La Panamericana considerata nel suo intero, dalla Tierra del Fuego fino all’Alaska, ospita praticamente tutte le varianti possibili in termini climatici, ambientali, stradali, paesaggistici e culturali. Durante i miei 362 giorni ho percorso esattamente 71.300 km. Ho toccato i 4.750 m del passo Jama in Argentina e i - 86 m nella Death Valley, in California. Ho guidato sulla via più larga del mondo, a Buenos Aires, e ho tracciato sentieri larghi come le mie ruote. Ho attraversato il deserto più secco al mondo, quello di Atacama, e la giungla più umida, in Amazzonia. Ho guidato su asfalto, terra, sale, sabbia, fango, ghiaia e roccia. Affrontato climi dai -5 °C fino ai +52. Ho bivaccato in boschi, deserti, praterie. Ho dovuto caricare la mia compagna di viaggio su 7 traghetti. Ho consumato 3 paia di guanti, 12 copertoni, e ho bucato gomma 13 volte. Ho attraversato le più grandi metropoli e scoperto minuscoli villaggi sperduti, ho assaggiato cibi di ogni genere, bevuto una pozione magica e persino seguito una Dakar! A volte ho sfruttato le strade desolate per correre, a volte mi sono goduto il rumore del motore della mia moto a 30 km/h. La passione per il fuoristrada, unitamente alla voglia di avventura, ha inoltre fatto sì che i miei percorsi fossero quasi sempre lontani da quelli turistici, poco frequentati e anche dismessi. Questa scelta mi ha regalato incredibili occasioni d'incontro e di conoscenza, permettendomi di affinare le arti dell’improvvisazione, del sapersi arrangiare. Le esperienze più importanti, infatti, le ho vissute a seguito di guasti imprevisti o inattesi cambi di programma, e ritengo che senza di essi il viaggio avrebbe perso molto.