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Design e ciclistica dell'Aprilia RS 660: “È figlia della RSV4”

“Aprilia sposa le soluzioni bidimensionali che si ispirano ai profili alari degli uccelli. La RS 660 la considero una rondine: gentile, ma dalle prestazioni formidabili”. Ce lo dice in un incontro a Noale Marco Lambri, responsabile del Centro Stile Gruppo Piaggio. Nell’intervista, tutti i passi estetici (e anche qualcosa in più) che hanno portato a definire una moto che si basa su semplicità costruttiva, leggerezza, compattezza. E che arriverà in estate

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Aprilia RS 660 2020

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Marco Lambri gongola. Nel quartier generale di Noale, ci accoglie col sorriso di chi è entusiasta del proprio lavoro nonostante “i piccoli compromessi a cui tutti i designer del mondo devono scendere”. Di chi sa che tutti i comparti di Aprilia, nessuno escluso, hanno realizzato la moto giusta per andare a presidiare un segmento di mercato strategico.

Quali sono state le linee guida estetiche della nuova RS 660?

“Stilisticamente, il progetto non ci ha creato grossi dubbi, doveva essere un’Aprilia. I principi da seguire ci erano ben chiari: RS 660 doveva essere figlia della RSV4, anche se non è stato semplice raggiungere un compromesso con le varie aree tecniche. Nel nostro caso abbiamo cercato semplicità e compattezza sia nella meccanica sia nello stile. Un design semplificato porta ad una conseguente riduzione di peso, numero di superfici e pezzi”.

È vero che il codino richiama la RSV4, ma davanti… c’è poco in comune.

“La RSV4 è invecchiata molto bene. Secondo noi la parte più attuale, contemporanea e moderna della RSV4, nonostante gli 11 anni di vita, è certamente il codino. Per questo motivo lo abbiamo ripreso sulla RS 660. Abbiamo deciso invece di osare di più con la parte anteriore della moto. Abbiamo mantenuto lo sguardo “a tre occhi”, caratteristico di Aprilia, e lo abbiamo mescolato ad una aerodinamica approfondita e raffinata. Abbiamo studiato una soluzione che coinvolgesse in contemporanea i tre fari, l’aerodinamica e la presa dinamica centrale. Abbiamo cercato anche di dare una riconoscibilità alla moto al buio, non solo tramite “i tre occhi”. I fari sono come “graffi luminosi”, che rendono distintiva la nostra moto anche in caso di scarsa luminosità. Le donano uno sguardo, un’anima unica”.

Il design è stato realizzato anche seguendo i riscontri in galleria del vento?

“È stato fatto uno studio particolarmente complesso per la carenatura. Essa infatti presenta una doppia parete, utile a smaltire in maniera più efficiente il calore proveniente dal motore (effetto di depressione). Abbiamo quindi condotto studi sia in galleria del vento che tramite CFD (“Computational Fluid Dynamics”). Abbiamo testato anche in aeroporto, dove è presente un grande rettilineo utile a lanciare la moto alla velocità massima”.

Quanto fa di velocità massima?

“Intorno ai 230 km/h, ma è ancora presto per avere un dato definitivo”.

Per quanto riguarda lo scarico, avete studiato diverse configurazioni?

“Inizialmente abbiamo valutato uno scarico lungo e passante lateralmente al forcellone per poi trovare la soluzione di scarico corto alloggiato sotto il motore. Questo ci ha permesso una semplificazione notevole a tutti i livelli”.

Qual è il rapporto tra ciclistica e design?

“L’obiettivo è stato quello di minimizzare le strutture. Tutto è ‘aggrappato’ al motore portante. Tutto “ruota” attorno ad esso. Il mono-ammortizzatore posizionato in obliquo ci ha creato non pochi problemi perché occupa molto spazio. È stato però valorizzato dal colore della molla. L’assenza di leveraggi è stata compensata da un fissaggio raffinato al forcellone tramite coperture, il che rende il tutto molto ‘tecnico’. La zona centrale della RS 660 risulta quindi vuota, a causa dell’assenza delle piastre telaio e delle due travi che sarebbero dovute arrivare fino al pivot”.

Il forcellone sembra davvero molto lungo…

“Vero! E il rischio era quello di creare delle sproporzioni su una moto così compatta. Sono stati dunque svolti numerosi studi su di esso, con l’obiettivo di integrarlo al meglio con scarico, motore e pedane sia dal punto di vista stilistico che ingegneristico. È un oggetto semplice, monoblocco, ma raffinato dal punto di vista estetico. Unendo la copertura parafango e para-catena siamo riusciti ad arricchirlo al meglio. Inoltre, i supporti pedane sono incernierati al fulcro perno forcellone e al motore, che ha funzione portante. Il supporto sella invece arriva dal mondo delle corse e in particolare dalla RS250. La moto, pur essendo una sportiva, a livello ergonomico riesce a garantire un discreto comfort grazie ad una scelta appropriata delle quote geometriche”.

Quanto ha inciso lo studio dell’ergonomia sull’estetica della moto?

“Abbiamo approfondito tantissimo l’ergonomia del pilota e la sua interazione col veicolo. Anche a costo di rivedere qualcosa a livello stilistico. Per quanto riguarda il triangolo sella-manubrio-pedane, volevamo ottenere un qualcosa di intermedio tra una Yamaha R6 ed una Kawasaki ninja 650. I manubri sono stati posizionati non troppo in basso per non affaticare eccessivamente i polsi ed il collo. La sella è 820 mm da terra, come la RSV4, ma ancora più stretta. Siamo partiti dal reggisella del V4 e lo abbiamo reso ancora meno largo. L’arco-cavallo, infatti, è più contenuto, e permette di poggiare comodamente i piedi a terra. Per studiare l’ergonomia, Aprilia lavora con 3 percentili: 5 percentile, 50 percentile ed il 95 percentile della popolazione europea. Cerchiamo di soddisfare altezze che vanno da 1,67 m ad 1,89 m in maniera discreta”.

