Cross 50cc anni '70
Ancill.Scarab Beta
Dal
1969 al 1973 l'Italia vive il boom del "motorino", un evento
sociale dimostrato anche delle immatricolazioni, più che raddoppiate nei
quattro anni presi in esame. Alla fine del periodo i "motorini"
circolanti passeranno da due a tre milioni di unità! Tra questi vi erano
anche i modelli da Cross, o Regolarità (l'attuale Enduro) i quali erano
alla portata delle tasche più fornite. Vi presentiamo qui undici modelli
tra i più rappresentativi.
Lo Scarab Regolarità 50 motorizzato Beta è del 1972 ed è
l'evoluzione del
modello nato 3 anni prima. Che si tratti di una moto da competizione
vera e propria, e quindi superiore alle realizzazioni di altre Case,
lo si comprende con una rapida occhiata. Basti dire che esce dalla fabbrica
con un bel carburatore da 20 mm e che non ci si cura nemmeno di nascondere,
anzi si esaltano i 7,2 CV di potenza massima a 9.600 giri. L'Ancillotti
è in effetti un piccolo capolavoro artigianale. Tutto
è realizzato
all'insegna della accuratezza e della funzionalità.
Il serbatoio, in lamiera, del classico colore giallo, pur avendo una buona
capacità, è rastremato verso la sella e non impaccia in nessuna
acrobazia
fuoristradistica; i parafanghi, pure in lamiera, sono montati elasticamente
a robusti attacchi. Il manubrio, largo 80 cm, ha le estremità leggermente
piegate all'indietro per garantire una posizione il più possibile
anatomica
dei polsi e delle braccia. Comandi, neanche da dire, della migliore
qualità,
in lega leggera e con morbide manopole antiscivolo. Esclusività è
l'ammortizzatore
di sterzo regolabile fissato tra telaio e piastra inferiore della forcella.
Il
telaio, color alluminio, è a doppia culla chiusa in tubi e
dotato di
estesi fazzoletti di rinforzo, con il cannotto di sterzo di dimensioni
esuberanti e che lavora su 2 cuscinetti a rulli conici. Il forcellone posteriore
è montato su silentblok senza manutenzione ed è estesamente
rinforzato.
Le pedane sono pieghevoli con molle di richiamo ed il pedale del freno
lavora tramite un cavetto in acciaio.
Ammortizzatori e forcella anteriore Ceriani Competizione, cerchi da 19"
anteriore e 17" posteriore, pneumatici Continental rinforzati tipo
Cross 2,75-19 e 3,00-17 davanti e dietro (a richiesta 2,75-21 e 3,00-18).
Sui perni delle ruote sono applicati per saldatura delle levette che consentono
di svitarli ed avvitarli senza attrezzi.
Il motore è il Beta 50 costruito su specifiche dell'Ancillotti
stessa.
La testa e il cilindro sono in lega leggera ed inclinati in avanti per
meglio dissipare il calore. La testa ha l'alettatura a ventaglio ben sviluppata
in altezza, con la candela al centro della camera di scoppio. La compressione
è piuttosto alta, 10,8:1. Il cilindro, a luci contrapposte, ha forma
conica
più larga in alto. Il pistone, con 2 segmenti, ha la testa piatta; la
biella
lavora su cuscinetti a rulli sia al piede che alla testa. Anche l'albero
motore ruota su cuscinetti a rulli; alla destra è attaccato il pignone
della trasmissione primaria ad ingranaggi a denti dritti, rapporto 1:4,714
(denti 14/66). La frizione, con 3 dischi ed 8 molle, è il punto forte del
motore, morbida, instancabile, non incolla da freddo. Il cambio è a 4
marce
con rapporti studiati dall'Ancillotti stessa: prima, seconda e terza in
rapida sequenza, quarta staccata e lunga per i trasferimenti stradali.
Gli ingranaggi sono surdimensionati e i selettori in acciai o forgiato
per resistere ai maltrattamenti fuoristradistici. Gli alberi ruotano su
cuscinetti a sfere. La quantità di olio per primaria, cambio e frizione
è 650 gr SAE 30 ed il comando a leva semplice è a sinistra.
Sempre su questo
lato si nota il carter tagliato per lasciare scoperto il pignone da 12
denti della catena (1/2 e 3/16).
L'impianto elettrico è a volano magnete 6V-18W, con contatti a
0,25-0,30
mm, anticipo 26° prima del PMS e candela Marelli CW11 per uso sportivo
o 275 L per uso turistico, distanza dei contatti 0,4 mm. A richiesta è
disponibile l'accensione elettronica Dansi o Ducati. Il carburatore è il
Dell'Orto UB 20 S a vaschetta separata con getto massimo 98, minimo 45,
valvola del gas 90, filtro aria F20 o F30, vite aria aperta di un giro
e mezzo. Il peso a vuoto è di 62 kg (72 reali, 32,8 ant, 39,2 post).
Naturalmente
le prestazioni sono "Export", con circa 90 km/h ed una ripresa
esuberante e fluida. L'Ancillotti con motore Beta, prodotta in pochi esemplari,
era proposto sia in versione Regolarità che Cross con 8,5 CV a 10.500
giri.
Resterà in produzione fino al '73 quando verrà sostituito
dall'SM 50.
Ancill.Scarab SM
L'Ancillot
ti,
sempre alla ricerca del meglio per la sua produzione, ha in catalogo nel
'73 due modelli "Codice" con motore di 50 cc. Il primo, costosissimo
e sognato da tutti i "regolaristi in erba", è lo Scarab A
Regolarità
Six Days con motore Sachs a 5 o 6 marce, l'altro, battezzato SM 50, che
non è la versione povera del primo e che costa comunque parecchio di
più
di tanti suoi concorrenti, monta il motore Franco Morini Turbo Star. Questo
propulsore, come il Minarelli, è adottato da diverse
Case sia italiane
(come Malaguti, Aprilia, Italjet ed altre) sia estere (MCB Monark svedese).
E' robusto, ben fatto ed affidabile e deriva dal Turbo, diventato poi Turbo
Special con testa e cilindro ad alettatura maggiorata, pistone a cupola
e due segmenti ad L, albero motore con 2 volani circolari, biella con testa
e piede su cuscinetti a rulli e trasmissione primaria a denti dritti. Nel
1970 arriva quindi il Turbo Star, che monta il gruppo termico dello Special
su un blocco motore più grande e con i carter ridisegnati. L'Ancillotti
SM è fatto per chi vuole divertirsi nel fuoristrada anche impegnativo e
senza rinunciare al prestigio del nome Ancillotti, ma non si sente di affrontare
l'ingente spesa del modello Scarab A con il Sachs (599.200 Lire nel '73).
La presentazione avviene nel '72, ma un restyling tecnico-estetico si fa
già due anni dopo.
