
Il
Dingo della Moto Guzzi è stato un longevo ciclomotore il cui progetto si
deve ad Antonio Micucci, uno tra i migliori tecnici che hanno lavorato
in Guzzi. E' stato prodotto per più di 12 anni in versione ciclomotore
e piccola moto da turismo, sportiva e fuoristrada per oltre
160mila
esemplari. Quest'ultima versione, presentata al Salone di Milano del
1965, proprio quando si afferma tra i ragazzi il desiderio della moto off-road,
è passata per tre successive serie sensibilmente differenti tra di
loro.

Nel
'67 debutta la seconda versione, prodotta fino al '69, che subisce un collaudo
particolarmente duro essendo scelta da Roberto Patrignani per il suo raid
Sud-Nord attraverso l'Africa. Infine,
nel '70, ecco la terza serie,
quella della nostra prova, costruita fino al '73. Visto oggi il Dingo
Cross appare in tutta la sua semplicità ed economicità, ma la
forza commerciale
della Guzzi lo impose sul mercato.
Lo
conferma il successo di vendita (quasi 12 esemplari dal 1970 al 1973) e
si trovano tuttora molti estimatori e simpatizzanti. Il difetto, se vogliamo,
è che dà troppo l'impressione del ciclomotore, fatto più
psicologico che
altro, e poi quel portapacchi su una moto da fuoristrada... I colori disponibili
per la carrozzeria ed i foderi della forcella sono il giallo e il rosso
a cui si aggiunge in un secondo tempo il verde pisello. Il serbatoio denota
una ricerca stilistica con alcuni tratti comuni all'ultima versione dello
Stornello da strada, mentre la sella continua il profilo senza stacchi.
Il reparto sospensioni è forse appena sufficiente, con la forcella
mecanica
da 28 mm dotata di piastre in lamiera e 2 "finti" ammortizzatori
Sebac, che sono gli stessi del Dingo Super Sport e del GT. I cerchi montano
pneumatici artigliati Ceat o Pirelli da 2,5017 davanti e dietro. I freni
a tamburo sono in lamiera stampata, ulteriore segno di economicità.
Il
telaio è a doppia culla rialzata e abbraccia il motore che
è riparato
inferiormente da una piastra parasassi il lamierino. La testa ed il cilindro,
inclinati in avanti di 25°, sono in lega leggera, con l'alettatura non
particolarmente estesa. L'alesaggio per corsa è di 38,5x42 mm, cilindrata
48,9 cc e compressione 8:1. Una particolarità è la cromatura a
spessore
della canna del cilindro, che conferisce notevole scorrevolezza e consente
di usare miscela solo al 2% di olio. Il pistone ha testa piatta e 2 segmenti,
la biella ruota su una gabbietta a rulli alla testa ma non al piede e l'albero
motore è scomponibile e lavora su 2 cuscinetti a sfere. Il carter
è asimmetrico,
essendo la parte destra più grossa e profonda al fine di contenere gli
alberi del cambio, mentre il pignone della trasmissione primaria, a dentatura
elicoidale,ed il tamburo della frizione con la corona dentata sono all'esterno
del carter sinistro.
Il cambio, con la prima in alto, è
a 4 marce
e la frizione a dischi multipli a bagno d'olio. La quantità di
lubrificante
(consigliato Shell Spirax 90 EP) è di 350 cc, da sostituire ogni 9.000
km. L'impianto elettrico presenta il volano da 6V-18W, con i contatti a
0,40-0,45 mm, anticipo di 28° e la bobina che è stranamente dietro
il cilindro,
riparata dal tubo del telaio; in seguito, dal 1971, viene ragionevolmente
posizionata sotto il serbatoio. Candela Bosch 225. La leva della messa
in moto, a destra, si aziona premendola in avanti; il pignone della catena
ha 14 denti.
Il carburatore è il Dell'Orto UA 16 S, con
diffusore
da 16, polverizzatore 260, valvola del gas 55, spillo conico D15, getto
massimo 70, minimo 45, vite aria aperta di 1/2 giro e filtro 26/5 a reticella
metallica. La potenza, nonostante l'anzianità del progetto, era di circa
5 CV a 6.500 giri, mentre la velocità massima era di 75 km/h.
Il Dingo Cross era un mezzo con cui muovere i primi passi nel fuoristrada,
agile e leggero (62,2 kg effettivi a vuoto, 28,6 ant e 33,6 post) con le
sue forme contenute, ma che mostrava presto i suoi limiti se portato un
po' oltre.
Il cambio, rapportato come sul GT, era costituzionalmente
debole e la chiavella si usurava anche trattandolo con delicatezza. D'altronde
veniva sfruttato sempre al massimo per tenere il passo della concorrenza
molto più agguerrita. Le vibrazioni provocavano l'allentamento di parti
anche importanti come il cavalletto, ed incrinavano alcuni componenti (faro
e parafanghi). Nonostante tutto seppe conquistarsi un buon numero di acquirenti,
senz'altro più del suo sgraziato successore, il Cross 50 presentato nel
1973.