frizione richiede uno sforzo un po’ superiore alle aspettative, ma entro una soglia ragionevole), parti. E le cose non fanno che migliorare.