La
linea è inconfondibilmente Ancillotti, con il serbatoio giallo
a 2
rubinetti di 7 litri di capacità e la striscia nera con la grossa scritta
Ancillotti, il telaio color alluminio ed i parafanghi inox fissati
elasticamente.
Sul dorso del serbatoio c'è la borsetta dei ferri e sul manubrio la targa
porta numero gialla. Caratteristico il "padellino" laterale del
filtro dell'aria che può, a richiesta, essere riparato da un esteso
grembiule
in similpelle nera.
Il telaio e le sospensioni sono ereditate dalla versione precedente
e mantengono le stesse qualità di alto livello. Anche i cerchi e le ruote
sono quelli della Scarab, ma semplificati (eliminate le manigliette ai
perni ruota e la legatura dei raggi).
Il motore ha la testa con alettatura radiale, con le alette
parzialmente
unite da ponticelli. E' in lega leggera e presenta, nella versione
"Codice",
la compressione di 9,6:1; la camera di scoppio ha una nicchia centrale
dove si trova la candela. Il cilindro, inclinato in avanti di 20°, è
dipinto
in nero, è in ghisa e presenta l'ampia alettatura interrotta
simmetricamente
per evitare le distorsioni. Le luci sono ampie e ben conformate. L'alesaggio
è 39 mm, la corsa 41,8 mm per la cilindrata di 49,3 cc, per il resto le
caratteristiche sono quelle del Turbo Special suddette. La
trasmissione
primaria, sulla destra, è ad ingranaggi elicoidali (denti 14/59) e la
frizione
a dischi multipli a bagno d'olio. Il cambio è a 5 marce ad innesti
frontali
con leva sulla sinistra. La quantita di olio contenuta dal motore è di
900 cc di SAE 30/40 da sostituire ogni 2.000 km. I carter sono in lega
leggera ottenuti per pressofusione; sul davanti, sotto al cilindro, ci
sono alcune alette per favorire il raffreddamento della camera di manovella.
I coperchi sono lucidati a specchio e danno una nota di eleganza. Sotto
a quello di sinistra si trova il volano magnete da 6V-18W, con contatti
a 0,35/0,40 mm e l'anticipo d'accensione è 28° pPMS. La candela
è la Bosch
W260, con elettrodi a 0,5-0,6 mm. Il pignone della catena resta allo scoperto
ed ha 13 denti. Il carburatore della versione "Codice" è il
solito
Dell'Orto SHA 14/12, con getto 58 e filtro aria F 27; la potenza dichiarata
1,5 CV a 4.500 giri. La versione "Export" monta invece un Bing
da 19 mm, con modifiche al diagramma di aspirazione. La potenza sale a
6,8 CV a 8.600 giri e la velocità 90 km/h. La vita dell'Ancillotti
motorizzato
Franco Morini durerà fino al 1982, sebbene con vari aggiornamenti e
migliorie,
ma la produzione rimarrà sempre artigianale.
Aspes Navaho P6
Il
Navaho, presentato al Salone di Milano del '71, era disponibile con il
motore Minarelli P6 a 6 marce e con il P4 a 4 marce. Il prezzo alto, ben
245.000 lire (P6) e 235.000 (P4), era giustificato dalle soluzioni tecniche
e stilistiche, con i parafanghi ed il serbatoio in fibra di vetro offerti
in vari colori metallizzati. Il serbatoio ha capacità modesta, poco meno
di 3 litri, sufficienti su un campo da Cross ma non per la Regolarità.
Il manubrio, molto largo (850 mm), ma non molto anatomico, ed i comandi
manuali sono di buona qualità, con qualche appunto per le manopole, dure,
e per il comando del gas che necessita un'operazione laboriosa per la
sostituzione
del filo in caso di rottura.
Punto forte è il telaio, dipinto in nero lucido, a doppia culla
chiusa
inferiormente e con tubi di rinforzo su cui poggiano la sella ed il serbatoio.
Il forcellone, infulcrato su estesi fazzoletti di rinforzo in lamiera,
ha la zona di attacco degli ammortizzatori, non eccezionali, particolarmente
rinforzata. Il carter per la catena, in plastica, è esteso e dotato di
cruna in nailon. La forcella è di ottima qualità, costruita dalla
Aspes
stessa, non teme il confronto con le migliori realizzazioni di altre ditte.
I cerchi sono da 19” davanti e da 17” dietro, con pneumatici Pirelli
Cross MT 07 da 2,50-19 e 3,00-17.
Il
motore ha la testa in lega leggera a pianta esagonale estesamente
alettata;
le alette sono disposte in parte obliquamente per convogliare l'aria verso
la candela. La camera di scoppio è emisferica e la compressione 8:1. Il
cilindro è in ghisa con canna in ghisa e quindi facilmente rettificabile;
l'alesaggio è 38,8 mm e la corsa 42 mm per la cilindrata effettiva di
49,6
cc. La distribuzione è a 3 luci regolata dal pistone che ha 2 segmenti
di cui il superiore ad L e la testa piatta. L'albero motore ruota su cuscinetti
a sfere, due a destra ed uno a sinistra ed ha la biella su cuscinetti a
rulli Durkopp tipo speciale sia al piede che alla testa. Per la lubrificazione
dei cuscinetti di banco sono ricavati nello spessore della camera di manovella
2 condotti che la mettono in comunicazione con i travasi affinchè la
miscela
vi possa arrivare. Il carter è in lega leggera ottenuto per
pressofusione
ed ha il contorno poligonale.
La trasmissione primaria, sulla destra, ha i denti elicoidali (16/61)
e la frizione è in dischi multipli in bagno d'olio. Per trasmissione
primaria,
cambio e frizione sono previsti 900 cc di olio SAE 30/40 da sostituire
ogni 4.000. Il controllo del livello e la registrazione della frizione
si effettuano attraverso la finestrella ovale fissata con 2 viti sul coperchio
del carter destro. Il cambio è comandato da leva singola sulla destra,
ha la prima in basso ed è piuttosto duro da azionare. Prima, seconda e
terza sono ravvicinate, la quarta è un po' più lunga e staccata,
la quinta
e la sesta sono quasi uguali. La trasmissione finale è a catena con il
pignone da 14 denti sulla sinistra. La leva dell'avviamento è invece a
destra ed è snodata.
L'impianto elettrico è costituito dal volano magnete 6V-18W
calettato
sulla sinistra dell'albero motore, contatti da regolare a 0,40-0,45 mm
e da verificare ogni 3.000 km. L'anticipo dell'accensione è fissato in
17° pPMS. La bobina AT è riparata sotto al serbatoio e la candela
è una
Bosch 275 o 260 o CW 10 L con distanza tra i contatti di 0,5 mm. Il carburatore
è il Dell'Orto SHA 14/12, diffusore da 12, getto massimo 57, valvola del
gas 6108,01 e filtro a paglietta con scatola in plastica F27; l'alimentazione
è con miscela al 5%. La potenza dichiarata è 1,5 CV a 6.000 giri.
