Maxi anni '70
Riproporre la comparativa di maxi moto anni 70, pubblicata sul numero di
settembre del 1972, non è stato semplice, anche se indubbiamente
affascinante.
E' stata anche l’occasione di porre rimedio alle lacune della prima prova;
in quell’occasione, per volontà degli importatori, sia la BMW sia le tre
case inglesi, la Triumph, la BSA e la Norton, non presenziarono, mentre
oggi siamo riusciti a proporre una panoramica completa sulla produzione
di maxi di 750cc dei primi anni 70.
Veniamo alle protagoniste che abbiamo portato
a Monza, proprio come 29 anni fa:BMW R75/5, BSA Lightning 650, Ducati
GT 750, Honda CB750 Four, Kawasaki Mach IV 750, Laverda SF 750, Moto Guzzi
V7 Sport, Norton Commando 750, Suzuki GT 750, Triumph Trident 750.
In pista (1)
La BMW R75/5 non era sicuramente la più sportiva del lotto, e
questo
lo si evince immediatamente, non appena si sale in sella; sospensioni morbide
ed escursione eccessiva che, combinate, sono causa di un sensibile beccheggio.
Anche la trasmissione cardanica generava una notevole coppia di rovesciamento,
che sembra quasi voler far avvitare la moto su se stessa.
A parte questa caratteristica, la R75/5 ha parecchi punti a favore. Il
motore non patisce gli sforzi prolungati, vibra poco e non richiede una
particolare manutenzione. Anche oggi poi conquista per
l’erogazione
della potenza e della coppia, dolce e progressiva, specie ai medi
regimi.
Erano tutte doti che allora poteva vantare solo la BMW. Nessuna, alla fine,
è come lei.
La BSA Lightning 650, corta e
leggera come nessun’altra, rende la vita impegnativa al motociclista,
in particolare se la si usa per quello che potrebbe dare in termini
di prestazioni. Già, perché pur non essendo l’inglese più potente, la
BSA aveva buone doti d’accelerazione e una dose di CV più che rispettabile
(vicino ai 50) e allora dare gas veniva quasi spontaneo. I problemi erano
sostanzialmente due. Primo, il livello di vibrazioni, intollerabili sopra
i 120 km/h, che causavano lo smantellamento della moto. Non c’era in
pratica
bullone che non si allentasse e una “sparata” in autostrada causava
la
perdita sicura di qualche pezzo. Il secondo problema, più grave, era dato
dalla fragilità del banco e dall’insufficiente lubrificazione. Non era
certo raro trovare qualche Lightning ferma lungo la strada con le bielle
che avevano sfondato i carter.
Quando però tutto filava liscio, guidare la Lightning era un vero
piacere;
l’estrema maneggevolezza, il tiro in basso del motore, il cambio
funzionale,
rendevano veramente felice il proprietario della moto. E poi, piaceva,
non tanto il motore, disegnato a tutto tondo come i frigoriferi degli anni
50, quanto per il serbatoio a goccia con ampia cromatura laterale, mentre
la coppia di scarichi a bottiglia produceva un suono pieno e vigoroso,
una musica per l’appassionato.
La Ducati GT 750 rappresentava
un vero e proprio esempio della classica scuola italiana, ciclistica
solida sul veloce e motore potente quello che serviva.La Ducati in
questo aveva addirittura esagerato. La forcella è molto inclinata,
l’interasse
è “chilometrico” (il più lungo di tutte) con ripercussioni negative
all’imbocco
delle curve. Il motore, si dimostrava potente e vigoroso, anche se veramente
difficile da mettere a punto, mentre la ciclistica, pur irreprensibile
sul veloce, non esaltava certo la maneggevolezza. i difetti più evidenti
erano il ridotto angolo di sterzo, lo scarsissimo livello di comfort, il
livello delle finiture, decisamente minore rispetto alle rivali, e i comandi
decisamente duri da azionare e realizzati in economia.
L’Honda CB 750 Four è stata un vero e proprio passo epocale nel
settore delle maxi, nessuna poteva vantare le soluzioni estremamente moderne
e tecnologiche della maxi Honda.
