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Lombardia in moto: Milano-Lecco lungo canali e fiumi

Viaggio in moto in Lombardia: una Milano-Lecco insolita, dal Naviglio Martesana all’Adda, risalendo poi fino al Lario. Con la Suzuki Van Van 200 tra campagna, capolavori di archeologia industriale e personaggi illustri, come un certo Leonardo...
1/28 Il traghetto leonardesco a Imbersago (LC)

Vie d'acqua a Milano

Per chi pedala, quelle della Martesana e dell’Adda sono ciclabili tra le più affascinanti della Lombardia. La Martesana scorre parallela a squallide vie di grande comunicazione, trafficate e circondate da cappannoni e fabbriche, ma stacca completamente da quel contesto. Si pedala in assoluta tranquillità, con scorci bucolici che non si penserebbe possano esistere a così poca distanza dalle fabbriche: fitti boschi, cascine isolate, ville patrizie, antichi borghi. L'Adda invece colpisce perché tra Vaprio e Lecco scorre a lungo in fondo ad una gola scavata profondamente nella Pianura Padana. Finché non ci arrivi, non ti aspetti questo suo aspetto selvaggio. Eppure s'è creata una felice commistione tra natura e opere artificiali, come le tre grandi centrali elettriche tra Trezzo e Porto d'Adda, o il ponte di Paderno d’Adda.

Ok la bici, ma la moto?

Il Naviglio Martesana nel punto in cui entra nella cittadina di Gorgonzola
Bene, ma tutto questo si può fare in moto? La ciclabile no, è chiaro. Ma, visto che gli scorci paesaggistici sono belli e ci sono parecchie cose da vedere, abbiamo provato a stare il più possibile vicini ai corsi d'acqua, per verificare se ne valesse la pena. Non è quel tipo di motociclismo dove l'adrenalina la fa da padrone, anzi. Ma è quel genere di turismo dove una moto è bella da usare perché ti fa vedere meglio il paesaggio, te ne fa annusare gli odori, permette di infilarsi in ogni angolino, ti fa parcheggiare al volo senza patemi, addirittura puoi scattare foto senza neanche scendere e senza bloccare il traffico. Il nostro itinerario parte dal centro di Milano, in una delle sue vie più trafficate, Melchiorre Gioia. Difficile immaginarsi che un viaggio possa partire da qui, eppure basta affacciarsi sul canale Martesana, anche detto Naviglio Piccolo (in contrapposizione al Naviglio Grande che collega il fiume Ticino a Milano), nell’unico tratto urbano che ne rimane, per cominciare ad essere proiettati in una lunga storia di conche, chiuse, duchi con grandi sogni di navigazione e illustri ingegneri. La strada d’acqua fu voluta da Filippo Maria Visconti e i lavori iniziarono tra il 1457 e il 1460 sotto Francesco Sforza: 38 km da Trezzo sull’Adda a Milano. Il punto di partenza è praticamente sotto al ponte dell’autostrada A4 Milano-Venezia.

L'acqua lombarda e Leonardo

Le conche di Leonardo, appenna sotto il Santuario della Madonna della Rocchetta (Paderno d'Adda, LC)
Il canale inizialmente ebbe soltanto la funzione d’irrigazione delle campagne a est di Milano, ma fin da subito c’era l’ambizione di farne una via di comunicazione per il trasporto delle merci addirittura fino a Lecco, cosa che però trovava un grosso ostacolo tra Paderno e Trezzo, dove il fiume è in pendenza e pieno di scogli. A favore di corrente, le chiatte che trasportavano le merci impiegavano circa otto ore per andare da Trezzo a Milano. Il ritorno avveniva al traino dei cavalli, in dodici ore. Il percorso non è rettilineo come nel caso del Naviglio Grande e di quello Pavese, ma è tortuoso perché i vari signorotti, intuendo la fortuna che quel canale avrebbe portato, lo fecero deviare (a suon di denari) verso i loro possedimenti. Nel 1496, sotto Ludovico il Moro, venne realizzato il collegamento della Martesana con il Naviglio Interno, all’altezza della Chiesa di San Marco, dove venne creato anche un piccolo lago. La leggenda dice che questo tratto venne realizzato da Leonardo da Vinci, ma non ci sono prove. Sembra invece che lui avesse studiato con attenzione questo collegamento per poi proporre due progetti di canale in grado di superare il tratto problematico dell’Adda tra Paderno e Trezzo: il primo prevedeva un canale realizzato ex novo da Paderno a Milano e il secondo un canale parallelo all’Adda, con un sistema di chiuse che, poi, è stato realizzato. Leonardo arrivò a Milano, alla corte di Ludovico il Moro, con la fama di grande artista ma si dedicò principalmente a opere di meccanica e ingegneria idraulica: Milano, una delle poche città in Europa a superare i 100.000 abitanti, lo stimolava soprattutto come uomo di scienze.

