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Prova Kove 450 Rally: come va la moto cinese che ha stupito alla Dakar

Abbiamo testato in anteprima l'attesa Kove 450 Rally vista a Eicma 2022 e che poi ha completato la Dakar con i tre piloti ufficiali. Si conferma un prodotto ben riuscito a livello tecnico quanto filosofico, sebbene un motore non brillantissimo. Arriverà a settembre. Ecco il prezzo e i suoi pregi e difetti

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La Kove 450 Rally assomiglia a ciò che abbiamo in testa da sempre e che nessuno ha mai realizzato: una moto da rally bassa di sella e con un motore turistico, in cui non devi cambiare olio ogni 1.000 km. Questa potrebbe essere una moto epocale. Perché, finora, le cinesi sono sempre state delle imitazioni economiche di mezzi già esistenti. Inizialmente erano delle baracche che perdevano pezzi, poi le hanno fatte meglio e sono diventate “le moto che ti fanno fare le stesse cose delle giapponesi e delle europee, ma con molti meno soldi”. Questa Kove 450 Rally invece è diversa, perché la sua tipologia non s’era ancora vista: è la prima che piace perché è unica. Forse è anche la prima moto cinese con cui fare i fighi al bar. Certo, è tipica nel fatto di essere fortemente ispirata a una moto europea, rispetto alla quale costa molto meno. Di nuovo invece c’è il fatto che si tratta della prima moto da rally pensata per un utilizzo quotidiano, quindi con tanto olio nel motore e intervalli di manutenzione “stradali”. L’enorme differenza sta nel fatto che chi compra le poche moto dakariane in commercio (la triade KTM/Husqvarna/GASGAS, le Sherco, le Honda RS di Simone Agazzi, la Fantic pronto gara) lo fa pensando esclusivamente a un uso rallystico: sono moto strettamente derivate dalle enduro racing, molto costose (più o meno, dai 23.000 ai 32.000 euro), che richiedono frequenti cambi dell’olio, sono molto alte da terra e sono scomode da usare tutti i giorni, o in viaggio. Fantic ha effettuato un primo passo in una direzione più fruibile: la versione base della sua XEF 450 Rally costa molto meno delle “pronto Dakar” (sui 16.500 euro), però monta pur sempre un mono “cattivo”, quello della Yamaha WR450F, che richiede una manutenzione assidua. La Kove 450 Rally di base costa 9.000 euro, ha un motore adatto a un utilizzo turistico/quotidiano e la versione base è disponibile con due livelli di corsa delle sospensioni: quella bassa si può definire come “la Beta Alp delle moto da rally”.

Come è fatta

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Il motore deriva proprio dallo stesso ZongShen della Fantic Caballero con la parte termica rifatta dalla Kove, distribuzione a doppio asse a camme in testa al posto della monoalbero, per arrivare ai 51 CV dichiarati all’albero a 9.500 giri/min. Contiene 1,8 l d’olio, il che fa ipotizzare il cambio olio almeno ogni 5.000 km (lo sapremo a settembre). Il telaio è un doppio trave in acciaio. Come sulle KTM, la struttura reggisella è un serbatoio in plastica (che tiene 15 l), mentre anteriormente abbiamo due serbatoi verticali che scendono dal cannotto di sterzo al paramotore (capaci ciascuno di 7 l). Sempre come sulle rally austriache, alle spalle del cannotto, sulla cresta montana che fa da spartiacque ai due serbatoi, c’è il filtro dell’aria, enorme, ellittico. La strumentazione è sorretta da una torretta di plastica. Le finiture convincono. I cerchi sono 21-18, con le canoniche misure 90/90 e 140/80 che permettono di montare pneumatici specialistici. La moto, di serie, esce con gomme tassellate “adventouring” adatte anche all’asfalto (e poco al fango). Le sospensioni sono completamente regolabili, la forcella ha steli da ben 49 mm. I freni a disco, anch’essi di marchi cinesi, hanno l’anteriore da 290 mm e l’ABS escludibile totalmente o solo dietro.

Il peso rilevato sulla bilancia di Pelpi è di 147 kg senza acqua, olio, benzina e batteria (che sulla versione italiana sarà al litio). C’è da ipotizzare un 149 kg reali senza benzina e 171 con il pieno. La sella è posta a 960 mm effettivi da terra, che sono tanti, ma la distanza dalle pedane è di appena 550 mm. Sono anche un po’ avanzate. Crediamo che la Low sia perfetta per la statura contenuta dell'eclettico proprietario di Kove Zhang Xue, mentre chi passa il metro e ottanta desidererebbe il manubrio più alto e le pedane più basse.

