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La Slovenia in sella a una KTM 1090 Adventure R

Dalla bella Pirano al Monte Slavnik (Taiano): quasi 100 km fra asfalto e sterrate di media difficoltà, in un percorso “misto” che è nelle corde nostra KTM 1090 Adventure R
1/13 La Slovenia in moto sulla KTM 1090 Adventure R. Il nostro itinerario

Un passato tormentato

Che sia croata o slovena, la penisola d’Istria è una meraviglia, da girare in moto. Per la maggior parte del tempo si viaggia immersi nella natura: boschi fittissimi o altopiani aperti. Buona parte delle strade sono sterrate, percorribili legalmente senza problemi. I paesi sono piccoli gioielli in cima alle colline, come capita spesso anche da noi. Era un Paese del blocco comunista, regime che non si risparmiava nel piazzare palazzoni di cemento in ogni dove, ma l’Istria s’è salvata, in buona parte. Si tratta di una terra dal passato tormentato, vittima delle pressioni italiane, slave, austro-ungariche. In particolare, più che durante le guerre degli anni 90, l’Istria ha sofferto le rivendicazioni e i conflitti tra italiani e slavi, che hanno avuto esiti drammatici in diverse fasi storiche. Si può affermare, a grandi linee, che i paesi della costa siano di origine italiana e quelli dell’interno di origine slava. Gli italiani, più colti ed aristocratici, preferivano stabilirsi sul mare; gli slavi covavano rancore alle loro spalle. Durante il Fascismo eravamo noi a prevaricare su di loro; poi, nel dopoguerra, si sono vendicati. Oggi sono ancora molti gli italiani che vivono qui e c’è da sperare che quei tempi siano finiti per sempre.

Pirano, il salotto in riva al mare

L’itinerario che abbiamo in mente è apparentemente semplice: partire dal mare di Pirano e arrivare sulla montagna, ovvero lo Slavnik, facendo tanti sterrati. Abbiamo una splendida KTM 1090 Adventure R (fra le protagoniste della nostra Comparativa SuperEnduro), moto adatta sia a veloci trasferimenti autostradali sia a percorsi sterrati e ce la vogliamo godere tutta.

I 500 km da Milano a Pirano ce li siamo fatti in mezz’ora. Non ci credete? Va bene. Ma non ci sono pesati affatto! Abbiamo scelto Pirano perché è il tipico paese costiero dove evidente è l’impronta italiana: di origine celtica, è stato sviluppato da gente di Aquileia, ha prosperato sotto la dominazione veneta ed oggi è meta incessante di un grande flusso turistico per la sua eleganza e le sue spiagge, quindi rappresenta la Slovenia mondana. Mentre sullo Slavnik si arriva con un percorso entusiasmante, attraverso quelle foreste, quegli altopiani e quei paesini intimi ed isolati di cui parlavamo all’inizio e che rendono entusiasmante l’esperienza istriana. Pirano si presenta come un salotto di case bianche col tetto rosso, circondato da un possente sistema di mura, ai piedi di una collina. C’è un mega parcheggio, con tanto di sbarre, che impedisce di entrarvi liberi e belli in sella alla moto. Devi pagare il posteggio, come se Pirano fosse un’attrazione tipo Legoland. Però è troppo bella per non visitarla. Il suo punto nevralgico è la piazza dedicata al violinista-compositore Giuseppe Tartini (“Il trillo del diavolo”). Sembra di essere a Venezia, per lo stile dei palazzi (addirittura uno si chiama “Casa Veneziana”). Il campanile del Duomo di San Giorgio ricorda quello della basilica di San Marco. Sul Palazzo del Comune, eretto nel 1877 al posto del precedente di origine romanica, spicca il leone alato della Serenissima. Aggiungete che la lingua ufficiale, insiema a quella slovena, è l’italiano, con tanto di scritte bilingui. Ma lo parla soltanto una persona su dieci, perché la maggior parte dei nostri connazionali è stata cacciata alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Anche il famoso pugile Nino Benvenuti, Campione mondiale ed olimpico negli anni Sessanta, è stato costretto a lasciare la propria casa, ad Isola, pochi km a nord di Pirano.

Cominciano le sterrate

Il fuoristrada iniziamo a farlo alla fine della penisola di Pirano, alle spalle di Villa Valeta. Si tratta di una salita ghiaiosa, facile facile, che porta a Luzzano. Poi finiamo su un asfalto in cresta che cavalca le colline, attraversando una campagna bella grassa. Tra vigneti e alberi di vario tipo, diremmo che siamo in una regione fertile e suggestiva... ma non al punto da spingerci a fare 500 km di autostrada per venire fin qui. Avete in mente come funziona? State guidando in un posto che non conoscete e avete diversi stati d’animo. Qui dite “Che bella zona”, ma non siete in quello stato di agitazione di quando un paesaggio vi colpisce veramente. Ovviamente tutto è personale, ognuno ha i suoi gusti. C’è chi trova orride le pietraie bianche della Via del Sale sul Colle dei Signori! Alle porte di Mala Seva, a sinistra, c’è uno sterrato a tratti accidentato che scende in una valletta piccola e stretta percorsa da un torrente di nome Roja. Da lì, con una stradina piena di curve chiamata Montekalvo Ser, si sale nel paesello di Šared e, dopo Malija, inizia la parte più faticosa: uno sterrato di 4 km che attraversa un bosco molto fitto, pieno di fango, fino a Korte e alla valle del fiume Derniga, attraversata dalla strada numero 11 che conduce da Trieste alla Croazia.

