La mattina seguente il primo pensiero è noleggiare un paio di stampelle.
Ma poi, in moto, dove le metto? Al diavolo, ci penserò dopo. Ora devo andare
a prendere Alessio Barbanti all’aeroporto; salendo in moto mi succede
una cosa strana: pensavo di soffrire, invece con la gamba piegata guido
benissimo. Arrivo all’aeroporto, mi fermo, faccio manovra per
parcheggiare,
perdo un attimo l’equilibrio e, per non cadere, istintivamente distendo
di colpo la gamba.
Sento come rompersi qualcosa dentro al ginocchio mentre un lampo di dolore
mi obnubila la mente ma, come d’incanto, la gamba ritorna dritta. Salutato
Alessio, affittiamo l’auto d’appoggio.
Facciamo per partire, ma il motorino d’avviamento è muto: il pulsante
di massa fa i capricci, forse danneggiato durante il trasporto
dall’Italia.
Lo smonto e faccio contatto direttamente con i fili per partire. Poi arrivano
i fiori, le colline verdi, le montagne più alte dalla tinta brunita: non
sembra certo l’Africa che m’immaginavo. L’Aprilia CapoNord, è
una favola.
Il cielo all’orizzonte si fa scuro, minaccioso. Mi fermo a mettere i
pantaloni
imbottiti. Inizia a piovere. L’asfalto diventa subito una lunga striscia
saponosa, ogni sorpasso diventa un po’ come una roulette russa. Per
fortuna
la “millona” Aprilia non è brusca nel trasmettere la potenza a
terra,
e così non ci sono sorprese quando si da’ troppo al gas. Arriviamo al
primo bivio ma, sorpresa, la strada prosegue sterrata! Viaggio tra i 120
e i 140 km/h costanti. In Italia sarebbe impensabile una simile velocità
su questo fondo, ma qui è normale. A un certo punto viene giù troppo forte
e ci fermiamo nel cortile di una fattoria dove aspettiamo che spiova un
po’. Ripartiamo, e dopo dieci minuti il cielo si oscura completamente.
Ai bordi c’è fitta vegetazione, ho paura che mi spunti
all’improvviso
un animale selvatico. La benzina inizia a scarseggiare, troviamo un cartello
che indica un letto deviando a 20 km, ma siamo ancora lontano ed è troppo
rischioso allontanarci così. Proseguiamo e finalmente oltrepassiamo le
montagne, imboccando di nuovo la strada principale dove, poco dopo, la
cartina segnala un distributore (Solitaire) che è attrezzato con dei posti
letto. La nostra stanza è una baracca rotonda in lamiera che ospita però
due letti accoglienti.
La mattina dopo, sveglia alle cinque, tazza
di caffè con fetta di torta e via. Attorno sembra Irlanda: manti d’erba
alta e argentata si piegano alla brezza mattutina, formando colline tonde
come cuscini. Poi arrivano montagne rocciose dapprima nere e poi rosse,
di seguito ancora più scure: non ho mai visto un paesaggio tanto mutevole
nell’arco di pochi km. La CapoNord è un orologio: tra le maxi enduro è
la più bilanciata, quella che ha la resa migliore per compromesso tra
prestazioni
e facilità di guida. Apprezzo la silenziosità del bicilindrico mille, anche
se continuo a pensare che il suo fruscio della distribuzione non rende
giustizia alla potenza del mezzo. La temperatura sale e dai fianchi della
CapoNord, specie quello sinistro, esce abbastanza calore. Ma questa, forse,
è l’unica “pulce” (non si può definire certo un difetto) che
riesco
a trovare a questa moto. La CapoNord è veramente centrata, si guida bene,
entra rotonda in curva e ne esce altrettanto fluidamente. L’avantreno
è solido, i due “pali” Marzocchi da 50 mm sono una garanzia e la
taratura
delle sospensioni è un buon compromesso fra il confort e ciò che ci vuole
per la guida spinta. Sulle compressioni in velocità il retrotreno tampona
abbastanza facilmente, ma le cose migliorano indurendo il precarico della
molla (vista la comodità della manopola, riesco a farlo perfino in movimento).
Il raggio di sterzata è ottimo: la ETV è
grossa, ma regala manovre disinvolte. Intanto arriviamo al Parco: bisogna
pagare pochi dollari namibiani (circa 300 lire l’uno) ed entriamo (uscita
obbligatoria alle 18,00 però). Stupore, la strada è asfaltata. Va dentro
per circa 50 km, ma poi finisce e bisogna farla a ritroso. Arriviamo alla
zona sterrata quando il sole inizia a scendere e i colori si ravvivano:
è il momento di scattare la copertina! Trovo il pendio giusto e inizio
la giostra: curvoni di seconda piena di traverso. Alla fine però mi appoggio
per terra e una volta rialzata, la moto non riparte più. Siamo sulla sabbia
soffice, dobbiamo ancora scattare e per di più i cancelli chiudono fra
un’ora. Spariamo scatti su scatti, ma il tempo stringe: restando solo
15 minuti e il cielo si fa scuro. Tiriamo come pazzi: a 170/180 km/h la
CapoNord fila precisa, stabile, e la frenata pronta mette addosso sicurezza.
Il
nostro test in Italia
Ultimo giorno. Sveglia di nuovo alle cinque.
La CapoNord ha un’ergonomia perfetta: la sella anatomica è imbottita il
giusto, le pedane sono centrate e il manubrio flette le braccia di quel
tanto che serve per sentirsi padroni della guida. Con questo assetto macino
chilometri su chilometri senza accusare stanchezza. E’ incredibile, il
paesaggio continua ancora a cambiare. Si attraversa anche un grande canyon,
solcato da un fiume in secca, per poi “planare” su una serie di
colline
che sembrano ricoperte di velluto come il green di un campo da golf. Tornati
in pianura provo, per pochi attimi, a fare una puntata oltre i 200 km/h
indicati. Non mi era mai capitato di fare una simile velocità su sterrato.
Alessio sta staccato, così non ci facciamo polvere, e questa volta mi segue
con una tanica di rimedio colma di carburante. La spia arancione della
riserva è accesa da troppo, se rimango asciutto poi diventa più laborioso
accendere la moto a spinta e così mi fermo ad aspettare il mio compagno.
Mi preoccupo e mi accuccio per terra ad aspettarlo. Inizio a pensarle tutte,
anche le più brutte. Si ferma un pulmino: scende una guida e mi dice che
il mio socio sta bene, ma ha danneggiato l’auto e non può proseguire;
tuttavia, avendo trovato soccorsi, mi conviene aspettare.
Ci mancava anche questa… Poco dopo Alessio arriva con una famiglia
tedesca,
ha con sé tutti i bagagli impolverati (sono volati fuori dall’auto) tranne
la tanica che nel volo si è svuotata. E’ panico. Ora come faccio? Arrivano
delle moto. Le fermo, chiedo due litri di benzina: me li danno. E adesso,
come accendo la CapoNord? Non c’è altra soluzione: salgo su una Triumph
Tiger e spingo Alessio che guida l’Aprilia con il piede, pratica da
vecchio
endurista. Giungiamo in piccolo aeroporto dove possiamo noleggiare
un’altra
auto, distendere i nervi e ripensare ai bellissimi 1600 chilometri
percorsi…