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Royal Enfield Himalayan contro CFMOTO 450 MT, ovvero monocilindrico contro bicilindrico

Dopo Lancia e Alfa Romeo, Rossi e Marquez, Ténéré e Tuareg c'è un nuovo dualismo: a fare a botte sono due enduro, una indiana e l'altra cinese. Non è una comparativa, perché dobbiamo ancora guidarle. Ma è già guerra sui social: perché il monocilindrico sta così sulle palle?

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Eicma 2023. Una delle moto più attese, la Royal Enfield Himalayan.

Nella categoria delle adventure da mezzo litro di cilindrata, finora hanno spiccato tre moto: la Benelli TRK 502 per essere la più venduta, la Voge Valico DS525 per essere quella con il miglior rapporto dotazione/prezzo e la Kove 510X Adventure per le sue doti fuoristradistiche. Ma ad Eicma sono state presentate due rivali dirette della Kove, ovvero la CFMOTO 450 MT e la Royal Enfield Himalayan con il nuovo 450 cc raffreddato ad acqua. Entrambe hanno la 21” anteriore e sospensioni da 200 mm di corsa alla ruota. Inoltre costano praticamente lo stesso, poco più di seimila euro chiavi in mano. Non vediamo l’ora di provarle, magari una contro l’altra, con uno dei giri divertenti che ci piace fare in posti selvaggi e con la tenda.

Vieni, Himalayan. È in posti così che vorremmo portarti. Anche se dovremmo chiamarti Dolomiten.

Nel frattempo, sui social si parla molto di loro. Sulla CFMoto sembrano tutti d’accordo: in pratica l’unico messaggio è “Non vediamo l’ora che esca”. Perché è un prodotto ben definito: una vera adventure, che promette di fare cose egregie a buon mercato. Invece la Royal Enfield spacca le folle e attira/respinge svariate categorie di persone: quelli che vogliono una moderna adventure capace di spingersi dove le maxienduro annaspano, quelli che amano le moto semplici, quelli che le vogliono vintage, chi vuole spendere poco, chi è parecchio più basso di due metri… I messaggi, più o meno, sono “Quanto è bella, me la compro”; “Quanto è brutta”; “È molto meglio della vecchia”; “È molto peggio della vecchia”.

Eccola qua, la vecchia. Meno armonica, meno efficiente di motore e ciclistica, ma più personale ed affascinante.

L’argomento principale su cui si accaniscono i detrattori è il motore, per via di quell’unico cilindro, che viene visto come un grave difetto e un valido motivo per girarle alla larga. Alcuni parlano per esperienza: ciascuno ha i suoi gusti, per cui c’è chi ha provato tutti i tipi di motore in circolazione e, quindi, sa quale tipologia gli piaccia e quale no. Ma è impressionante vedere quanti motociclisti di poca esperienza bollino i “mono” senza neanche averne guidato uno in vita loro. La frase che mi colpisce è: “La Himalayan costa seimila euro: è assurdo, per quel prezzo prendo una bicilindrica come la Voge 525”. Come se l’unico vantaggio di un mono dovesse essere soltanto il costare meno. Eppure, a seconda dei punti di vista, la piccola indiana potrebbe venire preferita proprio perché ha un solo cilindro! Vediamo perché.

La Norton Manx era una monocilindrica che correva nel Mondiale 500, quindi si può considerare una sorta di antenata della Ducati Desmosedici di Pecco Bagnaia. Nel 1951, quando Geoffrey Duke vinse il titolo iridato, lo fece guidando proprio una Manx. Già che c'era, con la Manx vinse anche due Mondiali nella classe 350, nel 1951 e '52.

Il monocilindrico, che oggi impera tra le moto da fuoristrada spinto, è stato considerato, per anni, un motore “normale” anche per fare turismo ma, da una ventina di anni a questa parte, è caduto decisamente in disgrazia. I suoi difetti, considerati imperdonabili da molti, sono due: le vibrazioni e la scarsa potenza massima.

