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Tragedia di Genova, nel 1979 l'Ing. Morandi mise tutti in guardia

Ing. Riccardo Morandi, 1979: “Sarà necessario ricorrere a un trattamento per rimuovere la ruggine sui rinforzi esposti”. E ancora: “Il viadotto è sottoposto a un ambiente aggressivo, c’è un concreto allarme di corrosione”
1/21 Ponte Morandi: un'immagine del crollo avvenuto a Genova il 14 agosto 2018

"Rischio concreto di corrosione"

In uno studio effettuato nel 1979 (“Il comportamento a lungo termine dei viadotti esposti a traffico pesante situati in ambiente aggressivo: il viadotto sul Polcevera, a Genova”) dallo stesso Ing. Riccardo Morandi viene spiegato a parole chiare quanto il ponte crollato sia stato soggetto agli agenti atmosferici. A riportare le parole esatte del progettista è la redazione di “La Verità”. Nel crollo della struttura ha perso la vita anche l’ex campione di trial Giorgio Donaggio.

"Penso che prima o poi, forse già tra pochi anni, sarà necessario ricorrere a un trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi esposti, con iniezioni di resine epossidiche dove necessario, per poi coprire tutto con elastomeri ad altissima resistenza chimica. C’è un rischio concreto di corrosione. La struttura viene aggredita dai venti marini che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto. Si crea così un'atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua strada prima di raggiungere la struttura, si mescola con i fumi dei camini dell'acciaieria (si riferisce a un vecchio stabilimento Ilva) e si satura di vapori altamente nocivi. Le superfici esterne delle strutture, ma soprattutto quelle esposte verso il mare e quindi più direttamente attaccate dai fumi acidi dei camini, iniziano a mostrare fenomeni di aggressione di origine chimica. È in atto una perdita di resistenza superficiale del calcestruzzo”.

Infine, Morandi suggerisce l’impiego di elastomeri e resine per proteggere le parti soggette a corrosione.
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