ll motore non è fiacco ai bassi come certi 250 cc della concorrenza. Ha un buon tiro ed è divertente fino ai 9.000 giri indicati. Le piccole cilindrate ci piacciono perché permettono di usarle per tutto l’arco di erogazione, fino al limitatore, mentre con le grosse si deve controllare la potenza. Qui apri e vai via felice, sentendo la musica dei giri per tutto il suo spartito. Ma ciò che ci piace di più è la dolcezza ai bassissimi regimi, quando si riapre il gas uscendo da una curva sotto la pioggia: nessun on off, nessuno strappo, è un morbido motore di velluto. Durante i primi 10 giorni di prova non ha fatto altro che piovere e questa dote s’è rivelata molto preziosa, visto che manca il controllo di trazione. Sopra i 6.000 giri indicati, però, le vibrazioni su sella, pedane e manubrio diventano molto forti. Cambio e frizione vanno bene: il primo, leva corta a parte, ha gli innesti rapidi e precisi e una corsa normale, la seconda è modulabile. Il folle non è facile da trovare, le sei marce sono ravvicinate e la rapporta tura finale è corta. Come tutte le moto piccole, in città questa Zontes va molto bene, anche se non è il top sia per il modesto angolo di sterzo, sia per la combinazione di peso e sella “altina” per chi sta sotto il metro e settanta. In autostrada la protezione aerodinamica è sorprendente, ma le vibrazioni e i rapporti corti (in sesta, a 130 km/h effettivi, il motore urla a 9.000 giri) sconsigliano di andare oltre i 100 km/h. I consumi sono modesti, ma non da record (si sta tra i 20 e i 25 km/litro). In montagna la moto è molto divertente. La maneggevolezza e la posizione di guida rendono disinvolta la guida sui tornanti mentre, nelle curve veloci, quelle dove si arriva a toccare con le pedane, non ci si sente perfettamente a proprio agio. La moto è ferma di avantreno e gli pneumatici non hanno mai perso aderenza, ma c’è qualcosa che non dà fiducia. Però stiamo parlando di toccare con le pedane con un clima invernale e l’asfalto freddo. Ad andatura turistica la moto va benissimo. I freni all’atto pratico sembrano ottimi, come potenza e modulabilità, ma gli spazi d’arresto misurati sono i più estesi della categoria; però l’ABS Bosch 9.1 è eccellente, entra in azione discretamente solo quando serve. La forcella lavora bene anche in presenza di piloti caratterizzati da pesi molto diversi: è morbida ma non flaccida, in frenata affonda poco e assorbe bene le buche. Il monoammortizzatore invece andrebbe cambiato di default. Va immediatamente a fondocorsa e poi rimbalza con violenza. Buche e avvallamenti dell’asfalto vengono vissuti con una certa ansia e agire sulla ghiera di precarico non porta ad alcun miglioramento, anche con piloti leggeri. Secondo noi è l’unico difetto grave di questa moto. Riguardo alla connotazione Adventure, c’è solo nel look: il becco, le protezioni in tubi, il manubrio alto da enduro sono elementi stilistici ma, nel concreto, le ruote a razze, l’anteriore da 17”, la poca escursione delle sospensioni e il funzionamento del mono posteriore sconsigliano di fare fuoristrada con la T310.