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Motoairbag: com'è fatto e come funziona

L’airbag per motociclisti è un sistema di protezione avanzato e sicuro. Ecco com’è fatto e come funziona il modello Motoairbag: esteso fin sopra il collo, con attivazione meccanica e ricaricabile anche a casa

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Motoairbag

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Noi motociclisti indossiamo (quasi) sempre una giacca tecnica, i guanti, le scarpe con le protezioni. Ci manca ancora un grande passo: inserire nel nostro corredo l’airbag. La tecnologia corre più forte delle abitudini, e l’airbag, che offre un grado di sicurezza molto alto, non è ancora nei nostri pensieri. Abbiamo capito che è un’invenzione straordinaria, ma pochissimi lo indossano abitualmente. Ma “perché guidare la moto correndo rischi inutili?”, ci dice Fabio Colombo, amministratore di Motoairbag. “L’airbag esiste da vent’anni, è una tecnologia matura, sicura, ci può salvare in numerose situazioni, perché non usarlo?”. Osservazione sacrosanta.

Quindi, dopo aver presentato gli airbag elettronici di Alpinestars, Dainese e Ixon (Motociclismo 11/2019), approfondiamo l’argomento focalizzandoci questa volta su un modello ad attivazione meccanica, quello appunto di Motoairbag. Perché è meglio l’airbag? La differenza tra i protettori rigidi e gli airbag è che i primi distribuiscono l’impatto su una superficie più ampia, abbassano la pressione ma non hanno grandi doti di assorbimento; un airbag invece dissipa l’energia dell’impatto con la deformazione, quindi ha una capacità di assorbimento molto maggiore.

I test di impatto delle protezioni si eseguono con dei sistemi che misurano quanta forza attraversa il protettore: quelli rigidi si classificano in livello 1 e livello 2, con forza massima trasmessa rispettivamente di 18 kN e 9kN; per gli airbag, invece, gli stessi livelli sono stati portati a 4,5 kN e 2,5 kN, decisamente bassi. Le sacche Motoairbag, perché scelte di grande volume, trasmettono alla schiena una forza da 1,4 a 0,8 Nm. Un esempio molto semplice ci fa capire quanto i due sistemi siano diversi: una delle prime prove spettacolari che veniva fatta (oggi non più) per mostrare le doti protettive del Motoairbag era dare un colpo fortissimo con la mazza da baseball sulla schiena del volontario che indossava un airbag (gonfio); lui non sentiva nulla, a parte la spinta. Immaginate la stessa cosa con la sola, effimera protezione della sola giacca senza paraschiena...

Qualunque tipo di airbag è costituito da tre elementi: il “trigger”, cioè il sistema di innesco; un generatore di gas; una sacca. Ciascuno di essi svolge un compito importante quanto complesso: il trigger deve “capire” cosa sta succedendo e innescare il gonfiaggio appena riconosce un incidente; il generatore di gas deve rilasciare il volume d’aria che serve per riempire la sacca; quest’ultima si deve gonfiare rapidamente.

Queste tre operazioni avvengono in un tempo brevissimo, si parla di millisecondi, perché ovviamente le protezioni devono essere gonfie prima dell’impatto. Si comprende quindi come ogni componente debba essere attentamente progettato, per assicurare l’istantaneità dell’intervento, per non entrare in funzione quando non serve e per essere affidabile, oltre che facile da gestire dal motociclista.

Motoairbag è nata nel 1997 con un primo prodotto progettato in collaborazione con il Politecnico di Milano. Il primo problema da risolvere fu come gonfiare le sacche. All’epoca la tecnologia già esisteva, ma era mutuata dal mondo delle auto e il sistema di produzione dell’aria in pressione era di tipo pirotecnico: una carica esplosiva genera una forte pressione, però con gas a temperature troppo elevate (circa 800 °C). Un sistema inadatto a gonfiare una sacca che deve essere a contatto con il corpo.

Il primo passo è quindi stato trovare il modo di produrre una detonazione fredda. Problema risolto con una cartuccia, oggi caricata con una pressione variabile tra gli 80 e i 100 bar (dipende dalla temperatura esterna). Poi occorreva scegliere il meccanismo di innesco. Allora le piattaforme inerziali erano ancora riservate ad applicazioni speciali, e non certo miniaturizzate come oggi: si optò quindi per un sistema meccanico, il classico cavo, poi mantenuto fino a oggi per precise scelte tecniche che andremo a spiegare. Il meccanismo che aziona il sistema Motoairbag, cioè il generatore di gas, è costituito da una molla e da un “pistoncino” con in testa un punzone, disegnato per tagliare in modo efficace la membrana che chiude la cartuccia del gas.

