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Africa Twin di nome e di fatto

Ben tornata, moto totale. Nella prova della nuova Honda, in Sudafrica, ritroviamo la stessa anima della moto che divenne leggenda su strada e in fuoristrada

la leggenda è davvero tornata

Per la Honda CRF1000L Africa Twin il tempo delle parole è finito! Dopo le anticipazioni, le anteprime e le presentazioni statiche ai saloni, è finalmente arrivato il momento tanto atteso: cerchiamo di capire la nuova endurona, di conoscerla a fondo nell’unico modo in cui si può conoscere una moto: guidandola.
Il press test è organizzato dalla Honda in Sudafrica, nei dintorni di Cape Town, dove i giornalisti possono provare la nuova maxienduro di Tokyo su strada e in offroad. Per noi c’è Federico Aliverti, ecco le sue prime impressioni di guida (ma il super test con approfondimenti lo trovate solo su Motociclismo di gennaio!). Cliccate qui per conoscere i prezzi della gamma Africa Twin.

Sono contento che la Honda abbia smesso di fare l'Africa Twin nel 2003. Lo dico solo ora - dopo anni di vibranti proteste - perché ho capito con dodici anni di ritardo che oggi in Sudafrica avrei incontrato una "muccona". Intendo dire una finta-enduro (le cosiddette maxienduro) da 250 kg e 150 CV. 
Invece ho trovato l'estate e il profumo d'Africa in sella a una moto totale proiettata nel futuro ma concettualmente ancorata al passato. Al suo passato. 
Voglio dire che se si escludono l'elettronica, le migliorie della componentistica e le straordinarie novità tecniche, l'Africa Twin 2016 sarebbe potuta uscire anche nel 2004. Perché una moto così è senza tempo e senza confini. Lo capisco pure io - fuoristradista della domenica - appena fuori dall'hotel, imboccato un tratto di Route R43 asfaltato e dritto come un fuso.
Mi alzo in piedi sulle pedane , la loro gomma si comprime, i loro denti si conficcano nella mia suola. Non so ancora niente di lei, eppure con quel gesto per me così inconsueto capisco che la Leggenda è davvero tornata. Mi risiedo accarezzandole il serbatoio, e anche se il cuore è già in tumulto mi rimetto al lavoro cercando di usare la testa. Perché nonostante tutto è giusto che questa moto ve la racconti con l'equilibrio e la razionalità che richiede il mio lavoro. 
Proviamoci.

confort, ergonomia e oltre 360 km di autonomia a 130 km/h

La protezione aerodinamica è ottima, nonostante il plexiglas sia non regolabile e poco esteso di superficie (esiste comunque in optional quello maggiorato: 130 euro). Al comfort di guida contribuisce un tasso di vibrazioni quasi inesistente. Fanno eccezione solo le pedane oltre i 5.500 giri. Ma si parla di micro vibrazioni tutto sommato ininfluenti perché a 4.200 giri in sesta marcia l'Africa Twin va a 130 km/h facendomi viaggiare in autostrada come sul velluto. Sella perfettamente imbottita, comandi al manubrio molto intuitivi (TC su tutti), posizione di guida ergonomica come raramente mi capita di incontrare, e poco calore trasmesso alle gambe nonostante i 40 gradi di temperatura dell'aria. Per sentirmi perfettamente a mio agio vorrei solo - sulla versione senza DCT - la leva della frizione regolabile nella distanza e il cruscotto retroilluminato meglio per essere più leggibile soprattutto in controluce. Ma sono sicuro di non aver preso un abbaglio quando il display mi "promette" 19,3 km/l a 130 km/h (indicati), dettaglio non trascurabile dato che il serbatoio è sceso nella capacità dai 24 litri della "vecchia" ai 18,8 della nuova. Questo significa superare comodamente i 300 km di autonomia.

Su asfalto è uno spasso: superlativa!

Sul dritto le sospensioni pluriregolabili sia davanti sia dietro assorbono benissimo ogni asperità, complice la loro lunga escursione. Si avverte inevitabilmente qualche trasferimento di carico abbastanza marcato solo quando ci si attacca ai freni con decisione. In particolare la prima parte di corsa della forcella è molto sfrenata, e questo, oltre ai cerchi a raggi 21"-18" (ant-post), è già il primo indizio della vocazione touring e offroad della moto. Ma attenzione a non lasciarsi trarre in inganno: l'Africa Twin è una Honda, e non esiste Honda che su strada non sia stabile come una moto sportiva. Per esempio a 210 km/h in quinta marcia (la sesta è di riposo, e la moto si "siede" un po') si potrebbero tranquillamente staccare le mani dal manubrio nonostante l'assenza dell'ammortizzatore di sterzo.
La cosa più sorprendente è che tutto questo rigore direzionale non pregiudica la maneggevolezza e il piacere di guida nel misto. L'Africa Twin è veramente uno spasso: veloce nei cambi di direzione, sicura all'avantreno, forte di una trazione sempre impeccabile. Qui in Sudafrica la moto su asfalto si è rivelata addirittura superlativa perché abbiamo affrontato strade spesso sporche o sconnesse, dove la vocazione al fuoristrada facilita a recuperare eventuali perdite di aderenza. Tutto questo ovviamente col provvidenziale contributo dell'elettronica: l'ABS è tra i migliori che abbia mai provato finora; porta le ruote al bloccaggio per un istante e poi "molla" subito dopo senza mai restituire impulsi fastidiosi alle leve, soprattutto quella a pedale. Il controllo di trazione, regolabile su tre livelli, è invece più articolato: a 3 è molto invasivo, e speso toglie potenza anche nelle accelerazioni a moto perfettamente dritta; a 2 è un buon compromesso per fare turismo; a 1 è una libidine per chi ama smanettare in sicurezza. Io per esempio. C'è poi la possibilità di disinserirlo completamente, ma mi domando a cosa serva su asfalto. 

