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10 February 2004

Ancillotti CH 125

Ancillotti ch 125


La CH 125 rappresenta una svolta epocale per l’Ancillotti che con questo modello abbandona il motore Sachs per l’italiano Hiro. L’estetica della CH è molto simile a quella della versione precedente. Lo scarico si trova però sul lato destro. La cassetta di aspirazione, nascosta dal telo impermeabile, non è in plastica come sulle versioni motorizzate Sachs, ma stranamente viene riesumato il mitico filtro dell’aria a doppio pentolino costruito centralmente in ferro ed in alluminio nei coperchi laterali.

La CH era disponibile in due colori: serbatoio e parafanghi gialli oppure serbatoio arancione, bordeaux ed azzurro e parafanghi bianchi. Sul serbatoio, come in uso negli anni Settanta trova posto la borsa porta attrezzi. A fianco del tappo un adesivo avvisava i possessori di stringere tutta la bulloneria, controllare la tensione della catena e la pressione dei pneumatici dopo la prima ora di marcia.  
Rispetto al modello motorizzato Sachs sei marce, la nuova Ancillotti Hiro ha il telaio modificato (viene eliminato l’archetto posteriore). Differenti anche gli attacchi degli ammortizzatori sul forcellone.  

Quando alla fine degli anni Sessanta l’onda del fuoristrada sta montando in maniera sempre più massiccia, l’Ancillotti è fra le prime Case a cavalcare il fenomeno, dapprima con modelli di piccola cilindrata motorizzati Beta e poi, dal 1970, con modelli di 50 e 125 dotati dei monocilindrici tedeschi Sachs, che Ancillotti è forse il primo ad utilizzare in Italia.
Mettendo a frutto la lunga esperienza fatta nell’elaborazione dei due tempi (celebri i lavori di potenziamento sui motori Lambretta) l’Ancillotti mette a listino due opzioni per le moto da Regolarità: una “base” ed una con propulsore elaborato dalla stessa azienda. I risultati non mancano, a conferma della validità del prodotto. Con l’arrivo sul mercato alla fine del 1975 del motore Sachs a 7 marce ecco la svolta inattesa. Dopo alcune prove poco soddisfacenti, che fanno emergere una serie di problemi al motore, l’Ancillotti preferisce imboccare un’altra strada, mentre altri costruttori restano indecisi fino all’ultimo per poi rimanere fedeli alla Casa tedesca.

Si rivolge così all’italiana Hiro, una nuova azienda di Origgio (VA), creata quasi dal nulla da Andrea Mosconi, che ha da poco cominciato a realizzare motori da fuoristrada adottati per prima dalla TGM. I motori Hiro montati da Ancillotti nei telai che fino a qualche giorno prima ospitavano i Sachs a sei marce, hanno la frizione a secco, la testa di tipo radiale e lo scarico basso spostato a destra. La moto subisce nel tempo miglioramenti che interessano non solo l’estetica, ma anche la ciclistica e la meccanica. In particolare il motore viene dotato nel 1978 di frizione in bagno d’olio. La scelta di affidarsi all’Hiro si rivela vincente ed il binomio dura fino al 1982, anno in cui l’Ancillotti si converte al raffreddamento ad acqua, con i motori costruiti dalla TAU.


Caratteristiche tecniche
Riferite alla versione del 1977

Motore: Hiro monocilindrico due tempi raffreddato ad aria, testa e cilindro in lega leggera, canna cromata, distribuzione
a quattro travasi e pistone piatto, alesaggio per corsa 54 x 54 mm.
Cilindrata totale 123,6 cc,
compressione 11,3:1,
potenza 22 CV a 9.800 giri.
Accensione: elettronica Motoplat.
Alimentazione: carburatore Dellorto PHBE32BS, diametro diffusore 32 mm, miscela al 5%, capacità serbatoio 9,5 litri.
Frizione: multidisco a secco.
Cambio: In blocco a sei rapporti, tipo in cascata con innesti a denti frontali.
Telaio: doppia culla continua in tubi d’acciaio.
Sospensioni: anteriore forcella Marzocchi diametro 35 mm; posteriore forcellone oscillante con due ammortizzatori Marzocchi a gas.
Freni: anteriore e posteriore a tamburo Grimeca da 140 mm.
Ruote: a raggi con cerchi in lega leggera Akront. Anteriore da 21”; posteriore da 18”.
Pneumatici: anteriore 3.00-21 e 4.00- 18 posteriore.
Dimensioni (in mm) e peso:
interasse 1.390.
Peso a secco 90 kg.
Prezzo: 1.437.084 lire.
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