La
CH 125 rappresenta una svolta
epocale per l’
Ancillotti che con questo modello
abbandona il motore
Sachs per l’italiano
Hiro. L’estetica della CH
è molto simile
a quella della versione precedente. Lo
scarico si trova
però sul
lato destro. La cassetta di
aspirazione, nascosta dal telo
impermeabile,
non è in plastica come sulle versioni motorizzate Sachs, ma stranamente
viene riesumato il mitico filtro dell’aria a doppio pentolino costruito
centralmente in ferro ed in alluminio nei coperchi laterali.
La CH era disponibile in
due colori:
serbatoio e parafanghi gialli oppure serbatoio arancione, bordeaux ed azzurro
e parafanghi bianchi. Sul serbatoio, come in uso negli anni Settanta trova
posto la
borsa porta attrezzi. A fianco del tappo un adesivo avvisava
i possessori di stringere tutta la bulloneria, controllare la tensione
della catena e la pressione dei pneumatici dopo la prima ora di marcia.
Rispetto al modello motorizzato Sachs sei
marce, la nuova Ancillotti Hiro ha il
telaio modificato (viene eliminato
l’archetto posteriore). Differenti anche gli
attacchi degli
ammortizzatori
sul forcellone.

Quando
alla fine degli
anni Sessanta l’onda del fuoristrada sta montando
in maniera sempre più massiccia, l’
Ancillotti è fra
le prime Case
a cavalcare il fenomeno, dapprima con modelli di piccola cilindrata
motorizzati
Beta e poi, dal
1970, con modelli di 50 e 125 dotati dei
monocilindrici
tedeschi Sachs, che Ancillotti è forse il primo ad utilizzare in
Italia.
Mettendo a frutto la lunga esperienza fatta nell’elaborazione dei due
tempi (celebri i lavori di potenziamento sui motori Lambretta)
l’Ancillotti
mette a listino
due opzioni per le moto da Regolarità: una
“base”
ed una con propulsore elaborato dalla stessa azienda.
I risultati non
mancano, a conferma della validità del prodotto. Con l’arrivo
sul
mercato alla fine del 1975 del
motore Sachs a 7 marce ecco la svolta
inattesa. Dopo alcune prove poco soddisfacenti, che fanno emergere una
serie di problemi al motore, l’Ancillotti preferisce imboccare
un’altra
strada, mentre altri costruttori restano indecisi fino all’ultimo per
poi rimanere fedeli alla Casa tedesca.

Si
rivolge così all’
italiana Hiro, una nuova azienda di
Origgio (VA),
creata quasi dal nulla da Andrea Mosconi, che ha da poco cominciato a realizzare
motori da fuoristrada adottati per prima dalla TGM. I
motori Hiro
montati da Ancillotti nei telai che fino a qualche giorno prima ospitavano
i Sachs a sei marce, hanno la
frizione a secco, la testa di tipo
radiale e lo
scarico basso spostato a destra. La moto subisce nel
tempo
miglioramenti che interessano non solo l’
estetica,
ma anche la
ciclistica e la
meccanica. In particolare il
motore viene dotato nel
1978 di
frizione in bagno d’olio.
La scelta di affidarsi all’Hiro si rivela vincente ed il binomio dura
fino al 1982, anno in cui l’Ancillotti si converte al
r
affreddamento
ad acqua, con i motori costruiti dalla
TAU.
Caratteristiche
tecniche
Riferite alla versione del 1977
Motore: Hiro monocilindrico due tempi
raffreddato ad aria, testa e cilindro in lega leggera, canna cromata,
distribuzione
a quattro travasi e pistone piatto, alesaggio per corsa 54 x 54 mm.
Cilindrata totale 123,6 cc,
compressione 11,3:1,
potenza 22 CV a 9.800 giri.
Accensione: elettronica Motoplat.
Alimentazione: carburatore Dellorto PHBE32BS, diametro diffusore 32 mm,
miscela al 5%, capacità serbatoio 9,5 litri.
Frizione: multidisco a secco.
Cambio: In blocco a sei rapporti, tipo in cascata con innesti a denti
frontali.
Telaio: doppia culla continua in tubi d’acciaio.
Sospensioni: anteriore forcella Marzocchi diametro 35 mm; posteriore forcellone
oscillante con due ammortizzatori Marzocchi a gas.
Freni: anteriore e posteriore a tamburo
Grimeca da 140 mm.
Ruote: a raggi con cerchi in lega leggera
Akront. Anteriore da 21”; posteriore da 18”.
Pneumatici: anteriore 3.00-21 e 4.00- 18
posteriore.
Dimensioni (in mm) e peso:
interasse 1.390.
Peso a secco 90 kg.
Prezzo: 1.437.084 lire.