Esisteva
però anche la versione "Export", con il Dell'Orto UA 18 S e
filtro
F20. Il motore, con compressione 12:1, forniva 5,5 CV ad 8.700 giri, con
velocità massima di 75 km/h e pendenza superabile del 30%.
Conclusioni
Il Navaho era apprezzato per l'aura sportiva che gli derivava dall'aver
vinto il campionato Lombardo di Cross classe 50 del '71 con Felice Agostini
e per alcune indubbie qualità come la linea esclusiva, la robusta
forcella,
la colorazione "argentata", l'ottimo telaio ed il peso di 55
kg molto contenuto (in realtà, misurato oggi, pesa 68 kg, 30,8 ant e 37,2
post). Alla resa dei conti emergevano però alcuni difetti non rimediabili
se non con lo stravolgimento del modello. Più precisamente il serbatoio
teneva troppo poco e vibrava rumorosamente, la fibra di vetro con cui erano
fatti i parafanghi, bellissimi da vedere, li rendeva fragili e facili alla
rottura nelle cadute che sempre capitano praticando il fuoristrada. Non
a caso sul Navaho del '74 saranno sostituiti con altri in acciaio inox,
meno belli ma assai più robusti.
Benelli Trial 4V
Il
Trial 50, nato nel 1966, è progettato su specifica richiesta
dell'importatore
americano della Marca. Quella che vi presentiamo è l'ultimo
Trial 4V
prodotto nel '71, impostato secondo la moda stilistica del momento,
con una linea che ricorda quella del Bultaco Pursang 250 da Cross. I due
parafanghi, in resina plastica di colore bianco, sono piuttosto
squadrati e con linee decisamente tese. Questa soluzione è di gran moda
sul finire degli anni 60/primi 70. Il serbatoio, offerto in tre colori
ha la capacità di circa 8 litri, consentendo così una buona
autonomia.
Altro elemento caratteristico della carrozzeria sono le estese tabelle
portanumero bianche che coprono la zona centrale del telaio. A
proposito
di questo c'è da dire che la Benelli ne fa un elemento caratterizzante
del Trial 4V in quanto è proposto in color alluminio o in arancione,
armonizzati
con la tinta scelta per il serbatoio. Nel complesso è un buon telaio,
evoluto
rispetto a quello della serie precedente, dove non si è risparmiato con
i rinforzi nelle zone più sollecitate come l'attacco dei tubi della
doppia
culla al cannotto di sterzo o il forcellone posteriore.
Nulla
di speciale nel reparto sospensioni con forcella Marzocchi da
28
mm e ammortizzatori Sebac, mentre il solo cerchio posteriore monta un pneumatico
tipo Cross, essendo l'anteriore da strada (misure 2,75-18 ant. e 3,00-17
post.). Il motore, pur avendo linee tondeggianti e il cui
progetto
risale ai primi anni 60, ben si integra con la linea spigolosa dei parafanghi.
La testa, in lega leggera, è squadrata e contrasta con il cilindro che
ha invece forma tondeggiante, un'alettatura non molto estesa ed è
inclinato
in avanti. Il cilindro è in ghisa ed ha l'alesaggio di 40 mm con corsa
di 39 mm, per la cilindrata di 49 cc, mentre il pistone ha testa piatta
e due segmenti. La compressione è 6:1 e la potenza dichiarata di 1,44 CV
a 4.600 giri. Di serie monta un Dell'Orto 12/14 che veniva regolarmente
sostituito da un Dell'Orto UB a vaschetta separata con diffusore da 16
mm e filtro aria realizzato appositamente dalla Benelli e contraddistinto
da 3 fori. La potenza saliva così a 4,5 CV circa. La trasmissione
primaria, a denti elicoidali, è sulla destra, il pignone ha 12 denti e
la corona, sulla campana della frizione 71. La frizione è a dischi
multipli
a bagno d'olio, il cambio, a quattro marce, è comandato dalla leva sulla
sinistra con la prima in alto. Gli innesti sono precisi, a parte, talvolta,
quello della quarta, la corsa però è un po' lunga. La
quantità di olio
è di 400 gr (consigliato Agip Woom HD 20/20) da sostituirsi ogni 4.000
km. Il bocchettone di riempimento si trova davanti al cilindro ed è
chiuso
da un tappo metallico con astina di controllo del livello. Dietro al cilindro
c'è invece una valvolina per lo sfiato dei vapori. Il pignone della
trasmissione
finale è di 12 denti ed le 2 corone di 42 e 60 denti (raffinatezza
Benelli:
con gli attrezzi sono fornite due maglie per allungare la catena quando
la si sposta sul rapporto maggiore). L'impianto elettrico ha il
volano magnete da 6V-28W sulla sinistra dell'albero motore, i contatti
regolati a 0,40 mm, l'anticipo di 31°, la candela Bosch W225 e la bobina
sotto al serbatoio ma esposta, e perciò poco protetta. Si consigliava di
usare miscela al 7% per i primi 1.500 km ed in seguito al 5%. Il peso è
67 kg (reali 64, ant 29,2, post 34,8). In complesso un motore semplice,
facilissimo da avviare, limitatamente rumoroso e dotato di brio. I
difetti
sono nella frizione che incolla da freddo, nella leva del cambio un po'
troppo lunga nell'escursione (fatto tipico per i motori nati a 3 marce
a manopola e poi trasformati in 4 con comando a pedale) e nei rapporti
fin troppo corti, soprattutto con la corona da 60 denti, ma a ciò si
può
perdonare vista la denominazione Trial del modello. La manutenzione
non è delle più facili, per esempio per accedere al volano ed
alle puntine
bisogna smontare tutto il coperchio sinistro del carter con relativo pedale
del cambio e selettore esterno, ma anche la banale sostituzione del cavo
frizione non è agevole in quanto l'attacco è al di sotto di una
piattina
che si sposta cambiando le marce. Il Trial 49 4V è stato venduto sia col
marchio Benelli che MotoBi senza alcuna differenza. Apparteneva alla categoria
economica tant'è che nel '71 costava 155.000 lire, 13.000 meno del
Caballero.
Demm Cross HF
La
Demm, azienda di Milano, inizia a produrre ciclomotori nei primi anni 60.
Lo Sport Special Lusso 50 è infatti del '64, la cui caratteristica, oltre
ad essere un buon prodotto in generale, è di avere il motore "fatto
in casa". All'inizio del '69 arriva il Cross, a cui segue il Cross
HF, prodotto sia in versione "Codice" che "Export".