Funziona in due fasi: nella prima si comporta come il percussore di un’arma; nella seconda come un pistone di una moto a due tempi. Quando il sistema è armato la molla è completamente caricata, ed esercita una forza di 100 kg. Il cavo che collega il gilet alla moto, il trigger, funziona come il grilletto di un’arma da fuoco: quando viene tirato (con una determinata forza, calcolata per non generare inopportune attivazioni) rilascia il fermo che tiene la molla: questa parte immediatamente lanciando il pistoncino contro la testa della cartuccia. A questo punto il cuneo taglia la membrana che la sigilla, consentendo al gas di fuoriuscire. Compresso a 100 bar ha una reazione esplosiva, espandendosi a una velocità di circa 1.250 km/h e generando una forza che spinge indietro il pistoncino, così da liberare un’apertura che possiamo considerare come la luce di scarico di un motore a due tempi; da qui esce l’aria che gonfia la sacca.

Il ritorno del pistoncino contro la molla assorbe inoltre il rinculo generato dal violento flusso del gas. Questa sequenza di operazioni è rapidissima: in 80 millisecondi le due sacche (dorsale e pettorale) sono completamente gonfie e pronte a proteggerci dall’impatto.

In precedenza il Motoairbag era azionato da un semplice cavo, arrotolato a molla per restare aderente al corpo. Per sbloccare il trigger in caso di caduta si doveva estendere tutto, quindi agiva con un certo ritardo. Dallo scorso anno è disponibile un sistema avanzato, denominato Fast Lock, che funziona con il principio della cintura di sicurezza delle auto: il cavo è arrotolato dentro un rocchetto, se viene tirato normalmente, si estende permettendo i movimenti (è anche possibile guidare in piedi), se invece viene strattonato, cosa che avviene in caso di una caduta o di un tamponamento, la corda si blocca e aziona l’airbag. Oltre al comfort e alla libertà dei movimenti questo sistema è più veloce del precedente perché, per fare scattare il meccanismo di gonfiaggio dell’airbag, il cavo di collegamento non si deve estendere completamente, ma basta una variazione di 3 cm.

Il tempo di intervento è di 5 millisecondi e il campo di riconoscimento è di 360° (cioè riconosce un urto o caduta da qualsiasi angolazione, come mostra il grafico nel box delle pagine seguenti); dopo lo sgancio l’airbag si gonfia in 80 millisecondi. Il Fast Lock si aggancia con un moschettone in un occhiello che va montato sul lato destro della sella.

Pur commercializzando solo il sistema meccanico, Motoairbag ne ha sviluppato anche uno elettronico, che funziona con lo stesso principio del pistoncino col punzone. In questo caso il sistema è azionato da una carica pirotecnica e, mancando il cavo, è controllato da un software che analizza le varie situazioni rilevate da un sistema inerziale e agisce di conseguenza, facendo gonfiare l’airbag se identifica un incidente.

L’Azienda ha studiato pure un sistema ibrido, che funziona sia con l’elettronica sia con il cavo. Si tratta di un sistema doppio, e ha senso soprattutto nelle competizioni, perché quando si guida in pista il cavo non è gradito e si preferisce usare l’innesco elettronico.

In tema di sacche ci sono varie scuole di pensiero. Ci sono quella della sacca piccola, gonfiata a una pressione maggiore, e quella della sacca di maggior volume gonfiata a pressione più bassa. Poi possono essere realizzate in varie forme, più ampie, che avvolgono tutto il busto o la schiena, oppure più strette; altre che sostengono il casco, o che coprono la spalla.

Motoairbag ha una operato una scelta singolare: Innanzitutto usa sacche di grande volume gonfiate a bassa pressione (0,4 bar), quindi inadatte ad essere indossate sotto la giacca. In secondo luogo ha due sacche distinte, con due generatori di gas separati: una che protegge la parte anteriore, il torace scendendo fino all’addome (da 10 litri), e una deputata a difendere la schiena, dalla zona sacrale alla cervicale (da 15 litri). In caso di incidente si gonfiano entrambe, anticipando quello che è coinvolto per primo; per esempio in caso di scontro frontale si aprirà prima l’airbag anteriore, poi il posteriore.

Il Motoairbag si ricarica facilmente in casa: non serve rimandarlo in azienda, a meno che una sacca non si sia danneggiata nella caduta. La procedura è molto semplice ed è pensata in modo da scongiurare gli errori: se non è eseguita correttamente il cavo del trigger non si collega e quindi si capisce che si è sbagliato qualcosa. L’operazione si può fare anche in viaggio, basta portarsi dietro il kit di ricarica, per nulla ingombrante.

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