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Voge 500DS Valico 2021: come va, pregi e difetti

In Cina prosegue il livellamento verso l’alto della propria produzione motociclistica: ecco la nostra prima prova di una Voge, marchio premium di Loncin, che propone buoni contenuti a prezzi competitivi. Si tratta di una crossover bicilindrica da 500 cc, che lancia il guanto di sfida alla vendutissima Benelli TRK 502

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Voge 500DS Valico 2021

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Guardiamo questa crossover bicilindrica e ci vengono in mente due prove effettuate durante l’autunno del 2019. La prima è quella della Zontes 310 T, pubblicata sul numero di febbraio 2020. Verrebbe da fare il copia e incolla di quell’articolo: anche in questo caso abbiamo un marchio cinese, nuovo, che propone mezzi di un livello tecnologico più alto rispetto ai soliti pregiudizi che abbiamo verso i prodotti cinesi. Ma ormai non è proprio più il caso di averli. Le aziende europee, da decine di anni, fanno realizzare i prodotti proprio in quel Paese. Abbiamo insegnato loro come si fanno le lavorazioni di qualità ed è già da parecchio che camminano con le proprie gambe, arrivando ad acquistare storici marchi di casa nostra come la Benelli. Basta fare un confronto tra una cassa acustica JBL (americana) e una Tronsmart (cinese) per capirlo: prezzo, finiture, prestazioni... Voge è arrivata nel 2018, con monocilindriche da 300 cc e bicilindriche da 500 ma, in realtà, ha 38 anni: è il marchio premium di Loncin, che è la classica aziendona da 2.500.000 di moto all’anno che intreccia continuamente rapporti con le Case europee. Ha sede a Chongqing, città da 9.000.000 di abitanti, il cui Comune è esteso quanto l’Austria. Tra i suoi prodotti, da 13 anni, ci sono anche alcuni motori BMW, come quelli delle F 850/F 900, delle G 650, delle G 310, degli scooter C400 (mentre quello della G 450 X da enduro lo aveva commissionato alla Kymco). Nel 2008 e nel 2009 Loncin ha partecipato al Mondiale Moto 3 usando moto e team dell’italiana Engines Engineering. Ha conseguito oltre 8.000 brevetti e, dal 2012, sta molto attenta alle emissioni inquinanti, dopo essere stata multata dall’Epa statunitense. Nel 2017 ha acquisito il 67% della CMD, azienda italiana che realizza motori destinati all’aviazione, mentre nel 2019 ha fatto un accordo con MV Agusta per realizzare insieme delle nuove moto da 350/500 cc. Ecco, tutto questo andava detto, per rispondere a chi ancora si domanda: “Voge, chi è costei?” e che poi ridacchia pensando che sia cinese. Tra l’altro queste moto sono vendute in 30 nazioni del Mondo e, solo in Italia, si trovano in 200 concessionarie di 130 tra città e paesi.

