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09 November 2015

Il “pigrone” di San Pietroburgo

Prendete una Honda XR600R, tenete buono il motore e parte del telaio; aggiungete un avantreno Ural e una ruota posteriore da auto; recuperate in giro o fatevi da voi i pezzi mancanti e condite tutto in salsa bobber. A San Pietroburgo Mikhail Matveev l'ha fatto: ecco il risultato (foto e video)

Stancato dalla Motogp…

Da settimane non si parla d’altro. La querelle che vede protagonisti Valentino Rossi, Marc Marquez e Jorge Lorenzo tiene banco e infiamma gli animi degli appassionati, arrivando persino a coinvolgere chi di moto mastica poco o nulla. Gioco sporco in pista, sgomitate, dichiarazioni polemiche, scuse tardive, sanzioni e ricorsi al tribunale. Il titolo mondiale MotoGP 2015 è stato assegnato (a Lorenzo) ma la conclusione del campionato è sembrata sembra non avere più nulla a che fare con le qualità sportive dei piloti e quelle tecnologiche delle moto: tutto è passato nelle mani di giudici e avvocati, condotte in pista discutibili o quanto meno “sospette”, conferenze stampa al vetriolo… Sinceramente, non mi appassiona lo sport così. Per questo motivo volgo le spalle a Valencia e guardo nella direzione opposta. Per essere sicuro di lasciarmi alle spalle questo pandemonio, raddoppio la distanza. Tra la nostra redazione di Milano e Valencia ci sono, in linea d’aria, circa 1.000 km in direzione sud-ovest; misuro 2.000 km verso nord-est e arrivo a San Pietroburgo, Russia. Ecco, qui troverò certamente qualcosa per distrarmi.

Ho fatto una bella scoperta

Dal Palazzo d’inverno all’Hermitage, da una gita sulla Neva a quella fuoriporta fino al Constantine Palace: la città russa offre moltissimi spunti per una visita. Motociclisticamente parlando però non è molto ricca. Lassù la stagione buona per andare in moto è ridotta a una manciata di settimane l’anno, per il resto è neve e gelo. E poi le strade, fuori città, sono tutte dritte e maltenute. Eppure gli appassionati non mancano. Sono pochi, ma alcuni si danno da fare anche con le special. Diciamoci la verità: il gusto “ex sovietico” per le moto è indirizzato a supersportive e grosse touring o cruiser; qualunque cosa sia grande e potente. Se si parla di custom, poi, la visione dei russi non è propriamente affine a quella europea, ma si concentra su esagerazioni al limite della pacchianeria. Ma ci sono, per fortuna, delle eccezioni. Una officina in particolare ha acceso la mia curiosità: è la Kon’ Ogon’ (si legge così il nome in cirillico) e tradotto significa “cavallo di fuoco”. Ci lavora Mikhail Matveev che, con l’aiuto dei suoi amici, ha realizzato la Lazy Bones (perdigiorno, pigrone, in italiano), una piacevole e curata bobber; tanto semplice nelle linee quanto ingegnosa per alcune scelte tecniche. Ecco le foto, poi approfondisco.
1/23 Kon’ Ogon’ Lazy Bones: una bobber dalla Russia. la base motoristica è quella del monocilindrico di una Honda XR600R del 1986. Il telaio bianco mantiene alcune parti dell’originale (una porzione della doppia culla e il cannotto di sterzo), mentre dietro è tutto rifatto, con un forcellone monobraccio in d’acciaio con andamento “a banana” che lavora con un ammortizzatore quasi orizzontale sotto la sella. Ural, con forcella tradizionale con steli coperti e ruota da 19” con freno a tamburo integrato nel mozzo. Dietro invece la ruota è quella di un’automobile Opel con cerchio in acciaio. Il resto sono pezzi di recupero e auto costruiti.

Una special ben riuscita e sobria, per essere russa…

Partiamo dal motore, quello di una moto da fuoristrada: è il monocilindrico raffreddato ad aria di una Honda XR600R del 1986. Mikhail ne aveva due in officina e, tenendo buoni i pezzi migliori di entrambi, ne ha realizzato uno perfettamente funzionante e a punto. Tutto di serie, tranne l’aspirazione (i soliti cornetti K&N con rete metallica) e lo scarico, un originale padella piazzata sotto il motore che rimane nascosta e non appesantisce la linea della moto.
Il telaio, che risalta nel suo bianco candido, mantiene alcune parti dell’originale (una porzione della doppia culla e il cannotto di sterzo), mentre dietro è tutto rifatto, con un forcellone monobraccio in tubi d’acciaio di generosa sezione, con andamento “a banana” che lavora con un ammortizzatore quasi orizzontale sotto la sella, secondo uno schema Cantilever. Sempre in tema di sospensioni, davanti c’è un avantreno completo Ural, con forcella tradizionale con steli coperti e ruota da 19” con freno a tamburo integrato nel mozzo. Dietro invece la ruota è quella di un’automobile Opel con cerchio in acciaio. Il resto sono pezzi di recupero (serbatoio in due parti) e auto costruiti (sella e relativo supporto). Il risultato, a mio avviso armonioso e insolito, anche nell’accostamento cromatico, per nulla banale né villano, è un bel mix di classico e moderno. Bello!
Visto che ho fatto bene a venire fin quassù, a San Pietroburgo? Fatevi un’idea col video che segue…

Godetevi il video

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