Per cui inizia la mia maratona, con giro di boa a Milano, una grandissima serata e una calata notturna su La Spezia, sede di partenza della seconda tappa. Questa avviene esattamente a Porto Lotti, un luogo dove attraccano imbarcazioni di prestigio, come il trimarano Maserati Multi 70 con cui Giovanni Soldini sta continuando a battere record sulle traversate transoceaniche.
Alla partenza ci rilassiamo troppo e, quando ci rendiamo conto che siamo già ultimi, salta fuori che le mie due compagne di viaggio non hanno ancora fatto benzina. Passeremo così la giornata a raggiungere e superare gente ferma a bordo strada, per guasti di ogni genere, dai cavi spezzati del gas alle puntine di accensione che fanno le bizze. In generale si tratta di problemi di cui non soffrono le moto moderne.
Noi ce la caviamo con la Sei che fa sempre una faticaccia boia a mettersi in moto a pedale ma, almeno, ha smesso di fumare. Bianca in salita la deve tenere su di giri e inoltre inizia a soffrire fisicamente le sconnessioni dell'asfalto, perché le sue non sono sospensioni da maxienduro. Però la seconda tappa ci piace moltissimo: è quasi tutta su stradine secondarie, con continue salite e discese per gli Appennini.
Nonostante i problemi alla Benellona, Bianca riesce a superare i valichi Lagastrello (1.200 m), Ferrarino (899 m) e Sparavalle (973 m), da cui si vede la Pietra di Bismantova (1.041 m), montagna a forma di torre. Abbiamo una meta da raggiungere ad ogni costo, dovessimo anche caricarci la moto sulle spalle: è il punto pranzo di Sordiglio, al ristorante Tortelloterapia. Quando un posto ha quel nome, non ci sono grippaggi che tengano. Infatti ci fanno mangiare tortelli conditi in svariati modi e sembra di essere in paradiso.
La sei cilindri ha capito che doveva portarci fin qui, per cui dopo sbraca, complice la tortuosità della strettissima stradina che passa per Votigno. Questo è un borgo medioevale completamente restaurato, nascosto dentro una valle angusta: era stato edificato come punto di difesa del Castello di Canossa. Al centro si trova una scacchiera dove sarebbe possibile giocare a scacchi (con delle pedine enormi, vi avviso). Si tratta di un posto talmente isolato e tranquillo che dei buddisti vi hanno ricavato un monastero, inaugurato dal Dalai Lama.
Ma la nostra presenza si rivela letale, per la sua tranquillità, perché la sei cilindri pesarese inizia a perdere colpi, a sbuffare e a produrre scoppi simili a esplosioni di mortaio, che echeggiano per tutta la vallata. Sembra che sia giunta al capolinea della sua avventura. Ci si aggrega un partecipante in sella a quella che credo sia una BMW R 60/2 e, grazie anche alle sue spinte, riusciamo a superare il valico di Cavandola (600 m), a vista del Castello di Matilde di Canossa.
Si tratta dell'ultima asperità prima della Pianura Padana e del ritorno a Guastalla, che avviene tutto per deliziose stradine di campagna, ma Bianca resta a secco a Sant'Ilario d'Enza. Ha percorso 160 km con 23 litri, quindi stiamo parlando di un consumo di 7 km/litro, decisamente anomalo anche per una maxi degli anni Settanta. La benzina le viene offerta dall'altra moto a carburatori di questo quartetto, ovvero la BMW, dopodiché i problemi sembrano essere finiti e si arriva a Guastalla, ovviamente ultimissimi.
E credo che ci sia andata bene, perché un giro per moto d'epoca senza guasti mi sa che non avrebbe lo stesso sapore… Quelle soste a bordo strada con la moto che non va, col gruppetto di amici che studia il da farsi e pensa come affrontare il problema, credo che siano l'essenza di questo genere di eventi, che permette di rivivere come si viaggiava in passato. Quando, comunque, arrivare alla meta dopo un paio di riparazioni era pur sempre molto più veloce rispetto ai tempi della diligenza trainata da cavalli, no?