La moto è disponibile in tre versioni: Low, High e Pro. Le prime due sono identiche tra loro e differiscono soltanto per la corsa alla ruota delle sospensioni: forcella da 255 o 305 mm, posteriore da 250 o 300. Questa possibilità di scelta ci sembra meravigliosa. 250 mm bastano e avanzano per il fuoristrada avventuroso non agonistico e permettono di toccare meglio per terra; ma se uno è abituato ad andare forte e non è preoccupato dall’altezza, c’è quella da 300. Entrambe costano 8.990 euro. La Pro è la versione pronto Dakar e differisce per la torretta in fibra di carbonio con porta road book, per le sospensioni più raffinate (la forcella ha la cartuccia) e per lo scarico in titanio privo di catalizzatore, che permette di arrivare ai 54 CV. Quanto costa? Non si sa ancora, ma è chiaramente un’informazione di grandissimo interesse, perché abbiamo avuto la prova che questa moto è in grado di finire la Dakar. Si parla di un 15.000 euro, che sarebbe un prezzo record.

Abbiamo avuto l'opportunità di fare un primo assaggio, guidandola tra la sede di Pelpi (che la distribuisce) ad Arosio e la pista da cross di Ceriano Laghetto (MB). Anche se avremmo voluto testarla alla HAT Extreme 1000... Comunque: l’avviamento è prontissimo. Il motore non è rumoroso di scarico, ma lo è di aspirazione. Aprire il gas e tirare le marce è esaltante, ma alla lunga potrebbe stancare. Dipende sempre da come si valuta questa moto: rally o moto totale avventurosa? Su asfalto l’incedere è stupendo, come capita sempre su moto dalla postura eretta e dalla sella altissima. Il motore non è il classico mono racing che pulsa ai bassi e dà la botta di potenza per salire sui gradini. Inizia a girare regolare verso i 3.000 giri ed è molto fluido, ma ai bassi è poco potente. Va tenuto sopra i 5.000 giri per dare il meglio e arriva rapidamente ai 10.000. La versione italiana avrà una mappatura diversa, questo come detto è stato soltanto un assaggio. La frizione è morbidissima e modulabile, così come il cambio, con innesti molto precisi e poca corsa, però le sei marce sono lunghe: in sesta strappa sotto ai 75 km/h e nella pista da cross faceva fatica a uscire dalle curve in seconda. L’avantreno è leggerissimo, ma in autostrada è stabile. In curva su asfalto si entra come missili e le gomme non disturbano la piega, a differenza di quelle racing. I freni sono buoni, bisogna strizzarli parecchio per decelerare bene. Non si avverte calore tra le gambe, ma arriva aria calda su dal cannotto di sterzo. Le vibrazioni sono contenute fino ai 7.000 giri, ma anche oltre non sono fastidiose. La carena non protegge tanto: l’aria arriva, ma parecchio smorzata e non crea turbolenze neanche ai 130 km/h autostradali.

Grazie all’ex pilota Fabrizio Premi, un tempo collaboratore di Motociclismo, abbiamo beneficiato dell’esperienza di un tester di prestigio, Emanuele Alberio, che corre anche nel Mondiale cross proprio con le 450 mono. “Non ho mai guidato una moto che non fosse da cross, in pista – ci ha detto – e avevo quasi paura a usare questa, ma mi ha lasciato di stucco”. In effetti, già al primo giro chiudeva i panettoni saltandoli per intero. “Il motore mi ha un po' deluso, ai bassi spinge poco, devo sfrizionare, va tenuto molto alto per saltare, ma le sospensioni e il bilanciamento in volo mi hanno veramente stupito. Pensavo che tendesse ad atterrare di punta, o che fosse lenta da far girare. Incredibile. Mi fa venire voglia di passare ai rally, quando sarò troppo vecchio per il cross”. Ma anche i non crossisti, che sono abituati ai sentieri e alle sterrate e non alle piste, come il sottoscritto (Mario Ciaccia), l’hanno apprezzata. Qui infatti il fondo era pieno di canali, che stancano e mettono in difficoltà chi non è abituato, ma la moto dava sicurezza. Non scartava, assorbiva tutto. In piedi è abbastanza stretta tra le gambe e migliora molto spostando il manubrio in avanti. Come tutti i mono sotto ai 150 kg, infonde quella tipica sicurezza dovuta al fatto che gestisci il peso, i cambiamenti di inclinazione e le perdite di aderenza senza fatica e senza cadere, mentre con le bicilindriche è una lotta continua, se il fondo è scivoloso.

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