Una sfida su strada e in pista tra le 450 supermotard di HM, Husqvarna
e VOR. La più racing è la giapponese, Husqvarna la più “cattiva”,
VOR
la più curata. Il divertimento è assicurato, ma costano care, circa 9.000
euro.
Gran bella cilindrata la “quattroemmezzo”. Cross, enduro o
supermotard,
il
monocilindrico di media cilindrata assicura potenza e
divertimento
in abbondanza.
Abbiamo messo a confronto
un terzetto di SM da leccarsi i
baffi:
HM CRF 450 Motard,
Husqvarna SM-R 450 e
VOR SM-E
450,
e con loro siamo andati a far scorribande in
città, a divertirci
sulle strade di
montagna e a grattar pedane in
circuito.
Per tutte,
gomme Michelin, in modo da omogeneizzare il rendimento
delle ciclistiche.
Pilot Power per circolare su strada e
Pilot
Sport (i nuovi slick intagliati) per derapare in pista.
Le supermotard,
al semaforo, attirano gli sguardi; troppo belle,
troppo “tecniche” per passare inosservate. Se non fosse per lo
scarso
comfort, le
vibrazioni e l’inesistente capacità di carico,
non c’è dubbio che questo tipo di moto soppianterebbe lo scooter…
Vabè,
non esageriamo, però anche il più insignificante giretto in città, con
una SM assume tutto un altro fascino, e sfidiamo chiunque a dire il contrario.
Partiamo dall’ultimo dei pensieri quando si spendono 9.000 euro per
comprare
una supermotard: la
stampella laterale. Su tutte rimane quella dei
modelli da fuoristrada da cui derivano, perciò con le ruote da 17”,
risultano
troppo lunghe. In pratica, appoggiata la moto al cavalletto, rimane
quasi verticale, e parcheggiarla sul marciapiede o tra moto e scooter,
comporta il
rischio di ritrovarla sdraiata.
C’è anche il
rischio furto. Sono oggetti “prelibati”.
E’ proprio
il caso di dire che “vanno a ruba”. Come fare allora con la
HM
che
non ha
né chiave di contatto né bloccasterzo? Un bel problema.
L’
Husqvarna il
bloccasterzo ce l’ha, e la
VOR
addirittura
un
quadro sottochiave. Quest’ultima ha le migliori dotazioni di
serie, e a giudicare dagli sguardi ammirati non si può negare che esteticamente
sia la più accattivante.
La
strumentazione è minimalista, ma è apprezzabile il computerino
a cristalli liquidi
retroilluminato di HM e VOR, mentre
l’
Husqvarna
rimane fedele allo
strumento digitale di stampo ciclistico.
Sempre in fatto di dotazioni, un elemento che può far pendere l’ago della
bilancia per l’una o l’altra, può essere l’
avviamento
elettrico.
Ce l’hanno le due italiane,
ne è sprovvista l’HM. La VOR
addirittura
ha anche la pedivella. L’Husqvarna solo il magico
“bottoncino”, che
può essere un problema se la batteria perde efficacia: accenderla a spinta
è un’impresa.
Bazzecole in confronto alle soddisfazioni di guida che queste moto offrono.
Manubri larghi e alti, freni potenti, gomme sportive, sospensioni
efficaci:
controllo totale. Non c’è coda, semaforo o ingorgo che tenga. Il traffico
se lo bevono tutto d’un fiato. E poi il motore.
Che motore! Si
snocciolano le marce in rapida sequenza e lo stesso avviene in scalata,
una goduria. Dopo un po’ ci si ritrova a
impennare e derapare quasi
senza volere. Troppo divertenti.
Facciamo alcuni “distinguo”: la
VOR ha un
assetto molto
rigido
e la
frizione dura, nonostante il
comando idraulico.
L’
Husqvarna
ha lo scarico che fa
troppo rumore e passare inosservati, anche
alle forze di polizia, non è facile.
HM ha il
motore più racing:
prontissimo, quasi scorbutico, in città va dosato con cura altrimenti strappa
le braccia.
Per il resto, nel traffico urbano, non c’è poi molta differenza, perché
comunque dare sfogo ai cavalli è pericoloso e tra limiti di velocità e
spazi angusti, bisogna stare davvero attenti.
Meglio allora varcare i confini metropolitani e… salire in giostra!