Nel primo caso è vero, un motore con un solo pistone e una sola biella produce tantissime vibrazioni, maggiori rispetto ai pluricilindrici. Ma si possono combattere con l’ausilio di contralberi e di silent-block tra motore e telaio. Guido e posseggo mono dagli anni Ottanta e non ho mai trovato che le vibrazioni fossero un problema, eccezion fatta per la KTM 640 Lc4, le Borile con motore GM e la Royal Enfield Bullet “originale”, non quella col motore attuale: su queste tre, in effetti, le sentivo decisamente. Però non siamo tutti uguali. C’è chi risulta particolarmente insofferente. Inoltre, con l’incedere del progresso, siamo tutti sempre più fighetti e poco tolleranti: tempo fa m’è capitato di guidare una Morini Tre e Mezzo degli anni Settanta, quindi bicilindrica a V e sono rimasto basito da quanto vibrasse, sicuramente più di una monocilindrica moderna. Negli anni 80/90 ne ho possedute due e non ricordavo tutti ‘sti tremori!

Se invece parliamo di scarsa potenza massima, sì, è vero. Quando un progettista studia un motore per un certo utilizzo, a parità di cilindrata, di tecnologia e soluzioni adottate ricaverà sempre più cavalli da un bicilindrico piuttosto che da un mono. E ancora più da un tricilindrico, da un quattro, ecc.

Il più spinto monocilindrico in circolazione, il Ducati Hypermotard Mono, eroga circa 78 CV di potenza massima a 9.750 giri/min. Una bicilindrica sportiva di pari cilindrata, come l'Aprilia RS660, arriva a 100 CV a 10.500 giri/min. La Honda CBR600RR a quattro cilindri passa i 120 CV a oltre 14.000 giri.

E poiché buona parte dei motociclisti giudica le moto soltanto dalla potenza massima, un mono parte già col piede sbagliato. Come se, nella vita reale, in strada e fuoristrada, le moto venissero usate costantemente al regime di potenza massima. In realtà, vengono usate molto di più ai bassi e medi regimi, dove non mancano le sorprese: tipo la BMW R 1250 GS che dichiara 35 CV in meno di potenza massima rispetto alla Ducati Multistrada V4, ma che è molto più potente tra gli zero e i settemila giri, praticamente per tutto l’arco di potenza realmente utilizzabile su strade aperte al traffico… Quindi è più importante studiare le curve di coppia e potenza, per capire come vada veramente una moto. Ebbene, anche facendo questo il monocilindrico ne esce con le ossa rotte. Rispetto al bicilindrico sopporta meno i bassi regimi e non è capace di girare in alto più di tanto. Diciamo che, mediamente, un mono turistico sui 500/600 cc (non sportivo come il Ducati di poco fa o come il KTM 690) inizia a funzionare a scalciate e strattoni al di sotto dei 3.500 giri/min, 3.000 nel migliore dei casi ed esprime la potenza massima intorno ai 6.500/7.000 giri/min. Un bicilindrico di pari cilindrata, destinato allo stesso uso, è più elastico, ovvero riuscirà a girare regolare anche a 2.000 giri e ad allungare fino ai 9.000/10.000. Tradotto con altre parole: un grosso mono vive in un range di 4.000 giri se gli va bene, un bicilindrico di 8.000. Sembra un confronto impietoso, vero?

Uno studio illuminante è quello che si può fare tra le due ultime versioni della Yamaha Ténéré, perché è uno dei rari casi in cui una moto evolve mantenendo la cilindrata simile e lo stesso tipo di utilizzo, ma passando dal mono al bicilindrico.

La Yamaha Ténéré 660 aveva un range utile di 3.000 giri, tra i 3.500 e i 6.500. 

La moto che ha preso il suo posto, la Ténéré 700, "vive" tra i 2.000 e i 10.000.

È ovvio che, a parità di cilindrata, un motore che arriva a 10.000 giri ha più cavalli di uno che si “ferma” 3.500 giri prima. Infatti per la 660 venivano dichiarati 48 CV, per la 700 ben 73. In più quest’ultima è capace di riprendere da 2.000 giri con la marcia più lunga, quando la vecchia mono ce la faceva soltanto a 3.500. Questo vuol dire dover scalare le marce prima, quando il traffico o le curve fanno perdere velocità.

