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Il Motociclismo che faceva sognare: Ekerold, Becheroni, Paci

Immaginate un campionato italiano di MotoGP: c’era, negli anni ‘70 e ’80, quando in 500 velocissimi piloti privati sfidavano i campioni del mondiale. E a volte anche nei GP iridati, dove non mancavano i privati “pro”, come il sudafricano capace di vincere il mondiale della 350. Che storie!

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L’ultimo numero di Motociclismo d’epoca mi ha fatto palpitare “sbloccando” come si dice oggi i ricordi, anzi i sogni di bambino. Si parla di Leandro Becheroni, recentemente scomparso, e del sudafricano Jon Ekerold, per anni tra i migliori dei piloti privati, tanto da conquistarsi nel 1982 un contratto da “ufficiale”, con la Cagiva: essendo nato nel 1946, ha 35 anni suonati. E fa la storia della Casa varesina: è suo il primo punto iridato di Schiranna, conquistato con il decimo posto al GP di Germania a Hockenheim. Due anni prima, il sudafricano aveva vinto il mondiale della 350 con la Bimota, primo ed unico privato della storia. Per correre in moto aveva compiuto sacrifici enormi, anche fisici e personali e anche quando era già un pilota affermato, pur se non ancora vincente: nel 1978, tanto per dirne una, corre una gara non titolata, su un circuito stradale olandese soltanto per convincere lo sponsor a supportarlo anche l’anno dopo; cade e si frattura malamente entrambe le costole. In ospedale gli mettono due piastre in titanio, una per clavicola, e il giorno dopo parte per la Jugoslavia, dove è in programma il GP iridato il fine settimana seguente. Con due impressionanti ferite chiuse con i punti, parte per la gara, sale fino al quinto posto quando il suo motore si rompe, insieme al piatto tibiale della sua gamba. Indomito, si mette sul furgone torna in Olanda a farsi sistemare dallo stesso ortopedico che l’aveva operato una settimana prima e dopo un mese appena è in Svezia a tentare di qualificarsi per il GP locale, senza riuscirvi. Dopo una settimana, è in Finlandia, si qualifica e in gara risale al primo posto sotto la pioggia battente, ciononostante si ritira per evitare di cadere di nuovo con esiti disastrosi. La fine stagione è un calvario, tanto che nel 1980 nessuno pensa di rivederlo nel mondiale. Invece, torna e vince il campionato. Tutto questo, senza contare che corre da sempre menomato alla mano sinistra: alla seconda gara dopo il suo arrivo in Europa, nel 1975, gli resta sotto la moto in una scivolata. Il risultato è il pollice quasi completamente amputato, l’indice con una falange in meno e il medio sistemato alla bell’e meglio.

Becheroni, “junior” di 27 anni

Leandro Becheroni si mette in mostra nel 1977 vincendo il Campionato italiano Juniores con una Bimota SB1: passa così nei Senior (le categorie dipendevano dall’età, ma anche dai risultati) e nel ’78 già debutta nel mondiale, con una Suzuki ovviamente privatissima; accade al GP del Venezuela, dove con un po’ di fortuna prende anche punti (7°, seppure staccato di sei giri dal vincitore). L’anno dopo disputa altri due GP iridati e vince l’Italiano 750 su Yamaha. Risultati che gli aprono le porte del Team Italia per il 1980, con i cui colori vince il Campionato Europeo Classe 500. Nell’83 vince di nuovo l’Italiano Senior e l’anno dopo è di nuovo 7° in un GP mondiale, quello di San Marino al Mugello. Nonostante i risultati, il pilota toscano non riuscì mai ad ottenere un ingaggio ufficiale, che gli avrebbe probabilmente consentito di correre con la mente più sgombra e di arrivare ogni tanto a quel limite rispetto al quale, per sua stessa ammissione, si teneva sempre mezzo gradino sotto: lo faceva per evitare di far fronte a danni che lo avrebbero probabilmente costretto a chiudere l’attività agonistica. Attività che Becheroni aveva interrotto nel 1988, dopo aver disputato tra l’altro 43 GP mondiali.

Alcune cose mi hanno colpito nel ricordare la storia di questi due piloti, campioni dal punto di vista sportivo e no: la feroce determinazione di Ekerold, campione del mondo nonostante tutte le difficoltà e capace di non arrendersi di fronte ad alcuna avversità, oltre che disposto a sacrificare persino la famiglia (aveva moglie e due figlie); di Becheroni, il fatto che avesse debuttato in 500 a 27 anni di età, quando nel motociclismo di oggi si è già fatto molto, se non tutto. E, nei casi di entrambi, che nei GP di allora si corresse il rischio di non qualificarsi. E non soltanto nel mondiale, ma anche nel Campionato Italiano! Dove, peraltro, perfino la Classe regina, la 500, era divisa tra Junior e Senior in base ad età e risultati. E lo stesso, più o meno, accadeva nell’Europeo.

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Guido Paci, tre volte pilota

Per la serie: trova le differenze (con oggi). Semplice: c’erano un sacco di moto! Anche una 500, il massimo delle prestazioni e della tecnica disponibile, si comprava dal concessionario. Provate a immaginare se oggi un pilota privato potesse comprare una MotoGP! Sta di fatto che nel campionato italiano correvano in 30, e c’era la possibilità di non qualificarsi. Un amatore poteva sentirsi un campione, e quando capitava, se le finanze lo consentivano, addirittura disputare una prova mondiale. Un Becheroni si confrontava nelle gare nazionali con campioni come Lucchinelli e Uncini, e nel GP d’Italia con gente come Sheene e Roberts. Ed era così non soltanto in 500, ma anche nelle classi minori, che pure avevano i loro specialisti. Figura ormai scomparsa: oggi si parte dalla Moto3 per passare alla Moto2 e poi finire in MotoGP. Dove però i posti sono molto limitati, e quindi c’è il rischio di finire la carriera lì, o al massimo riciclarsi in Superbike, se va bene, o categorie minori. A rischio di apparire nostalgico, mi spingo a dire che l’elemento sportivo allora era molto più presente, e importante, di oggi. Il pilota “della domenica” correva per passione ed era un vero protagonista. Penso per esempio al povero Guido Paci: di professione… pilota, ma di caccia dell’Aeronautica Militare, e di diletto pure, con moto e bob. Era velocissimo, tanto che Honda Italia lo mise sotto contratto affidandogli una delle RS500R derivate dalla moto iridata l’anno prima con Spencer. Che lui dipinse di rosa, il suo colore. Paci era completamente calvo, aveva i baffi da tartaro ed era velocissimo, tanto da mettere paura agli ufficiali del mondiale. Un vero personaggio, la cui carriera purtroppo terminò, insieme alla sua vita, alla 200 Miglia di Imola di quarant’anni fa, tradita proprio da quella moto importante mentre era in lotta per il secondo posto con Lucchinelli e Uncini. Le gare di Campionato Italiano erano combattutissime, perfino la RAI se ne accorgeva e per gli appuntamenti più prestigiosi a volte c’era anche la diretta TV.

Dopo il 1985, con la vittoria di Franco Uncini, il Campionato Italiano della 500 cala in prestigio e partecipanti, essendo disputato negli ultimi anni in prova unica a Vallelunga, ma nell’albo d’oro figurano nomi di tutto rispetto, come quelli di Biliotti, Chili e Papa.

Quando vedo griglie del mondiale con 22 moto, non riesco a non ripensare a quando da ragazzino leggevo cronache di gare nazionali della 500 con 30/40 moto al “Via!”; e piloti come Becheroni, come Paci e come Ekerold, eroi di un motociclismo che faceva sognare.

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