La CB750 fu il primo passo verso la
4 cilindri di massa e aveva tutto: l’estetica, la qualità costruttiva,
le prestazioni, la sicurezza e l’affidabilità; della Honda a 4 cilindri
è impossibile non parlare bene; perché cambiò il modo di andare in moto,
era comoda, non sporcava d’olio, era veloce e robusta. Provata oggi
sorprende per la sua modernità. Certo, qualche appunto lo si può muovere
e a questi si appellavano gli appassionati che volevano dimostrare la
superiorità
delle loro moto italiane o inglesi. In particolare si accusava - giustamente
- la Honda di una certa pesantezza di sterzo e di sbandierare un po’ con
il retrotreno in velocità. In tutta franchezza bastava però cambiare gli
ammortizzatori posteriori e spessorare un po’ le molle della forcella
per non aver più problemi di stabilità. Ecco, la CB è una moto sconcertante,
per funzionalità, fascino, motore. Ma a pensarci bene un “difetto”
ce
l’ha: non sembra una moto d’epoca.
La Kawasaki Mach IV 750 è l’esatto
opposto della Honda, una moto completamente irrazionale ma, proprio per
questo con un fascino coinvolgente; alla Kawasaki trovarono la via per
mettersi sotto la luce dei riflettori con la moto più esagerata di quel
periodo. Con 74 CV e un’accelerazione 0-400 m in appena 12,1
secondi,
la Mach IV era una sfida per gli appassionati. I difetti erano ben noti,
Motore dall’erogazione brusca, vibrazioni decise, ma soprattutto
ciclistica...
insana, sbilanciata all’indietro, con un’inclinazione del cannotto
pronunciata,
i tubi del telaio sottodimensionati e sospensioni deficitarie. A 120 km/h,
in rettilineo, si danzava su una carreggiata; a 140 se ne occupavano due,
a 160 tre. Una moto pericolosa, che ha però lasciato il segno nel cuore
degli appassionati
In pista (2)
La Laverda SF è una delle moto
che hanno avuto più successo in quel periodo. Costava meno di tante altre,
aveva prestazioni di rilievo, era complessivamente robusta; alta e pesante
(il motore sembra addirittura più largo del 4 cilindri Honda), con una
frizione che faceva venire la tendinite tanto era faticosa da azionare,
la Laverda vibrava parecchio e, mettendo insieme tutte queste condizioni,
risultava affaticante da usare, non solo in città.
Chi sapeva andare forte con una SF era... un vero pilota. Seguendo
le indicazioni tecniche che volevano una ciclistica stabilissima alle alte
velocità, la Laverda era lunga e ben piantata, ma anche scarsamente maneggevole
sia per i suoi ingombri sia per l’eccessiva altezza da terra.
La Moto Guzzi V7 Sport si poteva quasi confondere con una media
cilindrata. Piccola e soprattutto bassa, la V7 è stata una delle più belle
sorprese di quel tempo; più agile della Ducati, e, nonostante l’handicap
della trasmissione finale ad albero, anche sul misto si guidava
bene.
Dimostrava quindi un eccellente equilibrio dinamico che, unito ad una
rapportatura
del cambio piuttosto lunga (tant’è che la ripresa, da sotto i 120 km/h,
era un po’ lenta), permetteva alla V7 di filare velocemente, confermando
le doti di affidabilità che avevano reso famosa la Moto Guzzi nel mondo.
Come per tutte le moto nazionali dell’epoca la componentistica secondaria,
era scadente. Ma siccome la moto era sostanzialmente semplice, quasi nulla
era soggetto a rotture.
La Norton Commando era la più
maxi di tutte, quasi incuteva timore per le sue caratteristiche.
L’avviamento
non proprio facile, la frenata insufficiente e le prestazioni elevate facevano
sì che l’approccio con una Commando fosse inizialmente timoroso; poi,
una volta prese le misure, le soddisfazioni erano tante, almeno pari alle
seccature. La moto camminava davvero forte, non dava problemi di ciclistica...
ma non si sapeva mai se si riusciva a tornare a casa senza qualche sosta
forzata. La Commando andava trattata e coccolata più di una ragazza
viziata, ma come tutte le old british sapeva sedurre, e, se tutto era
a posto, era capace di dare le più belle emozioni di guida che, unite ad
un design fantastico, facevano innamorare chiunque. Sembra un paradosso,
ma una Commando restaurata oggi funziona mille volte meglio di
un’originale
di 30 anni fa.