Viste le cose in questo modo, verrebbe da pensare che la vecchia 660 sia un cesso, a confronto con l’attuale bicilindrica. Ma allora perché diverse persone la rimpiangono? Io stesso, tra la Himalayan e la 450MT, mi sento più attratto dalla prima, proprio perché ha un solo cilindro. Anche se dichiara 40 CV a 8.000 giri, contro i 48 a 10.000 dell’altra. Dato incerto, raccolto ad Eicma, visto che il sito di CFMoto non pubblica schede tecniche, per ora (poi, chiaramente, sarà il nostro banco a chiarirci le idee, essendo un’unità di misura identica per entrambe).

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Il monocilindrico della Himalayan non c'entra niente col precedente, che era raffreddato ad aria, era più verticale, aveva un carter enorme e dichiarava 24 CV di potenza massima.

Quello che i freddi numeri non dicono è che quando un mono prende, ovvero inizia a girare bene, può piacere più di un bicilindrico. Specie in una cilindrata, la 450, dove i motori a due cilindri sono piuttosto fiacchi ai bassi. Ovvero sono più elastici dei mono e riprendono da regimi inferiori, ma con dolcezza e fluidità, senza essere corposi mentre il mono, quando prende, pulsa (il famoso pum pum), ha più coppia, è più gustoso. Quindi se è vero che col mono devi scalare marcia prima che inizi a strappare, alla fine lo fai anche col bicilindrico, per un motivo diverso: avere più birra. Ciò che molti non guardano sono i valori di coppia massima, che però spiegano quanto appena detto: per la Himalayan sono di 40 Nm a 5.500 giri/min, ma pare che la maggior parte di essa venga erogata già a 3.500. L’altra ne ha 39,3 (quindi praticamente gli stessi) ma a 7.750 giri/min.

Le differenze principali le vedi uscendo dalle curve, dove la Royal Enfield dovrebbe essere più vigorosa a parità di marcia innestata.

Un'altra situazione che fa spiccare le diverse attitudini delle due tipologie di motore sono i salitoni scassati in fuoristrada.

Immaginate una rampa ripida con solchi, sassi, fango, canalette. Dovreste salire decisi e a gas aperto, ma non ci riuscite perché il fondo è troppo conciato male. Ogni tanto dovete chiudere il gas, passare un ostacolo e quindi riaprirlo, ma dolcemente, altrimenti perdete trazione. In casi come questo, un mono da 450 cc è molto più corposo e vigoroso di un bicilindrico, proprio perché ha più coppia ai bassi regimi. L’altro implora di farlo salire tanto di giri, altrimenti niente birra. Ma non è facile arrivare a quei giri, tra forza di gravità che si accanisce sullo scarso tiro del motore e fondo viscido che fa perdere trazione. Morale: a parità di cubatura, un bicilindrico è più adatto all’uso brillante su strade scorrevoli e a viaggiare in autostrada; un monocilindrico invece svetta nei percorsi stretti, tortuosi e nel fuoristrada. Quindi, per lo meno sulla carta, tra Himalayan e MT450 non c’è una vincitrice, dipende solo da cosa uno preferisce sia a livello percorsi, sia a livello guida. Il mono fa godere con i suoi pum pum ai bassi, l’altro invece se lo fai urlare agli alti: sono proprio due mondi diversi.

E che bello sarebbe se la CFMoto 450 enduro avesse lo stesso sound, goduriosissimo, del terminale di scarico della nuda… Certo è che, nelle foto, sembrerebbe averci montato proprio quello.