L’altra prova che ci viene in mente è la comparativa tra Benelli TRK 502 e Honda CB500X pubblicata a novembre 2019, in cui la Voge Valico 500DS avrebbe sguazzato come una rana nello stagno. Si tratta di crossover bicilindriche in linea che appartengono a un mercato molto ghiotto, visti i volumi di vendita: quasi 3.600 esemplari di Benelli TRK in Italia nel 2020, tra versione base ed X, seconda soltanto alle BMW R 1250 GS (versioni base ed Adventure, oltre 5.000 pezzi) e davanti alla Honda CRF1100L Africa Twin (sia base sia Adventure: circa 3.000 moto vendute). Di Honda CB500X ne hanno vendute più di mille, che diventano oltre 2.000 se consideriamo le sorelle dotate della stessa piattaforma motore-telaio, co sì come di Benelli vanno considerate anche le altre 500 bicilindriche: 1.100 pezzi tra Leoncino e 502C. Quindi la vecchia, gloriosa mezzo litro vale degli investimenti. Voge è appena arrivata ed è molto lontana (per ora) da quei numeri: nel 2020 ha venduto 232 Valico e 62 Brivido (altro nome italiano che, questa volta, identifica una naked stradale). Quella della Valico è, perciò, una grande sfida: non è un’esotica moto di nicchia, ma sta combattendo in uno dei settori più richiesti dal pubblico attuale, che richiede delle crossover comode anche in due, adatte ai viaggi, protettive, in grado di caricare i bagagli, ma poco costose. Sono una conseguenza dell’evoluzione delle 1200, che piacciono a tutti, ma sono ormai sopra i 15.000 euro e sempre più a ridosso dei 20.000. Molti si dicono: con 500 cc ho comunque il motore giusto per fare il Giro del Mondo, ma spendo un terzo, o quasi, avendo in più una moto maneggevole e facile. In fondo, se è vero che ci stiamo abituando sempre di più a pensare che, per fa[1]re turismo, sia necessaria una motona da 150 CV e 18.000 euro, non dimentichiamoci quanti milioni di km la gente ha percorso, in tutti e cinque i continenti, con una 600 cc da cinquanta cavalli come la Honda Transalp (quante se ne venderebbero con un progetto aggiornato?). Il prezzo della Voge, 6.640 euro chiavi in mano, si colloca giusto in mezzo tra quello della Benelli 502 (6.240 euro) e i 7.140 euro della Honda CB500X ma, come facemmo con la Zontes, va considerato cosa comprende quella cifra. Rispetto a quella abbiamo meno effetti spettacolari, ma tanta sostanza. Portapacchi, paracolpi, telaietti laterali e il tris di valigie in alluminio sono comprese nel prezzo (e questo rende la moto più competitiva anche nei confronti della Benelli). Strumentazione TFT molto precisa con indicatore della pressione degli pneumatici e avvisi delle chiamate sullo smartphone, impianto frenante Nissin, sospensioni Kayaba (regolabili solo nel precarico del mono), iniezione elettronica Bosch, luci a LED con indicatori di direzione dinamici, leve al manubrio regolabili, pneumatici Pirelli Angel GT. Come comprensibile, mancano cose tipo l’ABS escludibile, il controllo di tra[1]zione, le mappature del motore e le manopole riscaldate.

Dal punto di vista tecnico ed estetico, è evidente quanto la 500 cinese abbia delle parentele con la CB500X. Pensate che un amico, quando ci ha visti in sella alla Valico, ci ha chiesto di chi fosse quella Honda. La sorella Brivido si confonde ancora più facilmente con la CB500F. Del resto il motore deriva proprio da quello delle CB ed è quindi dotato di perni di manovella a 180°, soluzione oggi abbastanza rara (oltre ai 500 cc di Honda e Voge, li hanno i Kawasaki 650). Le finiture sono buone, con particolari curati ed eleganti, vedi la copertura del serbatoio o la comodissima sella con cuciture in filo rosso. C’è anche una protezione per far credere che il telaio in tubi tondi d’acciaio sia in realtà un perimetrale in alluminio: qua siamo in bilico tra il giudicarlo un pregio dal punto di vista delle finiture, o una pacchianata. La capacità di carico è notevole, dentro quelle tre valigie sta tanta roba. Ricordano le GIVI, ma le serrature sono meno precise, non sempre la chiave gira al primo colpo. A proposito di serrature: quella della sella posteriore si trova sul parafango, tra targa e faro ed è una larga fessura che permette l’apertura anche con un cacciavite. Per togliere la porzione anteriore della sella bisogna tirare un anello posto su quella posteriore. Al di sotto si trova una trousse degli attrezzi piuttosto scarna: un cacciavite multiplo, due brugole e una chiave spaccata.