L'"HF" presenta accanto a pregevoli realizzazioni come la notevole
escursione molleggiante, il montaggio con rondelle in gomma antivibrazione
dei parafanghi o ancora il telaio robusto, alcune banali cadute di gusto
come le finte prese d'aria del freno anteriore, le pedane fisse, la gomma
anteriore da strada ed il ridotto angolo di sterzo. La linea è
caratterizzata,
ed un po' appesantita, dal grosso serbatoio a pera da ben 8,5 litri dipinto
dello stesso colore del telaio e con i pannelli laterali bianchi. Sul dorso
del serbatoio è ricavata la vaschetta degli attrezzi col coperchio
fissato
da elastici.
I
parafanghi sono in acciaio inox. Il manubrio, tipo Cross, presenta
il comando del gas ad apertura "super-rapida" (meno di un quarto
di giro) e la leva del freno anteriore che comanda due fili perchè, fatto
più unico che raro, il tamburo anteriore è doppio. La forcella
è poco più
che sufficiente per il fuoristrada, mentre gli ammortizzatori Sebac posteriori
sono onesti. Il telaio è a doppia culla chiusa, con
posteriormente
un grosso tubo su cui si articola il forcellone di aspetto un poco esile.
Il motore, costruito, come detto, dalla Demm stessa, è
abbastanza
convenzionale, ma robusto e semplice. La testa è in lega leggera, con
l'alettatura
non molto estesa di pianta ma più sviluppata in altezza. Si ritrovano
soluzioni
comuni ad altri motori come la camera di scoppio emisferica con la candela
al centro. La compressione è 7,6:1. Il cilindro è in ghisa,
inclinato in
avanti ed ha l'alettatura uniforme dalla base, assumendo così una forma
rettangolare con gli angoli smussati. L'alesaggio per corsa di 40 x 39
mm dà 49 cc. L'ammissione è a 3 luci più luce di scarico;
il pistone ha
due fasce e testa piatta. Il blocco motore ha forma ovale, è in alluminio
lucidato, e presenta, a destra, la leva della messa in moto che si aziona
premendola in avanti. Sul coperchio del carter di questo lato troviamo
il comando della frizione che è a dischi multipli a bagno d'olio e che,
insolitamente, è calettata direttamente sull'albero motore. La
trasmissione
primaria è a denti dritti, il cambio a 4 marce comandato dalla leva sulla
sinistra e la quantità di olio necessaria è 400 gr. Il pignone
della catena
ha 12 denti ed è collocato piuttosto all'interno del semicarter sinistro.
Singolari sono inoltre la vaschetta ricavata nel carter subito dietro al
cilindro sia per accogliere il carburatore, sia per evitare che eventuali
trafilaggi di miscela colino lungo i coperchi del carter, nonchè la
piccola
alettatura del carter sotto al cilindro. Il tubo di scarico, rialzato,
esce sulla sinistra e continua nella marmitta a spillo cromata. L'impianto
elettrico ha il volano da 6V-18W col ruttore sulla sinistra, la bobina
AT sotto al serbatoio e la candela Bosch 225. L'anticipo d'accensione è
di 32°. Il carburatore è il Dell'Orto SHA 14/12, diffusore da 12,
getto
da 57 e valvola del gas 6108,01; il filtro dell'aria è l'F27 Dell'Orto.
Le varianti del modello: "Export" sono: compressione 8:1, carburatore
Dell'Orto UA 18 S, getto massimo 85, minimo 35, valvola del gas 55,
spillo conico C1 alla terza tacca, filtro aria S/F 1/4 e vite di regolazione
aperta di 1/2 giro. Punto forte del motore è la frizione, dolcissima e
resistente. Anche il cambio è preciso e di breve escursione, ma
i rapporti non sono del tutto soddisfacenti, con la prima troppo corta,
la seconda e la terza quasi uguali e la quarta lunga con un salto avvertibile.
La potenza "Codice" è di 1,44 CV a 4.900 giri, mentre
l'"Export"
ha 4,5 CV a 8.000 giri e per la maggior potenza ed il maggior regime
raggiungibile
rimedia alla rapportatura non ottimale, offrendo discreta elasticità e
velocità massima (75 km/h). Il Demm Cross HF è rimasto in
catalogo fino
al 1974 e aveva un prezzo molto competitivo (148.000 lire nel '71, quando
la Vespa ne costa 136.000).
Fantic M. Caballero
La
Fantic Motor era, alla fine degli anni 60, una giovane Casa
motociclistica
con sede a Barzago (LC). Fondata da due dinamici imprenditori, già per
altro introdotti nel settore moto, Agrati e Keppel, si proponeva come una
fabbrica giovane con lo scopo di costruire veicoli ricreativi, cioè
minimoto,
molto richieste negli USA, e fuoristrada. Questo fa capire come fossero
cambiati i tempi, perché solo pochi anni prima sarebbe stato
inconcepibile
che si potessero produrre solo veicoli destinati al divertimento, anzi
la cosa sarebbe stata presa come indice di scarsa serietà.
Ma il programma della Fantic era tutt'altro che poco serio e il successo
fu praticamente immediato, chiaramente dovuto all'aver capito cosa chiedeva
il mercato quando ancora non esisteva il "marketing", ed il
Caballero
fu subito un best-seller. La versione Regolarità 6M è la
più diffusa
tra le tre presentate all'inizio del '73. Oltre a questa si potevano avere
il Regolarità 4M e il Super Special 4M che differiva dai primi due per
il cilindro in ghisa, la marmitta a spillo, il faro più grosso e
l'assenza
della borsetta sul serbatoio.
La
linea è caratterizzata dal bel serbatoio in lamiera di notevole
capacità
(8,4 litri di cui 1 di riserva) offerto nei colori rosso, blu, nero opaco
e lucido, giallo, arancio, azzurro, tutti con fregio tricolore. Sul serbatoio
è fissata la borsetta porta attrezzi con la parte superiore trasparente.
I parafanghi sono in acciaio inox, montati elasticamente e con l'anteriore
dotato di paraspruzzi in plastica. I comandi manuali sono di pregevole
fattura, con morbide manopole in para nera e le leve anatomiche; il manubrio
è dipinto in uno sportivissimo nero opaco. Il fanale,
in plastica
corazzata, è appiattito e praticamente invulnerabile in caso di caduta,
mentre il fanalino posteriore è montato su un anello di gomma per
eliminare
le vibrazioni causa della bruciatura della lampadina. Le fiancatine sono
realizzate in plastica nera e coprono la cassetta in abs del filtro in
spugna sintetica del carburatore ed un piccolo vano porta attrezzi. Il
telaio è realizzato in esclusiva dalla Verlicchi, è un doppia
culla in
tubi chiuso inferiormente con triangolature centrali di rinforzo e piastra
paramotore ed è in color alluminio. Il robusto
forcellone oscillante
è invece nero e porta gli attacchi per la cruna della catena ed il carter
ed è rinforzato da piastre nella zona di attacco degli ammortizzatori.
