Ducati Streetfighter V4 S (trovate il test su Motociclismo di Aprile tra pochi giorni in edicola). Praticamente una Panigale svestita, con qualche CV in meno (capirai, 208 contro 215,5). Un mostro di potenza, da guidare con un manubrio tubolare, poco caricato sull’avantreno, ingovernabile probabilmente senza elettronica. Tanto quanto le rivali Aprilia Tuono V4 R (175 CV), BMW M 1000 R (210 CV), Kawasaki Z H2 (200 CV), KTM Super Duke 1290 R (180 CV), MV Agusta Brutale (208 CV), Triumph Speed Triple RR 1200 (180 CV), Yamaha MT-10 (166 CV: appena?).
Un segmento ricco, quello delle supernaked, tanto ricco da chiedersi perché. Qual è il senso di moto del genere? Ducati, per esempio, la Streetfighter V4 S l’ha presentata in pista e solo in pista, con tanto di pneumatici slick. Per governarla sono necessari 4 riding mode, altrettanti Power Mode e vari livelli di intervento di controllo di trazione, di impennata, di imbardata, di sospensioni elettroniche e di cambio elettronico; e poi c’è il launch control per le partenze a razzo. E tutto questo vale, chi più chi meno, per le concorrenti del segmento.
Chi compra moto di questo tipo? E perché? Per girare in pista, dirai. Sembra di no. Per il gusto di possederle. Ci sta, sono moto-gioiello, come una Ferrari o una Lamborghini, automobilisticamente parlando. E, come quelle (chi ha avuto la fortuna di usarne una, anche per pochi km, lo sa), usandole a molto meno della metà delle loro potenzialità (la rima è voluta) sono facili, perfino facilissime. E proprio in quello si annida il demone: mai dimenticare di portare rispetto a bolidi di questa fattura.