Serbatoio carburante: quanto comanda l’estetica e quanto la capacità?

“Abbiamo fissato fin dall’inizio una capacità di 15 litri. Il profilo della sella e la geometria del serbatoio ci hanno costretto a lavorare molto in condivisione con i reparti tecnici. Anche grazie ad essi, non solo siamo riusciti ad aumentare la capacità, ma anche a migliorare l’ergonomia. Il profilo del serbatoio è tale da integrare i semi-manubri. Abbiamo anche dovuto risolvere problemi relativi alla posizione in carena: la forma del serbatoio accoglie nella maniera corretta la mentoniera del casco, garantendo comunque lo spazio necessario alla sottostante scatola filtro aria”.

Quando lei disegna una moto, tiene conto del pilota?

“Assolutamente sì. Ovviamente dal punto di vista ergonomico è fondamentale, ma anche per una questione stilistica. È importante che la moto viva con chi le sta sopra. Deve essere bella con e senza pilota. Fare delle moto belle senza pilota è sbagliato Nella nostra cultura è fondamentale coinvolgere il pilota nello stile, perché Aprilia storicamente fa moto sportive in cui il pilota è molto integrato nel veicolo. Per questo motivo è fondamentale studiare correttamente i rapporti. A volte sacrifichiamo il passeggero, poi dipende ovviamente dal genere di moto che vogliamo proporre. Nella versione biposto della RS 660, il passeggero non è sacrificato. È vero che il codino è piccolo ed in linea con quello della RSV4, però in questo caso abbiamo avuto un grosso vantaggio. Siccome lo scarico è posto sotto al motore, siamo stati in grado di ottimizzare la posizione delle pedane del passeggero. A parità di porzione sella e altezza sella, abbiamo potuto posizionare le pedane del passeggero con maggiore libertà”.

Colori?

“La gamma colori non è ancora deliberata. Siamo partiti dalla tradizione Aprilia. Quindi, abbiamo voluto mantenere grafiche piuttosto appariscenti, ma semplificandole. Siamo tornati a colori caratteristici della nostra tradizione. Per esempio, il blu violaceo, che avete visto ad Eicma, riprende i colori della storica RS 250. In questo caso però è metallizzato ed opaco, col risultato che la moto viene modernizzata molto. Il rosso fluo è sempre presente, ma questa volta è coordinato al viola e al grigio”.

Quale è la relazione tra Tuono ed RS dal punto di vista stilistico?

“Ovviamente mentre abbiamo disegnato la RS, abbiamo dovuto pensare alla Tuono, sia dal punto di vista di stile che dal punto di vista di ergonomia. I due progetti hanno viaggiato in parallelo. Se la RS ha una vocazione decisamente più sportiva, la Tuono fa un mestiere differente e più difficile: deve essere più confortevole, protettiva e comunicare una facilità d’uso maggiore. Abbiamo quindi pensato ad una moto aggressiva, coerente con la missione del progetto, ma che non spaventasse troppo. La Tuono 1100 è senza compromessi perché ha prestazioni che lo richiedono e inoltre ha una carenatura ridotta. La Tuono 660 invece deve divertire ed essere abbordabile. In questo caso non volevamo che diventasse la RS con carenatura ridotta. Doveva essere una sportiva stradale per divertirsi. Abbiamo alzato il manubrio e per questo motivo la testa del pilota è stata un po’ più difficile da posizionare”.

La Tuono cambia in qualcos’altro, oltre alla carenatura, rispetto alla RS?

“La geometria dell’avantreno, il manubrio, le pedane e tutto il body anteriore. Non è stato semplice trovare una posizione di sella e pedane che andasse bene a entrambe le moto. È stato un lavoro delicato, eseguito e verificato anche su strada. Sulla Aprilia RS 660 abbiamo ricercato una posizione che permettesse una guida sportiva, anche in pista, evitando lo sfregamento a terra dei plantari a massimo angolo di piega. Sulla Tuono, le gambe non devono essere troppo rannicchiate. Abbiamo cercato e trovato un buon compromesso”.

Spogliare la RS non sarà stato facile, immaginiamo, per il passaggio dei cavi.

“Quando è stato deciso il passaggio dei cavi e dei tubi della RS 660, abbiamo dovuto riflettere fin da principio se sulla nuda si sarebbero visti. Ci siamo interfacciati con i motoristi per decidere, ad esempio, la posizione della pompa dell’acqua per avere tubi brevi e non troppo esposti. Anche il layout del motore è stato studiato e definito tenendo a mente un suo utilizzo anche su una naked”.

Si dice che il design delle moto spesso si ispira al mondo animale. Che animale è la 660?

“Le moto, avendo i fari che rappresentano gli occhi, possono avere paragoni biomorfi. Probabilmente ogni Marchio si ispira a qualche animale presente in natura. Se Aprilia paragonasse se stessa al mondo animale, sarebbe certamente un volatile. Adottiamo infatti soluzioni bidimensionali che ricordano i profili alari degli uccelli. Il tema dell’ala è molto presente nel nostro schema stilistico. Assocerei le nostre moto alla rondine. Nonostante sia un uccello “gentile”, ha delle prestazioni incredibili, perché è velocissima e percorre distanze ampissime. Le moto Aprilia non vogliono essere, in nessun modo, anabolizzanti, pesanti e muscolari”.

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