Insomma, le moto si sono avvicinate alla F1 nella difficoltà dei sorpassi. Perché? In molti (compreso qualche pilota) puntano il dito sull'aerodinamica e sui sistemi che abbassano il posteriore della moto in accelerazione. Si tratta di due innovazioni tecnologiche che hanno cambiato il modo di correre e aumentato le prestazioni, ma per alcuni rendono più difficile superare.
Le ali limitano l'impennamento in accelerazione e aiutano in frenata generando carico sull'anteriore, contribuendo anche alla sicurezza. Come spiega Mattia Tombolan di Brembo, lo spazio di frenata alla prima curva del Mugello (la famosa San Donato, a cui le migliori MotoGP arrivano a più di 360 km/h) si è ridotto di quasi 40 metri da quando le moto hanno gli spoiler. A quella velocità, significa togliere possibilità fisica di spazio di sorpasso.
Un'altra lamentela è legata alle turbolenze e al risucchio creato dalle ali. Bagnaia ha spiegato questo effetto: «Accade solo ad altissime velocità, quando sei in scia è come se la moto accelerasse nel momento in cui freni». Quindi la scia, che di solito dovrebbe aiutare a superare, può diventare controproducente. Senza contare che non riuscire a sopravanzare chi precede porta a un altro problema: l'innalzamento della temperatura e della pressione della gomma anteriore che vede così le sue prestazioni decadere.
Se in frenata è più difficile attaccare, anche fare la differenza in accelerazione è complicato. Il “rear ride height device” (come chiamano gli inglesi l'abbassatore) ottimizza infatti questa fase e guadagnare metri è difficile. Romano Albesiano, direttore tecnico di Aprilia spiega però che dare tutta la (presunta) colpa alle ali è sbagliato. Semmai è il livello generale che si è alzato e tutte le nuove invenzioni hanno portato a quella che lui stesso definisce come «un'ottimizzazione delle prestazioni».
In un certo senso è più difficile fare la differenza perché il livello è simile e tutte le innovazioni (relative all'aerodinamica, agli abbassatori, all'elettronica) rendono facilmente ripetibile la prestazione, con la conseguenza che il pilota può fare meno la differenza, e non per colpa sua. Poi c'è il discorso gomme: le Michelin sono ottime, ma i suoi pneumatici anteriori soffrono quando seguono altre moto, con la pressione che si alza e le prestazioni decadono. Altro aspetto che complica i sorpassi.
L'intervento di Repsol
«La tecnologia sta uccidendo lo spettacolo». A sostenerlo è stato uno dei più munifici sponsor nel paddock, Repsol, dal 1995 sulle carene delle Honda ufficiali. In un lungo intervento sul proprio blog, parla di moto sempre più prestanti e affaticanti per i piloti, di un calendario lunghissimo che non consente di prendere rischi, e ha dato la colpa in primis ad ali e abbassatori. Quando un investitore così importante si prende la briga di lanciare un allarme del genere va ascoltato, anche se la mancanza di risultati della Honda ha sicuramente aiutato certe riflessioni (chi si lamenta quando vince?).
Dorna, negli ultimi anni, ha introdotto delle novità regolamentari per aumentare lo spettacolo livellando le prestazioni e nello stesso tempo contenere i costi. Avere fornitori unici per gomme e centralina elettronica è una scelta che va in questo senso, lo stesso si può dire per i regolamenti tecnici sui motori, così se agli esordi della MotoGP in pista c'erano tante architetture diverse (dai 3 ai 5 cilindri) ora si è arrivati a solo due: 4 cilindri, a V o in linea.
Il fatto che tutti e 6 i costruttori presenti siano riusciti a vincere almeno una gara nelle ultime stagioni è positivo, ma ora bisogna guardare oltre. Se il lavoro dei piloti è quello di portare al limite le moto, quello degli ingegneri è cercare lo spazio che le regole concedono per innovare. Ducati lo ha fatto e ha costretto gli avversari a seguirla. La scelta di vietare determinati dispositivi diventa quindi una decisione politica ancora prima che tecnica. Come successo in F1, dove si è deciso di tornare alle monoposto a effetto suolo per vedere di nuovo i sorpassi. La Dorna, però, al momento ha le mani legate perché ha appena firmato un nuovo accordo quinquennale con i costruttori fino al 2026 e per modificare il regolamento (a meno di ragioni di sicurezza) servirebbe il loro consenso unanime. Quindi la prima finestra è quella del 2027, vale a dire altri 4 anni senza poter cambiare nulla.
Dorna è comunque al lavoro e, nel peggiore dei casi, ci sarebbe la possibilità di fare alcuni interventi anche senza avere l'unanimità della Case. Tutti sanno che non è il secondo in più o in meno sul giro a interessare il pubblico, ma le battaglie, e che spesso alcune novità tecnologiche non vengono neanche avvertite, se non da un ristretto numero di appassionati. D'altra parte, ridurre le prestazioni non significa automaticamente aumentare la bagarre. Bisogna decidere cosa togliere, coscienti che una MotoGP attuale ha bisogno di alcuni "aiuti" per essere guidata in sicurezza. Far scomparire le ali non è pensabile, ridurre il loro effetto sì, magari intervenendo anche sulle prestazioni dei prototipi della classe regina, che stanno crescendo a ogni anno, tanto che alcuni circuiti potrebbero diventare presto inadeguati.
Come sempre in questi casi, l'arte del compromesso è essenziale. Gli ingegneri devono avere una certa libertà (perché le corse non sono uno strumento soltanto di marketing ma anche di sviluppo tecnologico), e ai piloti serve poter fare la differenza senza affidarsi totalmente alla tecnologia. Il rebus è di difficile soluzione, ma in ballo c'è il futuro della MotoGP.