Il reparto sospensioni è costituito dalla forcella teleidraulica
progettata
dalla Fantic e dagli ammortizzatori Sebac protetti da soffietti di gomma.
Ruote da 2,50-19 e 3,00-17 con pneumatici artigliati. L'elemento che fa
riconoscere a colpo d'occhio il Caballero è la bellissima marmitta
appiattita
e sagomata con la griglia antiscottature a grossi fori tipicamente anni
70. Il motore Minarelli P6S ha la testa e il cilindro inclinati
in avanti. Il cilindro è in lega leggera con la camicia in ghisa e
l'estesa
alettatura è interrotta per evitare le distorsioni termiche. I travasi
sono 2 più le 2 luci di ammissione e scarico. Il diagramma di aspirazione
è stato modificato rispetto a quello del Minarelli di serie per ottenere
più tiro ai bassi regimi, ma a questo contribuisce la particolare forma
a sogliola della marmitta. Il pistone ha 2 segmenti, il superiore ad L,
la biella ruota su cuscinetti a rulli e l'albero motore su cuscinetti a
sfera. La trasmissione primaria è a denti elicoidali sulla destra
con rapporto 4,615:1, con la frizione a dischi multipli a bagno d'olio
ed il cambio a 6 velocità comandato da leva singola sulla
sinistra.
Per la lubrificazione di questi organi sono necessari 0,900 kg di olio
SAE 30/40. L'impianto elettrico si avvale di un volano magnete 6V-18W Ducati
montato sulla sinistra dell'albero motore con anticipo di accensione di
21° e contatti a 0,35/0,40 mm. Candela Marelli CW 240 N, con elettrodi
a 0,4/0,5 mm.
Il carter ha forma poligonale, con i coperchi leggermente squadrati che
portano stilizzato un cavallino imbizzarrito chiamato "Broncco"
simbolo del Caballero. Il coperchio sinistro è tagliato in verticale per
il rapido accesso al pignone da 12 denti, mentre il destro ha la finestrella
per la regolazione della frizione e il controllo del livello dell'olio.
Il carburatore è il Dell'Orto SHA 14/12 con getto 58 e filtro in spugna
nella cassetta sotto la sella. Il motore funziona con miscela al 5%. La
potenza è Codice: 1,35 CV a 5.000 giri. La versione "Export"
ha 6 CV a 9.000 giri, carburatore Dell'Orto SHB 19-19 B, getto massimo
102, pignone catena da 14 denti e velocità di 85 km/h. In
conclusione,
il Caballero, nelle sue varie versioni, ebbe grande successo tra i giovani,
soprattutto nei modelli '73. Ottimamente costruito e rifinito, vantava
buone prestazioni in fuoristrada, ha dimensioni importanti rispetto ad
altre analoghe realizzazioni e, pur con il peso di 77 kg (71 reali, 33
ant e 38 post) era stabile e maneggevole. Grazie a questo ben si prestava
alla seconda più diffusa infrazione del Codice (la prima era
l'elaborazione
del motore) e cioè il trasporto del passeggero. Il Regolarità 6M
costava
nel '73 255.000 lire e rimase in catalogo fino al '75, quando uscirono
dalle catene di montaggio di Barzago i nuovi Caballero Regolarità Casa
e Regolarità Super.
Gilera 5V Trial
Giuseppe
Gilera, fondatore e patron della Ditta fino alla cessione alla Piaggio
nel '69, non amava il motore a 2 tempi. Ma le cose cambiano radicalmente
con l'entrata della Piaggio, che del motore a 2 tempi aveva fatto la sua
bandiera. La Gilera 5V Trial è stata presentata verso la fine del 1971.
Rispetto alle realizzazioni delle altre "grandi" Guzzi,
Morini e Benelli, il 5V Trial è moderno e competitivo
nel prezzo
pur essendo un prodotto di prim'ordine. L'aspetto è simile, almeno per
il serbatoio, all'Arcore 125/150, quindi una silhouette elegante e non
anonima in cui i vari elementi della ciclistica ed il motore si integrano
armoniosamente.
All'inizio l'unico colore disponibile è il beige con telaio bordeaux
metallizzato,
ma dal '73 è offerto, con supplemento di prezzo, anche tutto dello stesso
colore bordeaux. I parafanghi sono fissati con l'interposizione di rondelle
in gomma ed anche il serbatoio, da 7 litri, appoggia su tamponi antivibrazione.
La sella è ad altezza discreta da terra (80 cm) e si racccorda bene al
serbatoio. Forcella ed ammortizzatori sono Ceriani, anche se non del tipo
"Competizione", e offrono buone prestazioni.
Il telaio presenta una triangolazione posteriore che alloggia la
cassetta
del filtro e gli attrezzi. E' del tipo a doppia culla chiusa inferiormente,
ma non è particolarmente robusto per la mancanza di rinforzi a livello
della saldatura dei due tubi della culla con il cannotto di sterzo; invece
il forcellone posteriore è infulcrato su rubuste piastre. Le ruote sono
da 19" davanti e da 17" dietro, con pneumatici 2,50-19 e 3,00-17,
di cui, chissà perchè, solo il posteriore è artigliato,
mentre l'anteriore
è scolpito. Il motore deriva da quello della 50 da
competizione
di Fausto Oldrati che ha gareggiato nella stagione 1970. Testa e cilindro
sono in lega leggera con la camicia in ghisa ed abbondante alettatuta a
"ventaglio", il cilindro è inclinato di 15° ed il raporto
di
compressione è 5,5:1. Alesaggio di 38,4 mm e corsa di 43 mm, cilindrata
49,77 cc. L'ammissione è a 3 luci e la miscela al 4%. L'albero motore
ruota
su 2 cuscinetti a sfere, la biella su cuscinetti a rulli al piede ed alla
testa ed il pistone ha 2 segmenti. La trasmissione primaria,
sulla
destra, è ad ingranaggi elicoidali (denti 17/72) con frizione a dischi
multipli a bagno d'olio e cambio a 5 marce con ingranaggi sempre in presa.