Sempre ragionando sulla stessa cilindrata, il mono è più stretto e leggero, ma si sviluppa di più verso l’alto. Quindi è più facile fare una moto leggera e maneggevole, cose che in fuoristrada sono essenziali. Eppure, non sempre è così. Tornando a fare il paragone tra le due Ténéré, è incredibile come pesino uguale, nonostante la più giovane abbia l’ABS. La 660 in effetti è sempre stata sovrappeso, rispetto alle altre mono di pari cubatura, mentre la 700 è una delle bicilindriche più leggere. Non sappiamo come mai la mono fosse così pesante. Di solito è una questione di vile denaro: si sa che meno pesa una moto e più costa farla. Quando è uscita di produzione, nel 2017, la 660 costava meno di 8.000 euro, mentre la 700 venne messa in produzione tre anni più tardi, a 10.000 euro. Non so fare una proporzione adeguata, sinceramente, se considero i tre anni di inflazione e i costi di un motore più complesso e dell’ABS. Probabilmente l’ultima nata è stata studiata meglio? La 660 s’è così giocata male la carta che avrebbe dovuto vederla dominare (una KTM 690 pesa 45 kg in meno). Aggiungete che la T7 ha un tiro ai bassi fantastico, che non fa rimpiangere la mono e in più ha un cambio a 6 marce ben distanziate, mentre la 660 ne ha 5 vicine: in pratica, l’ultima arrivata vince su tutti i fronti (comfort della sella e altezza da terra escluse). Per non parlare delle sospensioni e della posizione di guida. Eppure, in molte situazioni la vecchia è più gustosa da guidare, perché il fascino del monocilindrico va oltre i freddi numeri.

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Il mio amico Tom Menodiciotto era così innamorato della sua Ténéré 660 mono, che ne ha comprate due.

Quanto alle due 450 oggetto di questo articoletto, anche in questo caso avere un solo cilindro non sembra avvantaggiare la moto indiana. Viene infatti dichiarato un peso, in ordine di marcia (ovvero con tutti i liquidi più il 90% della benzina), di 196 kg, contro i 188 della cinese. Considerato che la prima ha un serbatoio da 17 l e l’altra da 18, diremmo che i pesi senza benzina sono, rispettivamente, di 184,5 e 176 kg, a favore di quella che avrebbe dovuto pesare di più. Bella storia, eh! Ma vorremmo metterle entrambe sulla nostra bilancia, che faccia da unica unità di misura, uguale per entrambe. Inoltre, i pesi delle moto vanno sempre valutati. Quanto influiscono gli accessori montati di serie? Per esempio, la Himalayan esce dalla fabbrica con il cavalletto centrale e le famose barre ai lati del faro, che proteggono e permettono di caricare piccole borse.

No, la CFMoto non esce di serie con quel tris di bauli.

Poi c’è un’altra questione: nonostante entrambe le moto abbiano il cerchio anteriore da 21” e le sospensioni a lunga escursione, a giudicare da cosa si legge sui social interessano anche a molte persone che non hanno alcuna intenzione di usarle fuori dall’asfalto. Per cui non riescono a capire il senso di alcuni componenti e li bollano come inutili o assurdi. I commenti più buffi sono quelli di chi dice: “Quanto è brutto quel becco anteriore, perché l’hanno messo? Si può togliere?”. Il becco in questione sarebbe un semplice parafango alto, tipico delle moto da fuoristrada e serve per non bloccare la moto sul fango argilloso.

Tant’è che quelli da togliere, volendo usare la Hima in fuoristrada, sarebbero in realtà quelli bassi, sia l’anteriore sia il posteriore. 

Altra perplessità riguardo all’uso offroad: il gruppo ottico posteriore, che è vezzosamente integrato negli indicatori laterali, come su certe Harley-Davidson.

In fuoristrada è normale cadere e le prime a farne le spese sono le frecce, per cui questa novità ci sembra ‘na strunzata. Andando avanti con le cose che non piacciono ai fuoristradisti: lo scarico basso (anche se 230 mm da terra non sono una tragedia), la forcella non regolabile (però è Showa) e le misure degli pneumatici, difetto in comune con l'altra. Eppure, la CFMoto è l’unica bicilindrica attualmente di serie a vantare un 140 abbinato a un cerchio da 18” posteriore, quindi potrebbe venire dotata di gomme da enduro spinto. Ma è 140/70, contro il 140/80 che servirebbe. Con 140/70 che diavolo si può montare, a parte le moderatamente tassellate gomme di serie? Invece la Himalayan è messa leggermente meglio (140/80-17”) perché Mitas, di quella misura, offre gomme abbastanza tassellate.

I fuoristradisti si erano eccitati per la scritta Rally presente sulla fiancatina di una delle Himalayan esposte ad Eicma. A ben guardare, però, di diverso c'erano solo la presenza di questa fiancatina, i paramani, la sella in unico pezzo e la scomparsa del portapacchi. 

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