Oltre alla sella, di comoda c’è la posizione di guida, naturale, con manubrio molto largo e i comandi che sono facili da raggiungere ed azionare. Le pedane arretrate e vicine al piano sella sono però più adatte alle persone di bassa statura. Tra i riser del manubrio e la piastra della forcella c’è un silent block per inibire le vibrazioni, che però si avvertono su manubrio e serbatoio, senza arrivare a livelli drammatici. Ma il gioco di quel silent block è eccessivo, tanto che pensavamo che il riser si stesse svitando, mentre in realtà era serrato a dovere. Questo gioco è fastidioso, perché il manubrio si sposta avanti e indietro in frenata ed accelerazione. Lo sguardo cade in maniera naturale sulla ricca strumentazione a colori, dove spicca il già citato indicatore della pressione degli pneumatici, vera chicca per una moto di tale prezzo. Pessimi, invece, gli specchietti retrovisori, troppo molli nello snodo tra specchio e stelo. L’avviamento è molto pronto anche dopo una notte all’aperto sotto lo zero. Dal terminale di scarico, che nell’aspetto ricorda le Kawasaki, esce una tonalità più piacevole rispetto a quelle delle moto giapponesi dotate di bicilindrico in linea fasato a 180°. Di questa architettura si riconosce bene il tipo di scoppi, con due vicini (ma a distanza diversa dai 270°) e una pausa. L’erogazione è simile a quella delle Honda CB500 e delle vecchie Kawasaki ER-5: il motore è quindi elastico e gira regolare dai 2.500 giri in su, non ha fastidiosi effetti on-off, è molto pastoso, ma è un po’ carente di coppia ai bassi regimi, a causa della cubatura. Viene quindi da scalare le marce più spesso rispetto ai bicilindrici da 650 cc o al 500 cc fasato a 270° della Brixton Crossfire che, per noi, vanta la migliore erogazione ai bassi tra i bicilindrici in linea da mezzo litro. La frizione è morbida e lo stacco è dolce e progressivo, mentre il cambio ha gli innesti corti ed è preciso. Appena partiti, la moto mette a proprio agio e fa venire voglia di affrontare lunghi viaggi, specie su sinuose e burrose strade collinari. Andrebbe benissimo anche in autostrada, se il cupolino non creasse troppi vortici. Si trova parecchio distante dal busto e si può regolare su due posizioni, in maniera laboriosa: bisogna scendere dalla moto, svitare completamente un pomello e allentare due viti. Ma che sia alto o basso, provoca vortici già a partire dai 110 km/h, che fanno oscillare il casco ad alta frequenza. Nonostante questo, la moto invoglia a macinare chilometri anche in autostrada. La sella ha imbottitura e conformazione corrette per poter resistere ore di fila, mentre il passeggero ha una porzione meno spaziosa, più dura e con appigli per le mani troppo vicini ai fianchi. Nelle manovre da fermo si preferirebbe avere un angolo di sterzo maggiore, ma la sella bassa aiuta. Alla prima curva viene in mente la critica che abbiamo già rivolto alla Kawasaki Versys 650: perché la ruota anteriore da 17” e non una 19”, che la renderebbe più versatile? Con la 17” gli innesti in curva sono rapidissimi, tanto che bisogna prenderci la mano per evitare di inclinarla più del previsto. Bisogna lasciarla andare, curva da sola. Ma siccome ha una vocazione “adventure”, che va tanto di moda adesso, con una 19” all’avantreno sarebbe più a proprio agio nelle strade sterrate. Le sospensioni da 150 mm di corsa alla ruota sono un compromesso riuscito tra la stabilità su strada (molto buona) e l’assorbimento di fondi sconnessi ma non troppo (asfalto rovinato, sterrati facili). I freni Nissin sono potenti e modulabili, ma l’ABS ha un comportamento strano: davanti non è invasivo neanche su sterrato, dietro lo è parecchio, ma solo frenando forte. In pratica, su sterrato non entra in azione se si frena normalmente, mentre su asfalto lo fa anche sull’asciutto, se si aziona il pedale con decisione. I consumi sono più elevati rispetto alle rivali dirette, ma sono comunque buoni. In tutto abbiamo riscontrato una media di 19 km/l quando, in condizioni simili, con la Benelli abbiamo sfiorato i 21 e con la Honda abbiamo superato i 25. Il serbatoio tiene 16,5 l, per un’autonomia media di 314 km; il cambio olio va effettuato ogni 5.000 km. I fari a led non sono molto potenti e c’è una zona non illuminata nei primi metri davanti alla ruota anteriore, ma il fascio è bene distribuito.

In conclusione, nonostante alcune pecche questa moto ha tanta sostanza: costa poco, va globalmente bene, è comoda ed è anche divertente. Stringendo il giudizio al minimo: permette di fare grandi viaggi spendendo poco. Ma con Voge non finisce qui, perché è appena arrivata una Valico più grande, dotata di un bicilindrico in linea da 652 cc, cerchi a raggi, anteriore da 19” e look che ricorda la Triumph Tiger 900. Costerà 7.640 euro chiavi in mano, borse comprese, risultando ancora più competitiva nei confronti delle crossover da 650/750 cc… e, forse, ingolosendo gli orfani della Honda Transalp.

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