La scelta dei raporti limitata a 5 è stata preferita vista la
destinazione
non agonistica; quando infatti si tratterà di produrre in serie la
"50
Competizione", si opterà per le 6 marce. Il pedale del cambio, sulla
sinistra, ha la prima in alto. Frizione, trasmissione primaria e cambio
sono lubrificati con 550 gr di olio SAE 30. La trasmissione finale si avvale
di un pignone a 12 denti e della corona a 48 denti. Il
carburatore
di serie è il Dell'Orto 14/9 SHA, con diffusore da appena 9 mm, getto 55
e filtro aria a cartuccia in carta; il dispositivo dello starter è a
levetta
a scatto sul corpo del carburatore. L'impianto elettrico è costituito dal
volano magnete 6V-18W, con contatti a 0,35-0,40 mm ed anticipo d'accensione
a 15° prima del PMS. La bobina è sotto al serbatoio e la candela ha
grado
termico 240 vecchia scala Bosch, con elettrodi a 0,5-0,7 mm. Il motore
pesa 15 kg ed è siglato PGB (PGA il 4 marce da strada). La Casa dichiara
1,4 CV a 4.400 giri. Nel complesso è un buon motore, soprattutto
considerando
che è il primo 2 tempi prodotto in grande serie dalla Gilera. Non
manifesta
surriscaldamenti neppure nelle condizioni di uso più gravose, il rumore
di scarico ha una tonalità "argentina"e dimostra un buon tiro.
Qualche problema può venire dall'avviamento, non sempre prontissimo, con
la leva scomoda da azionare per la vicinanza con la marmitta, dalla frizione
che incolla da freddo e dal "salto" tra la prima e la seconda.
Nel Settembre del '71 la Gilera 5V Trial subisce un collaudo eccezionale:
due studenti genovesi, i fratelli Crosa di Vergagni, tentano l'impresa
di arrivare in vetta al Kilimangiaro a 5.895 mt con due moto praticamente
di serie. L'impresa però non riesce per "pannes fisica "dei
piloti
che abbandonano stremati a 5.180 mt, comunque la maggior altitudine fino
ad allora raggiunta da una moto.Con la presentazione, al Motosalone di
Milano del novembre '73, della Gilera 50 Enduro termina la carriera del
5V Trial, anche se bisognerebbe dire che continua sotto altre vesti in
quanto l'"Enduro"differisce solo nell'estetica dal 5V Trial,
mantenendo invariato tutto il resto. Esisteva, bisogna ricordarlo, il kit
di elaborazione 7HP (testa, condotto di aspirazione e carburatore da SHB
19-19) che portava la potenza a 6,25 CV. In questo caso la velocità
passava
a circa 75 km/h.
Guazzoni Matta Cross
Gi&agrav
e;
negli anni ‘30 la Guazzoni, di Milano, era ben nota ai motociclisti
milanesi
per l’originalità e la ricercatezza tecnica. Sfruttando il momento
di
grande popolarità dei ciclomotori da fuoristrada alla fine degli anni
‘60,
nasce la Matta 50, utilizzando il soprannome “nostrano” per indicare
il Jolli delle carte. La Matta è un ciclomotore ricercato meccanicamente,
anzi fin troppo, costa molto ed è uno “status simbol”
dell’epoca. Da
questa prima versione deriva il Matacross Special 50. La moto entra in
produzione all’inizio del 1971. La
linea è molto personale
e non sempre incontra il gusto estetico.
Il grosso serbatoio da 11 litri (1 di riserva) è rialzato rispetto alla
sella, il che, se ha ragion d’essere per abbassare la posizione di guida
e facilitare le “zampate” in fuoristrada, non appaga la vista e
lascia
perplessi.
La moto è però costruita più guardando la
funzionalità e ne danno conferma
le due cassette porta attrezzi, una su dorso del serbatoio col coperchio
fissato da elastici, e l’altra cilindrica sotto la sella, oppure la
tubazione
trasversale a livello del motore per proteggere i carter dalle cadute.
Il parafango posteriore, inoltre, è molto diverso dall’anteriore,
tanto
massiccio e protettivo quanto invece l’altro è esile e quasi
insufficiente,
sebbene montato con una robustissima staffa in tubi. Per le sospensioni
e gli ammortizzatori Guazzoni non ha guardato a spese, dotando la
Matacross
Special degli insuperabili Ceriani Competizione. I cerchi sono in acciaio,
da 2.25x19 davanti e 2,25-17 dietro, con pneumatici artigliati 2,50-19
e 3,00-17.
La trasmissione primaria è un’altra particolarità di questo
motore. E’
infatti a catena, come su propulsori di ben maggiore cubatura. La catena,
semplice, trasferisce il moto dal pignone di 12 denti, e calettato direttamente
sull’albero motore tra i 2 cuscinetti di banco, alla corona di 36 denti
sul tamburo della frizione, a dischi multipli a bagno d’olio
(quantità
700 gr SAE 30 inverno e SAE 50 estate).
Il carter destro ha l’alloggiamento per il volano magnete coperto da un
tappo nero di gomma con 2 fori per la condensa e fissato a pressione. Impianto
elettrico con il volano da 6V-28W, contatti a 0,35 mm ed anticipo a 15°,
la bobina riparata sotto al serbatoio e la candela 225 vecchia scala Bosch
con elettrodi a 0,5/0,6 mm. Il carburatore è il Dell’Orto MB 18 A
con
vaschetta separata, diametro diffusore 18 mm, getto massimo 105, minimo
50, valvola del gas 50, polverizzatore 260, spillo conico E1 alla seconda
tacca, vite aria aperta di 1 giro e mezzo e filtro aria F11 a paglietta
metallica. Il motore funziona con miscela al 6%. La potenza dichiarata
è di 1,08 CV a 3.800 giri, ma esiste laversione “Export” con
7 CV a 9.000
giri, compressione 12:1, anticipo regolato a 27°. Il rumore di scarico
è molto caratteristico. Su tutto prevale infatti il sibilo del disco,
è
pronto nel prendere i giri ed assai lineare, prerogativa dei motori con
questo dispositivo, non ha buchi di carburazione o ritardi all’apertura
del gas e vibra poco. I problemi vengono dalla complessità in genere del
motore che, se non particolarmente delicato, per la manutenzione e
le riparazioni necessita di personale preparato specificatamente. In particolare
il disco rotante può essere fonte di guai anche seri, il carburatore,
sebbene
riparato da un apposito tubo del telaio, è esposto agli urti e piuttosto
basso, percui “beve” nei guadi profondi, con risultati disastrosi
per
cuscinetti ed albero. La catena della trasmissione primaria con l’usura
tende a prendere gioco diventando rumorosa. Peso effettivo della moto 73,4
kg (33 ant e 40,4 post). Nel complesso, quindi, un ottimo progetto, degno
di essere ricordato come esempio di tecnica, non esente però da problemi
sconosciuti su motori più tradizionali.
Guzzi Dingo Cross
Il
Dingo della Moto Guzzi è stato un longevo ciclomotore il cui progetto si
deve ad Antonio Micucci, uno tra i migliori tecnici che hanno lavorato
in Guzzi. E' stato prodotto per più di 12 anni in versione ciclomotore
e piccola moto da turismo, sportiva e fuoristrada per oltre 160mila
esemplari. Quest'ultima versione, presentata al Salone di Milano del
1965, proprio quando si afferma tra i ragazzi il desiderio della moto off-road,
è passata per tre successive serie sensibilmente differenti tra di
loro.