La GT 750 della Suzuki era una vera e propria gran turismo a 2 tempi,
soluzione piuttosto anomala, anche in quel periodo.
Pian piano però anche la Suzuki si fece
largo cercando di porsi come alternativa alla Honda CB750. Stessa elevatissima
qualità costruttiva, prestazioni analoghe, eccellente comfort e un motore
completamente differente giustificavano la scelta di acquistare una GT
750. Il suo successo non fu nemmeno paragonabile a quello della CB, comunque
anche la GT Suzuki seppe ritagliarsi una schiera di ammiratori.
A livello di guidabilità la moto era leggermente meno efficace della CB,
un po’ impacciata sul misto e con qualche carenza sul veloce
soprattutto
a causa degli ammortizzatori posteriori. Qualche “rogna” poteva
darla
l’accensione a puntine, mentre la catena di trasmissione finale andava
registrata con grande frequenza ed era difficile non sostituirla ai 4-5.000
km assieme alla gomma posteriore. Probabilmente questa moto non passerà
alla storia come una delle migliori maxi, ma una bella pagina nei primi
anni 70 l’ha comunque scritta.
La Triumph Trident, forniva il
più lampante esempio d’inaffidabilità, tipica delle moto inglesi di quel
periodo.Una moto fantastica, ma afflitta da un’interminabile serie di
guai che la facevano ammutolire con una frequenza disarmante.Questo perché
le moto erano montate male, le lavorazioni meccaniche erano di bassa qualità
e la manutenzione doveva essere fatta da meccanici competenti. Tutto andava
costantemente tenuto sotto controllo e le disattenzioni si pagavano a caro
prezzo; la Trident era quindi delicata, richiedeva amorevoli cure, ma
indubbiamente
sapeva ripagare con una ciclistica all’altezza della situazione e con
prestazioni analoghe a quella della Honda. I più incalliti
“triumphisti”
si prendevano delle belle soddisfazioni sul misto stracciando i
filo-giapponesi, ma alla prima “sparata” in autostrada qualche guaio
accadeva e, se andava bene, si arrivava a casa con il motore che grondava
olio. Ma il fascino e la bella guida le hanno sempre perdonato i tanti
vizi, incluso quello di uno strabiliante consumo di benzina (8-10 km/litro)
e di olio (oltre 1 kg ogni 1.000 km).
Le prestazioni
Moto
| Motore
|
Cilindr.
|
Potenza CV-Giri
|
0-400 m sec.
|
Vel.max km/h
|
BMW R75/5
| 2 cilindri/4 tempi
|
745
|
50-6.200
|
14,60
|
172
|
BSA Lightning 650
| 2 cilindri/4 tempi
|
654
|
49-7.000
|
13,50
|
168
|
Ducati GT 750
| 2 cilindri/4 tempi
|
748
|
60-8.000
|
13,31
|
182
|
Honda CB 750 Four
| 4 cilindri/4 tempi
|
736
|
67-8.000
|
13,36
|
191
|
Kawasaki Mach IV 750
| 3 cilindri/2 tempi
|
748
|
74-6.800
|
12,17
|
194
|
Laverda SF 750
| 2 cilindri/4 tempi
|
744
|
66-7.300
|
13,93
|
181
|
Moto Guzzi V7 Sport
| 2 cilindri/4 tempi
|
748
|
70-7.000
|
13,44
|
201
|
Norton Commando Fastback 750
| 2 cilindri/4 tempi
|
745
|
60-7.000
|
13,25
|
171
|
Suzuki GT 750
| 3 cilindri/2 tempi
|
738
|
70-6.500
|
13,62
|
179
|
Triumph Trident 750
| 3 cilindri/4 tempi
|
740
|
64-7.500
|
13,17
|
185 |
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