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Come nascono una corona e un pignone?

Corona e pignone richiedono lavorazioni accuratissime e materiali di alta qualità per garantire la massima affidabilità e durata: vi accompagnamo in una delle fabbriche più grandi al mondo - la thailandese JT: 18 milioni di pezzi all'anno
1/22 I pignoni in acciaio SCM 420, quello più duro, sono tagliati con una sega a nastro da una barra grezza
Il sistema di trasmissione finale catena-corona-pignone è, ancora oggi, il più efficiente e di gran lunga il più diffuso, sia sulle moto in commercio, sia in campo racing. È una tecnologia consolidata e, all’apparenza, semplice. Per conoscerne i segreti, abbiamo visitato la fabbrica JT Sprockets, a Bangkok in Thailandia, che è la più grande al mondo nel campo dell’aftermarket, scoprendo che la realizzazione di questi componenti è tutt’altro che banale.

Acciaio al carbonio e Ergal

Tre sono i fattori fondamentali che influenzano il risultato finale: materiali di altissima qualità, lavorazioni accurate, controllo costante. Partiamo dai materiali: JT utilizza acciaio C49 ad alto tenore di carbonio. Rispetto al classico C45, le prestazioni di questa lega sono decisamente superiori, ma richiedono lavorazioni scrupolose. Per le moto di alte prestazioni (anche nelle competizioni), si realizzano corone in Ergal 7075 -T6, che arriva direttamente dallo stesso fornitore degli aerei Airbus, mentre per i pignoni si usa, in questi casi, l’acciaio SCM 420. Per tutti i prodotti destinati a moto da fuoristrada, sono sempre presenti delle scanalature laterali, alla base dei denti, che servono a smaltire facilmente le impurità verso l’esterno.
Ogni prodotto finito richiede 25 fasi di lavorazione e 10 controlli di qualità. Cominciamo ad analizzare la produzione di pignoni e corone in acciaio. Le lastre di partenza hanno già lo spessore richiesto dal prodotto finito; da queste vengono ottenuti i primi dischi per tranciatura, da enormi presse idrauliche. Ogni lotto di produzione varia la dimensione del disco ottenuto a seconda del numero di denti che avrà quella specifica corona o pignone finito. Con lo stesso procedimento, in una seconda fase, vengono aperti il foro centrale e le asole di alleggerimento (solo per le corone posteriori). Ma a questo punto sorge un problema: le corone grezze non sono più perfettamente piane, perché questi processi produttivi hanno deformato leggermente il prodotto. Ed è qui che vediamo il primo macchinario “segreto”, un’invenzione sviluppata internamente a JT (protetta da segreto industriale), che riporta le corone ad una perfetta planarità. Passiamo al reparto tornitura. Ogni corona (o pignone) viene messa su un tornio dove si porta il diametro esterno alla misura corretta e, soprattutto, si conferisce il giusto angolo alle pareti laterali dei denti, che ancora non sono stati ricavati: abbiamo solamente un disco con l’estremità smussata. Vengono aperti i fori dove verranno inserite le viti per fissare le corone sul mozzo, con una foratrice automatica, mentre un addetto penserà alla svasatura in modo manuale. Su alcuni pignoni, a seconda dei casi, si praticano fori di alleggerimento o fori filettati per il fissaggio finale tramite viti.
Dopo l’incisione del logo dell'azienda e il numero di denti di ogni prodotto, eccoci alla fase più importante. Per ricavare i denti di ogni corona o pignone, esiste un solo sistema produttivo che assicura massima precisione e tempi rapidi di lavorazione e passa da un macchinario che prende il nome di “dentatrice”, e permette di lavorare decine di corone/pignoni nello steso momento. L’utensile di taglio è composto da una serie parallela di denti che sono l’esatto negativo di ciò che si andrà ad ottenere sulle corone. Asporta trucioli di acciaio poco alla volta, avvicinandosi con passaggi ripetuti, fino ad ottenere il dente finito, mentre il tutto viene costantemente inondato da una cascata di olio lubrificante. La dentatrice viene usata anche con le corone in Ergal 7075-T6 e i pignoni SCM 420, che vedremo tra poco. Adesso è il momento di pensare ai soli pignoni: ancora più delicata della dentatura esterna, è la dentatura interna, che andrà a fissarsi direttamente sull’albero di uscita dal cambio della nostra moto. I denti sono molto piccoli e richiedono la massima precisione geometrica. Si ottengono grazie ad un macchinario detto “brocciatrice”, dove l’utensile (la broccia) è costituito da una lunga spina su cui sono applicati denti taglienti in serie, di sporgenza crescente, in modo da asportare progressivamente sempre più materiale, con un solo passaggio, fino ad ottenere la forma desiderata. Anche in questo caso, si possono lavorare molti pezzi nello stesso momento. È evidente come queste due lavorazioni richiedano sempre utensili perfettamente affilati. Alla JT esiste una sala dove vengono molati “in casa” tutti i componenti, con macchinari automatizzati di alta precisione.

Non solo per le moto di serie

Come dicevamo in precedenza, per le moto di alte prestazioni si realizzano anche corone in Ergal 7075-T6, leggero e resistente. Sono completamente lavorate con frese CNC a controllo numerico, macchine giapponesi di altissima precisione, che lasciano in sospeso un solo processo: la dentatura interna, che viene sempre effettuata con la brocciatrice. I pignoni in acciaio SCM 420 devono essere tagliati da una lunga barra grezza, con una sega a nastro. In genere questi pignoni hanno spessori differenti tra il corpo centrale (più spesso) e i denti esterni (di spessore standard, come le catene su cui andranno ad agire): per distribuire al meglio la forza generata dai motori più potenti, si aumenta la superficie di contatto tra denti interni del pignone e albero di uscita dal cambio. Quindi si deve partire da dischi grezzi più spessi, che verranno lavorati su torni automatici a controllo numerico, fino ad ottenere la forma finale con due o tre spessori differenziati. Il resto delle lavorazioni sono uguali ai pignoni standard.
Abbiamo i nostri pignoni e le nostre corone che sembrano perfettamente finiti. Ma usati in questo stato, avrebbero vita ridotta. Come si migliorano le caratteristiche meccaniche di un acciaio? Con i trattamenti termici, che avvengono in grandi forni alimentati a gas. Richiedono grande esperienza e attenzione: temperatura, tempi di esposizione e di raffreddamento sono cruciali. Bisogna imparare la “ricetta” alla perfezione, che ovviamente è un segreto industriale. Perché JT non si accontenta di avere uno strato superficiale più resistente, tutto il materiale deve avere caratteristiche meccaniche superiori, anche nel “cuore”. L’ultimo passaggio prima dei bagni chimici che doneranno il riporto superficiale finale, consiste nella sbavatura e finitura che operai specializzati effettuano completamente a mano, con classiche lime da ferro. Dopo un ulteriore controllo visivo, i pezzi sono pronti per lo stoccaggio. Per coprire al meglio tutti i mercati mondiali, i prodotti vengono dislocati anche nelle sedi di Atlanta (USA) e Londra (UK), dove sono presenti addirittura un milione di prodotti.
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