Nel
'67 debutta la seconda versione, prodotta fino al '69, che subisce un collaudo
particolarmente duro essendo scelta da Roberto Patrignani per il suo raid
Sud-Nord attraverso l'Africa. Infine, nel '70, ecco la terza serie,
quella della nostra prova, costruita fino al '73. Visto oggi il Dingo
Cross appare in tutta la sua semplicità ed economicità, ma la
forza commerciale
della Guzzi lo impose sul mercato.
Lo
conferma il successo di vendita (quasi 12 esemplari dal 1970 al 1973) e
si trovano tuttora molti estimatori e simpatizzanti. Il difetto, se vogliamo,
è che dà troppo l'impressione del ciclomotore, fatto più
psicologico che
altro, e poi quel portapacchi su una moto da fuoristrada... I colori disponibili
per la carrozzeria ed i foderi della forcella sono il giallo e il rosso
a cui si aggiunge in un secondo tempo il verde pisello. Il serbatoio denota
una ricerca stilistica con alcuni tratti comuni all'ultima versione dello
Stornello da strada, mentre la sella continua il profilo senza stacchi.
Il reparto sospensioni è forse appena sufficiente, con la forcella
mecanica
da 28 mm dotata di piastre in lamiera e 2 "finti" ammortizzatori
Sebac, che sono gli stessi del Dingo Super Sport e del GT. I cerchi montano
pneumatici artigliati Ceat o Pirelli da 2,5017 davanti e dietro. I freni
a tamburo sono in lamiera stampata, ulteriore segno di economicità.
Il
telaio è a doppia culla rialzata e abbraccia il motore che
è riparato
inferiormente da una piastra parasassi il lamierino. La testa ed il cilindro,
inclinati in avanti di 25°, sono in lega leggera, con l'alettatura non
particolarmente estesa. L'alesaggio per corsa è di 38,5x42 mm, cilindrata
48,9 cc e compressione 8:1. Una particolarità è la cromatura a
spessore
della canna del cilindro, che conferisce notevole scorrevolezza e consente
di usare miscela solo al 2% di olio. Il pistone ha testa piatta e 2 segmenti,
la biella ruota su una gabbietta a rulli alla testa ma non al piede e l'albero
motore è scomponibile e lavora su 2 cuscinetti a sfere. Il carter
è asimmetrico,
essendo la parte destra più grossa e profonda al fine di contenere gli
alberi del cambio, mentre il pignone della trasmissione primaria, a dentatura
elicoidale,ed il tamburo della frizione con la corona dentata sono all'esterno
del carter sinistro. Il cambio, con la prima in alto, è
a 4 marce
e la frizione a dischi multipli a bagno d'olio. La quantità di
lubrificante
(consigliato Shell Spirax 90 EP) è di 350 cc, da sostituire ogni 9.000
km. L'impianto elettrico presenta il volano da 6V-18W, con i contatti a
0,40-0,45 mm, anticipo di 28° e la bobina che è stranamente dietro
il cilindro,
riparata dal tubo del telaio; in seguito, dal 1971, viene ragionevolmente
posizionata sotto il serbatoio. Candela Bosch 225. La leva della messa
in moto, a destra, si aziona premendola in avanti; il pignone della catena
ha 14 denti. Il carburatore è il Dell'Orto UA 16 S, con
diffusore
da 16, polverizzatore 260, valvola del gas 55, spillo conico D15, getto
massimo 70, minimo 45, vite aria aperta di 1/2 giro e filtro 26/5 a reticella
metallica. La potenza, nonostante l'anzianità del progetto, era di circa
5 CV a 6.500 giri, mentre la velocità massima era di 75 km/h.
Il Dingo Cross era un mezzo con cui muovere i primi passi nel fuoristrada,
agile e leggero (62,2 kg effettivi a vuoto, 28,6 ant e 33,6 post) con le
sue forme contenute, ma che mostrava presto i suoi limiti se portato un
po' oltre. Il cambio, rapportato come sul GT, era costituzionalmente
debole e la chiavella si usurava anche trattandolo con delicatezza. D'altronde
veniva sfruttato sempre al massimo per tenere il passo della concorrenza
molto più agguerrita. Le vibrazioni provocavano l'allentamento di parti
anche importanti come il cavalletto, ed incrinavano alcuni componenti (faro
e parafanghi). Nonostante tutto seppe conquistarsi un buon numero di acquirenti,
senz'altro più del suo sgraziato successore, il Cross 50 presentato nel
1973.
Morini Corsarino
La
grande esperienza della Moto Morini sul motore a 4 tempi, che
ha
portato ad autentici capolavori come il Settebello o il Corsaro
Regolarità,
si è riverstata anche sul Corsarino Super Scrambler. La prima versione
è del 1966 e conosce un buon successo, eppure tre anni dopo, al Salone
di Milano, ne arriva una versione aggiornata ed abbellita. La Morini, con
l’unica altra eccezione del Motom 48 Cross, rappresenta una voce fuori
dal coro nella marea dei 2 tempi, e si rivolge quindi ad una clientela
particolare, in cerca di un mezzo esclusivo.
La linea è simpatica e grintosa, con il parafango anteriore
inox basso
sulla ruota ed il pneumatico artigliato da 2,50-17 come il posteriore.
Questo non diffuso elemento stilistico conferisce snellezza a tutta la
moto ed esalta la corsa della forcella Marzocchi. Il manubrio tipo Cross
ha, anzichè la solita barra di rinforzo, un’elegante piastrina
sagomata
e forata come sul Benelli, le leve però non sono regolabili. Il serbatoio
di 9 litri (1 di riserva) è di colore blu metallizzato come la cassetta
degli attrezzi sistemata sotto la sella e su cui è applicato
l’adesivo
rappresentante la caricatura di un giovane Corsaro che fa da mascotte del
modello. Anche il bel telaio a doppia culla chiusa color nero lucido e
con piastra antiurto sotto al motore, conferisce snellezza a tutta la moto,
mentre forse una marmitta di scarico alta, tipo quella del Corsaro
Regolarità
e peraltro presente sulla precedente versione avrebbe esaltato ancora di
più la destinazione fuoristradistica del Super Scrambler. Un po’
miseri
gli ammortizzatori posteriori, non regolabili, duri e poco frenati nella
risposta.
