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Appendici aerodinamiche: tutto quello che c’è da sapere sulle ali

Se ne parla parecchio, ma non tutti sanno come funzionano nello specifico le “alette” sulle carene. Ecco quali sono i (tanti) vantaggi e i (pochi) svantaggi delle winglet
1/24 Le ali della Ducati Panigale V4 R 2019

L'aerodinamica applicata alle motociclette non è di per sé una novità. Nel corso della storia (trovate alcune foto nella gallery qui sopra risalenti agli anni 70) si sono viste più volte moto di serie con soluzioni volte a migliorare la stabilità. La novità dell'ultim'ora è che sulle moto sportive stanno arrivando appendici che hanno la stessa funzione di quelle utilizzate in MotoGP, quella, ovvero, di creare deportanza sull'avantreno: una forza verticale che spinge il muso verso il terreno. La prima ad introdurre ali con questa funzione è Aprilia con la RSV4 RF LE (regolarmente omologata e in commercio solo in America) ma l’hanno seguita già altre Case, come ad esempio Ducati con la Panigale V4 R. Ultimamente, le geometrie delle winglet hanno subìto una notevole ottimizzazione grazie all’utilizzo di gallerie del vento e software di simulazione fluidodinamica (CFD), attraverso i quali è possibile conoscere in anticipo le prestazioni di un determinato modello e poi testarlo in condizioni prossime a quelle che troviamo in pista. Tenendo conto di ciò, è anche possibile decidere il numero e la posizione delle ali, facendo in modo che garantiscano i loro benefici senza intaccare negativamente gli equilibri della motocicletta.

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Come sugli aerei, ma al contrario

Un’ala, una volta che viene colpita da un flusso d’aria, è capace di generare due forze: una lungo la direzione del flusso, chiamata resistenza, e una perpendicolare al flusso, chiamata portanza. La seconda è la più interessante perché è anche quella che sfruttano gli aerei per volare. Se capovolgiamo l’ala di un aereo infatti otteniamo una deportanza, ovvero una forza rivolta verso il basso, come quella delle alette delle Formula Uno. Ed è esattamente quello che accade con le winglet della MotoGP. Ma come fa un’ala a creare delle forze? Una volta che viene colpita dal flusso d’aria, l’ala genera una zona di alta pressione (foto sotto, in rosso) e una di bassa pressione (foto sotto, in blu). Questo crea un effetto di “spinta” dove la pressione è maggiore, e uno di “risucchio” dove è minore, che si traducono quindi nelle forze sopracitate. La forza generata da un’ala è direttamente proporzionale all’area della stessa, è influenzata dalla sua geometria e la resistenza aerodinamica cresce con la velocità al quadrato. Con queste premesse è chiaro che questi dispositivi siano in grado di generare una forza pari a diverse decine di chilogrammi a velocità elevate, mentre ad andature ridotte, come quelle rilevate in curva ad esempio, l’effetto è decisamente meno accentuato.
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Anti-wheeling senza elettronica

Uno dei principali pregi delle winglet è quello di diminuire la tendenza delle moto all’impennata, permettendo quindi ai controlli elettronici di lavorare in maniera meno invasiva, tagliando dunque la potenza in maniera ridotta. Di conseguenza, anche se è vero che l’ala ostacola il raggiungimento della velocità massima con la sua resistenza aerodinamica, è altrettanto vero che permette un’accelerazione notevolmente migliore in uscita di curva che, dati alla mano, permette di ridurre i tempi sul giro. Un altro effetto positivo è quello di migliorare la stabilità in frenata. Un esempio? Al Mugello, arrivando alla staccata della San Donato a ben oltre 300 km/h, i piloti con le alette possono contare su quasi 100 kg in più sull’avantreno, che spingono la ruota anteriore a terra permettendo di frenare in maniera più decisa. E in curva? L’effetto delle ali in questo frangente è (quasi) trascurabile. Le velocità di percorrenza di una curva sono molto inferiori a quelle di un rettilineo, quindi le alette generano meno della metà della forza rispetto a prima. Questo permette quindi di non avere una moto troppo “pesante” da far curvare, e contemporaneamente fornisce un leggero vantaggio in termini di aderenza sull’anteriore. Questi risultati sono stati ottenuti generando comunque soluzioni tecniche abbastanza differenti, come possiamo notare osservando le diverse carenature che vengono utilizzate dalle varie Case presenti in griglia nella MotoGP. Questo settore è in continua evoluzione e siamo sicuri che riserverà altre sorprese per il mercato delle moto di serie: si potrebbero vedere, in un futuro non troppo lontano, componenti a geometria variabile o comunque una maggiore integrazione con tutti i sistemi di controllo presenti sulle moto odierne, sempre più prestazionali e vicine a quelle da competizione.
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