il dct ti fa venir voglia di guardare al futuro

Mi sono fatto tante domande anche sul DCT, avendo provato l'Africa Twin sia con sia senza. La risposta è che per rimanere fedeli al concetto di moto semplice, leggera, evocativa e indistruttibile (a proposito: bellissima la scelta di telaio e telaietti in acciaio riparabili anche… in Angola) il cambio a doppia frizione non mi sembra un'opzione indispensabile. Va detto però che nella nuova configurazione con tre regolazioni "Sport" anziché una soltanto, e con la possibilità che ha il cambio di "leggere" l'inclinazione della moto sia in salita sia in discesa, beh ecco ... Una volta che ci prendi la mano, più che al passato ti vien voglia di guardare al futuro. E questo capita anche in fuoristrada. Lo dico a ragion veduta visto che oggi abbiamo percorso una quarantina di chilometri di strade bianche equamente divisi tra moto con e senza DCT (e comunque per l'Italia è prevista una versione basica, senza alcun tipo di aiuto elettronico).

la regina del fuoristrada

Ma visto che abbiamo appena abbandonato l'asfalto... non mi soffermerei più di tanto sul cambio: come va l'Africona in mezzo alla sabbia e alla polvere? Va come una KTM, con la differenza, per me che non sono un dakariano, che è molto più facile. Con questo peso e questa potenza da gestire, in piedi sulle pedane mi sento inarrestabile, addirittura spigliato nella guida direi. Il merito è anche del motore, che col suo manovellismo a 270 gradi e la distribuzione Unicam, sembra fatto apposta per arare la terra (buono il supporto delle Dunlop Trailmax D610 di primo equipaggiamento).

motore (troppo) perfetto

Già, il motore. L'ho tenuto in fondo perché merita un discorso particolare. 
Faccio una premessa: la moto più bella che ho guidato nel 2015 ha 95 CV, proprio come la Honda, quindi non mi considero uno di quelli prevenuti rispetto alle moto che non sono muscolose. Tuttavia devo ammettere che i bicilindrici paralleli frontemarcia non sono tra i miei motori preferiti.
Ecco, alla luce di questo posso dire che il motore dell'Africa per me è promosso con riserva. Fa esattamente tutto quello che deve fare un bicilindrico su una moto di questo tipo. Ha tanta schiena ai medi, è fluidissimo in basso (si riprende in sesta marcia senza strappi a 40 km/h sotto i 1.500 giri) e spinge forte in alto (taglia poco prima dei 9.000 giri e lancia la moto fino a quasi 220 km/h indicati). Insomma è la solita opera d'arte di mamma Honda, opera con cui è stato possibile accentrare le masse e abbassare il baricentro. Però devo dire che non mi è dritto arrivato al cuore come invece ha fatto ogni altro singolo particolare della moto.
1/49 Presentazione della Honda CRF1000L Africa Twin 2015 in Sudafrica. Siamo a un paio d'ore da Cape Town con Federico Aliverti per il press test

Il ritorno della “vera avventura”

In principio, a Eicma 2014, fu il prototipo True Adventure, poi si seppe che la versione di serie di questa nuova maxi orientata al fuoristrada si sarebbe chiamata Africa Twin (CRF1000L AfricaTwin, per la precisione) e arrivarono le prime foto ufficiali e quelle rubate durante i collaudi. In una lunga serie di video, la Honda ci spiegò la filosofia che stava dietro al progetto, centellinando le informazioni sulla tecnica fino alla presentazione ufficiale (cliccate qui per tutti i nostri articoli). Il primo palcoscenico che ha visto la moto debuttare è stato il Tokyo Motor Show 2015, ma la vera presentazione per il grande pubblico è avvenuta in Italia, in occasione del 73° Salone di Milano. Ovviamente la nuova “Africona”, di cui ovviamente nel frattempo sono state diramate tutte le info ufficiali, foto, video e prezzi indicativi, è stata una delle regine della manifestazione, soprattutto è stata la moto che i partecipanti al nostro sondaggio hanno votato come la più papabile per l’acquisto tra le novità viste a Eicma. Al Salone è arrivata anche una concept che prefigura una futura versione molto più fuoristradistica, una moto che i puristi a tutti i costi consideravano mancante nella gamma CFR1000L Africa Twin. Ricordiamo però che stiamo parlando di una moto nuovissima, che ancora non ha visto le vetrine delle concessionarie e deve ancora affrontare la sfida del mercato. Quindi cominciamo rallegrandoci per il fatto che una moto del genere… esista, anche se ovviamente una grande Casa non potrà mai soddisfare le esigenze e le aspettative di ogni singolo motociclista. 
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