I
l
motore è lo stesso del modello ZZ da strada, collaudato, dal
cosumo
ridottissimo e con buone prestazioni. Ha una linea piena e regolare, con
il cilindro leggermente inclinato in avanti, i carter sono lucidati ed
al di sotto si nota la coppa dell’olio alettata. Le valvole sono in testa
e parallele, certo sono piccole, ma non proprio “lillipuziane”, 18
mm
di diametro per l’aspirazione e 16,5 mm lo scarico, con le aste per il
movimento dei bilancieri contenute nell’astuccio sulla destra del
cilindro,
mentre l’albero a camme è nel carter. Il gioco di funzionamento a
freddo
è 0,05 mm per entrambe, mentre quello di controllo per la messa in fase
è 0,4 mm, il diagramma di distribuzione è: aspirazione apre
8° pPMS e chiude
48° dPMI; scarico apre 48° pPMI e chiude 8° dPMS. Il pistone ha la
testa
piatta con fasce elastiche e raschiaolio, alesaggio 41 mm, corsa 37 mm
cilindrata 48,8 cc, con compressione 9,7:1. L’olio motore, che lubrifica
anche il cambio, la frizione e la primaria, è contenuto nella coppa sotto
al motore, alettata per il raffreddamento. La lubrificazione è forzata
con pompa, mentre il recupero avviene per caduta. Il cambio
è comandato
da leva a bilanciere sulla sinistra e sulla leva si nota la vite di registro
del gioco. Nato con 3 velocità e comando a manopola, lo si è poi
trasformato
in 4 marce a pedale, percui non è particolarmente morbido e
rapido.
La prima è molto corta, seconda e terza sono ravvicinate e la quarta
è
lunga. La trasmissione primaria è ad ingranaggi elicoidali (denti 18/65),
la finale, a sinistra, è a catena 1/2 x 3/16, con 102
“passi” falsa maglia
compresa e pignone da 12 denti (xx la corona). La leva dell’avviamento
è insolitamente inserita sopra al carter dove esce l’alberino per
l’ingranaggio
ed ha la molla di richiamo “a vista”. Non è tuttavia
snodata. L’impianto
elettrico comprende il volano magnete 6V-18W sulla sinistra
dell’albero
motore, con i contatti regolati a 0,35-0,40 mm ed anticipo 34-36° rispetto
al PMS; candela Bosch W240 T2.Carburatore Dell’Orto UA 15 BS, con
diffusore
da 15, getto massimo 65, minimo 35, valvola del gas 65, spillo conico D8
alla seconda tacca, polverizzatore 260 G e vite aria aperta di 1 giro e1/2.
Il filtro dell’aria è a paglietta metallica modello F6. Sul
carburatore
è presente lo starter ed il “cicchetto”. In
conclusione dobbiamo
dire che, essendo un 4 tempi, il carattere del motore si discosta molto
dalla concorrenza. Il rombo è pieno nonostante la piccola cilindrata, col
piacevole risucchio di aspirazione in staccata, si avvia sempre facilmente,
è silenziosissimo di scarico, tiene un minimo basso e regolare e
preferisce
girare allegramente con abbondante uso di cambio e frizione. Il consumo
è bassissimo, 50 km con 1 litro, un motore veramente ecologico
più di 30
anni fa! Gli ultimi esemplari del Corsarino Super Scrambler sono stati
venduti nel 1976
Muller Zundapp
Quando
Lucio Battisti cantava "Motocicletta 10 HP, tutta cromata..."
sembrava parlasse proprio della Muller-Zundapp Regolarità 50, con il suo
serbatoio lucidato a specchio ed il motore da quasi 10 CV. Poche altre
moto di questa cilindrata, daltronde, possono vantare l'accuratezza costruttiva
tipica del prodotto artigianale di piccola serie. La Muller-Zundapp veniva
assemblata dai fratelli Perere di Porta Tenaglia a Milano, per conto della
Moto Muller di Robecco d'Oglio (BS). Per questo motivo le Muller-Zundapp
costruite nelle tre classiche cilindrate 50, 100 e 125 cc, tutte con il
motore tedesco, erano un prodotto riservato a pochi, costoso e raro, di
"nicchia"come si dice oggi.
Il telaio, a doppia culla chiusa, è lo stesso dei modelli di
maggior
cilindrata che hanno il doppio di potenza. Se questo può far nascere il
dubbio di un 50 pesante e poco maneggevole, sono sufficienti una rapida
prova e l'esame estetico per fugare ogni dubbio. Il colore blu metallizzato
inoltre lo valorizza più che non il rosso della 125 e dona quasi
velocità
a tutta la moto. Il forcellone posteriore è infulcrato sul grosso tubo
del telaio che arriva dal cannotto di sterzo. Le sospensioni sono le
ineguagliabili
Ceriani Competizione, i parafanghi sono in acciaio inox e l'anteriore è
basso sulla ruota. Pneumatici Metzeler 2,75-21 anteriore e 3,00-18 posteriore.
Il
motore, costruito dalla Zundapp di Monaco di Baviera è
l'esclusività
della moto. Testa e cilindro sono abbondantemente alettati, con l'alettatura
"radiale" della testa, come tradizione Zundapp già dagli anni
'30. Il cilindro è in lega leggera con canna cromata ed è
inclinato in
avanti. La cilindrata effettiva è 49,9 con le misure di alesaggio per
corsa
di 39x41,8 mm. La camera di scoppio ha forma a "berretto di fantino"e
la compressione di 9:1. Il pistone ha il cielo bombato ed è lavorato a
diamante, con scanalature alla sommità del mantello per trattenere un
velo
d'olio lubrificante; il segmento è uno solo ad L. La biella lavora su
cuscinetti
a rulli sia al bottone di manovella che allo spinotto del pistone. La
trasmissione primaria è a denti elicoidali sulla destra, con la
frizione
a bagno d'olio costituita da 5 coppie di dischi e 10 molle, il
cambio
ha 5 velocità con la prima in basso e rappresenta l'unica nota dolente
per via della eccessiva escursione. Sulla sinistra dell'albero motore è
fissato il volano magnete Bosch da 6V-18W, con i contatti da regolare a
0,4 mm. Il carter ha forma regolare e simmetrica, è alettato
inferiormente
per il raffreddamento e sulla sinistra si trovano la leva del cambio e
dell'avviamento che sono coassiali. L'alimentazione è fornita dal
carburatore
Bing a vaschetta centrale e la miscela da usarsi è al 4%. Il
motore
eroga 6,5 CV a 7.500 giri e non è neppure prevista la versione con il
cavallo
emmezzo prescritto dal Codice. E' silenzioso, elastico, sempre pronto
nell'accellerazione
e dotato di una frizione morbida e resistente. In definitiva è un motore
"adulto" che sembra più grosso dei suoi 50 cc ed inserito in
un contesto d'eccellenza con soluzioni semplici e razionali. Una per tutte:
per lubrificare la catena, nel trave posteriore del telaio è ricavato un
serbatoio con beccuccio di riempimento in alto e rubinetto dosatore in
basso, così da far sgocciolare l'olio. Semplice, geniale, efficace. Gli
ultimi Muller-Zundapp Regolarità 50, naturalmente aggiornati anno dopo
anno come si confà ad una moto da competizione, sono stati venduti nel
1975.