Sul “Circuit du Var”, a Le Luc (FRANCIA) abbiamo messo a confronto le cinque supersportive 600 dell’anno: Honda CBR600RR, con sospensioni troppo stradali, Triumph Daytona, ottima nel motore ma migliorabile nella ciclistica, Suzuki GSX-R 600, con ergonomia più stradale che da pista, Yamaha R6, iperspecialistica. La Kawasaki ZX-6 è la migliore per equilibrio generale.
Comparativa 600
COMPARATIVA 600 Sul “Circuit du Var”, a Le Luc (FRANCIA) è di nuovo
protagonista una verdona di Akashi. Dopo la ZX-10R che vinse la comparativa
1000 a Laguna Seca (Motociclismo 04/2008), un’altra Kawasaki diventa regina
della propria categoria, in virtù di un ottimo equilibrio generale. E ancora
una volta, la vincitrice trova sulla sua strada una Yamaha, l’R6 in questo
caso, che per una manciata di centesimi le toglie la soddisfazione del
giro veloce. Segue Triumph, che ha donato alla Daytona il motore più potente
del lotto ma paga una ciclistica non a livello delle due giapponesi che
l’hanno preceduta. Honda arriva subito dopo, con la sua grande novità
2009: il primo ABS sviluppato anche per la guida in pista pur se convince
di più su strada. Suzuki taglia il traguardo per ultima, nonostante un
ottimo motore e freni molto potenti: è rallentata da un setting di sospensioni
e da una posizione di guida troppo stradali. Come coperture abbiamo scelto
le Pirelli Diablo Supercorsa in mescola SC2.
Honda
HONDA La moto della Casa dell’ala suscita il desiderio di tutti i
tester di capire come si comporta in staccata. È l’ABS la novità più
rilevante
della CBR600RR ’09; le poche modifiche al
motore non ne
snaturano il compromesso tra spinta ai medi e agli alti
che l’aveva
già fatto apprezzare l’anno scorso. Rispetto all’impianto
frenante
tradizionale si è persa un po’ di modulabilità, mentre
rimane
molto buona la potenza. Tre piloti su cinque (quelli che non utilizzano
il freno posteriore) non avvertono l’intervento
dell’antibloccaggio,
anche guidando al limite. Chi invece nota la differenza sono
i due piloti che usano il freno posteriore per correggere le traiettorie
e aiutarsi negli inserimenti. Frangenti in cui avvertono
un limitato effetto autoraddrizzante. A fine giornata, i tester
saranno concordi nel dire che in condizioni di pista asciutta
l’ABS,
pur funzionando in modo impeccabile, non offre vantaggi in
termini di tempo sul giro. Anzi, l’aggravio di 10 kg ruba un
po’
della maneggevolezza che è tra i punti di forza della versione
standard. Rimane immutata la “facilità” del pacchetto
ciclistica-motore:
la CBR è immediata e sincera, e permette di tenere un buon passo
fin da subito. La taratura standard delle sospensioni è un po’
troppo morbida; le pedane strisciano presto sull’asfalto e
la posizione di guida è fin troppo stradale.
Suzuki
SUZUKI La GSX-R 600 perde rispetto a Honda 1,2 secondi al giro.
Voluminosa
e accogliente, assomiglia alla CBR600RR per
quel che riguarda
la comodità in sella. Grazie alla sua posizione di
guida per
nulla affaticante si possono inanellare diversi giri tirati senza
fatica, ma è anche vero che una posizione più sbilanciata
in avanti, sicuramente più ostica su strada, restituirebbe un miglior
feeling con l’avantreno. Di stampo stradale è anche il setting
di serie delle sospensioni, che in pista risultano sfrenate;
la moto si “siede” in accelerazione e l’affondare in
modo repentino
della forcella non consente di sfruttare a fondo l’ottima
potenza
e modulabilità dell’impianto frenante. La GSX-R 600 non fa
rimpiangere
le migliori avversarie per quel che riguarda il motore: ha
un buon tiro già oltre i 6.000 giri, e dà il meglio di sé da
8.000 a 15.500 giri indicati, arco in cui sfodera un’erogazione
particolarmente
sfruttabile e un’ottima potenza. Si dimostra rapida e neutra in
inserimento, ma da metà curva in poi richiede di essere condotta
con forza per “chiudere” le traiettorie.
Triumph
TRIUMPH Conosciuta per l’agilità che ha sempre
messo in mostra
e per la coppia del motore ai medi regimi, la Daytona
guadagna
solo il terzo gradino del podio. L’inglese è precisa in inserimento
e
abbastanza rapida nel raggiungere la corda, ma a dispetto di
quote ciclistiche del tutto simili a quelle di Ninja ed R6 non
riesce né a curvare altrettanto stretta né a mantenere con la stessa
precisione la traiettoria impostata, soprattutto da metà curva
in poi. Il suo tre cilindri, rispetto ai quattro delle
“jap”
mantiene un grande vantaggio di coppia ai bassi e medi regimi;
questo dà una grossa mano e lo rende in assoluto il più piacevole
per i piloti meno esperti, ma quando si è in pista con piloti che
riescono a guidare le quattro cilindri tenendo il motore in
coppia, il vantaggio che la Daytona riesce a guadagnare in uscita
di curva grazie alla sua prontezza si riduce a un paio di metri.
E viene ricucito dalle “jap” al successivo cambio
marcia,
in virtù dell’allungo superiore dei quattro cilindri.
Yamaha
YAMAHA La supersport di Iwata, rispetto alla Kawa, è
stata un
filo più veloce guidata dal nostro Tester A (il pilota), e
un
filo più lenta guidata dal Tester B
(l’amatore). La R6 è una
moto esaltante come nessun’altra, ma richiede una capacità che
pochi possiedono per essere portata al limite: è la più vicina
ad una moto da corsa. Fulminea nello scendere in piega e
nel raggiungere la corda, ha una scorrevolezza senza paragoni in
percorrenza (grazie al limitato freno motore) ed è precisissima
nel mantenere la linea. Come la ciclistica, anche il motore
è esaltante (incredibile il suo allungo), ma ha bisogno di esperienza
per essere sfruttato al meglio. Sopra i 10.000 giri, complici
anche i rapporti del cambio molto ravvicinati, tiene senza
problemi
il passo del quattro della Ninja (più potente e con un’erogazione
più corposa), ma sotto questo regime è il più “vuoto”
del
lotto. L’impianto frenante della R6 ha l’anteriore dolce nella
risposta,
ma per ottenere una decelerazione decisa bisogna tirare molto
la leva; il posteriore, al contrario, tende a bloccare con troppa
facilità la ruota.
Kawasaki
KAWASAKI Il primo punto per cui la Ninja è risultata migliore della
R6 è la staccata, dove la verdona è il punto di riferimento
assoluto.
Ottima potenza frenante, altrettanta modulabilità, stabilità
eccellente
e una frizione antisaltellamento particolarmente a
punto fanno
guadagnare alla Kawa decimi e metri su tutte le avversarie.
In inserimento solo la Yamaha riesce a farsi sotto di nuovo, ma la velocità
con cui la ZX-6R scende in piega e prende la corda è di poco inferiore
a quella della R6. E in uscita di curva, il quattro di Akashi spinge forte
già dagli 8.000 giri. La Ninja guadagna il gradino più alto del podio grazie
al suo equilibrio generale; l’ergonomia in sella è idonea alla guida in
pista senza risultare affaticante, l’avantreno trasmette sempre tantissima
sicurezza, il motore spinge forte e la ciclistica, seppur non agilissima,
è sempre neutra e precisa.
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