di Francesco Pelizzari - 01 April 2023

Hanno senso le supernaked da 200 CV e oltre? Chiedete a Doohan e Chili!

La Ducati Streetfighter ha 165 CV… in modalità wet! Come le sue concorrenti dirette, è una moto apparentemente senza senso. Ma il progresso, alla fine, ha sempre la sua logica. Elettronica e meccanica top a braccetto danno significato a gioielli che ogni appassionato vorrebbe in garage

Ducati Streetfighter V4 S (trovate il test su Motociclismo di Aprile tra pochi giorni in edicola). Praticamente una Panigale svestita, con qualche CV in meno (capirai, 208 contro 215,5). Un mostro di potenza, da guidare con un manubrio tubolare, poco caricato sull’avantreno, ingovernabile probabilmente senza elettronica. Tanto quanto le rivali Aprilia Tuono V4 R (175 CV), BMW M 1000 R (210 CV), Kawasaki Z H2 (200 CV), KTM Super Duke 1290 R (180 CV), MV Agusta Brutale (208 CV), Triumph Speed Triple RR 1200 (180 CV), Yamaha MT-10 (166 CV: appena?).

Un segmento ricco, quello delle supernaked, tanto ricco da chiedersi perché. Qual è il senso di moto del genere? Ducati, per esempio, la Streetfighter V4 S l’ha presentata in pista e solo in pista, con tanto di pneumatici slick. Per governarla sono necessari 4 riding mode, altrettanti Power Mode e vari livelli di intervento di controllo di trazione, di impennata, di imbardata, di sospensioni elettroniche e di cambio elettronico; e poi c’è il launch control per le partenze a razzo. E tutto questo vale, chi più chi meno, per le concorrenti del segmento.

Chi compra moto di questo tipo? E perché? Per girare in pista, dirai. Sembra di no. Per il gusto di possederle. Ci sta, sono moto-gioiello, come una Ferrari o una Lamborghini, automobilisticamente parlando. E, come quelle (chi ha avuto la fortuna di usarne una, anche per pochi km, lo sa), usandole a molto meno della metà delle loro potenzialità (la rima è voluta) sono facili, perfino facilissime. E proprio in quello si annida il demone: mai dimenticare di portare rispetto a bolidi di questa fattura.

Insomma, alla fine sono supermoto alla portata di (quasi) tutti. Il nostro Ballerini, nonostante l’enorme esperienza, si è approcciato alla bomba Ducati con deferenza, più che rispetto. E alla fine l’ha trovata “abbastanza facile”. Dai, basta girarci intorno: il merito è dell’elettronica, super-sofisticata e perfettamente a punto. Tanto che quasi la moto impenna da sola, basta usare il settaggio desiderato; e via, sale gradualmente e scende con altrettanta morbidezza, quasi prendesse l’ascensore.

Sulla Streetfighter si ritrova l’esperienza Ducati in MotoGP, dove i CV da governare superano ormai abbondantemente i 300. Ragazzi, ormai la tecnologia è questa roba qui: porta ad aumentare la potenza dei motori, da un lato, ed a sviluppare i sistemi informatici per gestirla, dall'altro. È il progresso, bellezza! Nei Gran Premi non vedrete più un maldestro giro di valzer come quello di Michael Doohan e “Tonno” Chili al Gran Premio di Germania del 1990 quando le loro Honda 500 avevano più o meno la potenza della mappa “wet” della Streetfighter V4 S (165 CV)!

Eccolo, allora, il senso di queste moto super naked: sono il massimo della tecnologia motociclistica disponibile. Il top del superfluo ma anche del necessario per ogni anima sensibile al richiamo dell’arte meccanica. E questa Ducati è un campione (del mondo) di capacità ingegneristica (e informatica) davanti al quale ci si può soltanto togliere il cappello, una moto da oltre 200 CV che si può guidare su strada per andare a spasso come in pista per “scannare”.

Siamo sicuri che Doohan e Chili avrebbero fatto volentieri a cambio con le loro Honda NSR.

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