In questa fase si possono evitare gli sterrati, soprattutto questo fangoso, che noi affrontiamo perché il fuoristrada ci diverte. Si attraversa il Derniga. Volendo insistere con l’offroad, si può salire da sud a Padena e poi ridiscendere sulla 11, per poi proseguire su un tratturo mangiato dall’erba alta fino a Smarje. Altrimenti c’è un asfalto largo e ben curato. Smarje è un paese di 800 abitanti che deve il suo nome all’antico monastero benedettino di Santa Maria in Monte del X Secolo, il cui campanile “tappa” la facciata. È noto, da noi, come Monte di Capodistria e sorge su un quadrivio a circa 275 m di quota, detto di Monte Toso, dove passava l’antica via Flavia che da Trieste scendeva fino a Pola. Il borgo ha avuto una vita impegnativa: nel Cinquecento è stato attaccato dai turchi e, durante la Seconda Guerra Mondiale, è stato bruciato dai nazifascisti. Ma adesso è un posto piacevole. La chiesa inizialmente era un impianto romanico, ma è stata modificata e ristrutturata più volte; l’aspetto attuale risale al Settecento. Da qui procediamo su asfalto su una strada in cresta, che ricalca l’antica Flavia e che ci fa divertire alla guida. A Pomjan (in italiano Paugnano), minuscolo paese da meno di 200 abitanti, di origine romana, c’è un prato da cui si gode una vista sul mare e sulle montagne che ci aspettano, simili a trapezi d’erba larghi e schiacciati.

La torre dai cinque lati

Proseguiamo su asfalto, poi prendiamo lo sterrato in salita che unisce Kavalici a Dolani e, finalmente, iniziamo a provare quel godimento motociclistico che ci aspettavamo dall’Istria. Dopo Dvori dobbiamo interrompere una serie di curvoni per infilare una stradina asfaltata dentro un bosco che scende a Kubed (Covedo), 180 abitanti, abitato inizialmente dai celti e poi dai romani. Il villaggio, oggi, è insulso, ma il luogo è interessante per via della fortezza che sorge sulla rupe che lo sovrasta. Siamo ad appena 240 m sul mare, ma a dominio di una valle alta 75. Da lì arrivavano le incursioni turche e così i veneziani, nel Quattrocento, costruirono una fortezza difensiva all’interno del quale si rifugiava la popolazione. Un borgo fortificato, insomma, che mantenne la sua importanza anche in seguito, perché cadeva sul confine tra il territorio veneziano e l’impero austro-ungarico. A guardarla, la torre sembra una normale a quattro lati finché, girandole intorno, si scopre che c’è qualcosa che non va: ci si aspettano parallelismi che non risultano tali, perché i lati sono cinque. Da lassù c’è la “stradapista” 208, che collega Trieste a Buzet con asfalto perfetto e curvoni velocissimi. Galoppando su di lei, caliamo sul fondo di questa valle simile a un canyon. A quota 125 m bisogna fare una bella inchiodata, girare a destra e prendere una stradina che scende sul fondo, per poi risalire dall’altra parte. La sensazione è che il versante opposto sia molto più ripido e che sia impossibile passare oltre. Si nota, dal basso, un paese incollato a una parete di roccia verticale, sovrastato da una torre che sembra in procinto di crollare sulle case sottostanti: è Podpec, in italiano Popecchio (nome che ci gira in testa da quando l’abbiamo scoperto: sembra la presa in giro di Popeye!). Siamo risaliti a oltre 300 m sul mare, ma il paese è veramente minuscolo, non arriva ai 50 abitanti. La torre là sopra è, manco a dirlo, veneziana e il paese è tristemente noto per la fossa comune in cui sono state gettate diverse persone durante la Seconda Guerra Mondiale. Solamente nel 1992 si è provveduto a recuperare e comporre i resti, per poi seppellirli a Capodistria nel 2004.

Da qui sembra impossibile che si possa andare oltre, essendo all’ombra di pareti verticali di roccia, ma gli inganni della prospettiva sono ben noti. Dopo uno stretto passaggio tra le case, la stradina prosegue appesa alla montagna finché, sulla sinistra, non si stacca uno sterrato che non prevede alternative: se si vuole proseguire con questo itinerario, bisogna prenderlo. Sale ripido in costa, entra in un bosco da favola e poi la sorpresa: lassù, a 500 m di quota, c’è un altopiano. Non si scende, si resta a quella quota ed ecco la sorpresa: un passaggio a livello in mezzo al bosco. In Slovenia succede spesso, anche ai treni piace fare fuoristrada! Si arriva così a una stazione, che adesso si chiama Podgorje e vi ha annesso un villaggio da 150 abitanti ma che, quando la zona era italiana (fino alla Seconda Guerra Mondiale), si chiamava Piedimonte del Taiano. Del resto Podgorje vuol dire “ai piedi del monte”. Di quale monte parliamo? Dello Slavnik, l’Everest dell’Istria slovena, uno splendido e rilassante cupolone erboso alto 1.028 m. Sembrano pochi, ma da lassù si vede il mare. C’è una rete di sterrati che portano in cima e poi permettono di scendere verso Trieste o verso Povzane. Si vede bene Koper, col suo porto, da noi ben conosciuta come Capodistria, soprattutto da chi ha superato i 50 anni. Negli anni Settanta, infatti, i bambini italiani vogliosi di cartoni animati non avevano grandi scelte, ma c’era questo canale, Capodistria, che li mandava in onda parecchie volte al giorno. La salita sullo Slavnik da Podgorje presenta qualche tratto smosso e ripidello, mentre la discesa su Hrpelje è qualcosa di mai visto: un rettilineo sterrato di ghiaia fine, senza una buca, lungo 10 km e con una modesta pendenza media del 5%, costante, tutta dentro il bosco. Monotona, ipnotica, rilassante. Da qui Trieste è vicina. Si torna a casa.
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