Napoleone e le mele

Naviglio Martesana, Milano. Siamo a Cassina de' Pomm, in via Melchiorre Gioia, dove il canale s'interra e dove si trovava la prima conca che avrebbe incontrato nel suo percorso per raggiungere i Bastioni dei Navigli
La nostra prima foto è alla Cassina de’ Pomm (Cascina delle Mele), antica stazione di scambio e di ristorazione per viaggiatori e mercanti, dove la Martesana scompare (è stata coperta negli anni Sessanta) per poi finire nel Naviglio Interno (coperto già negli anni Venti) al Ponte delle Gabelle. La Cassina venne eretta nel Cinquecento, nel punto in cui si trovava l’unica conca del canale (ovvero un bacino che veniva creato da due chiuse, una a monte e una a valle, per permettere alle barche di superare dislivello: avete in mente il Canale di Panama?) ed ha ospitato personaggi illustri: Napoleone Bonaparte, Carlo Porta, Stendhal. Oggi è sede della Trattoria Martesana ed è qui che inizia la ciclabile. Non nascondiamo di aver provato un po’ d’invidia per chi poteva seguire il corso del canale con molta più disinvoltura di noi, anche se la Suzuki Van Van 200 che abbiamo scelto per fare questo giro è una delle moto più agili che potessimo utilizzare. All’inizio bisogna superare una serie di ferrovie e via Prospero Finzi è l’unica che le oltrepassa e che costeggia la Martesana in una tratta molto suggestiva, ma è a senso unico… a nostro sfavore. Sarebbe perfetta nel caso si volesse fare questo itinerario da Lecco a Milano, il che avrebbe il suo perché. Ma noi abbiamo deciso di lasciare la grande città per arrivare al lago.

La "Riviera di Milano"

Naviglio Martesana, Milano. La "Riviera milanese" nel tratto urbano del canale, in via Amalfi
Il primo tratto dove si riesce a costeggiare la Martesana è Viale Padova. Da una parte ci sono la strada e la ciclabile, dall’altra sontuose ville settecentesche. Tre secoli fa, qui era campagna e la zona di Crescenzago venne definita “la riviera di Milano”. Nobili e aristocratici vi costruirono le loro ville, alcune delle quali hanno delle storie curiose. Villa Lecchi, per esempio, ha ospitato per una notte l’imperatore Francesco I d’Austria, nel 1816; mentre, nel 1875, l’industriale Enrico Mangilli vi inventò i coriandoli di Carnevale. In Villa de Ponti ha vissuto la prima donna della provincia di Milano a conseguire la patente di guida. Villa Pino apparteneva al Ministro della Guerra del Regno d’Italia, ai primi dell’Ottocento. A Cologno Monzese la Martesana si fa più popolare. Ci sono condomini di periferia e grandi parchi dove la gente pedala, corre, passeggia o porta il cane.

In campagna

Naviglio Martesana, appena fuori Milano, all'altezza di Cascina Burrona, nel comune di Vimodrone.
Poi, presso Cascina Burrona, è campagna. Si costeggia il canale per un bel pezzo, molto bello. Le poche case sono cascine rimesse a nuovo e ridipinte con colori vivaci. Ma a Cernusco sul Naviglio cambia ancora. Il tratto che porta al Santuario di Santa Maria dell’Addolorata è aperto al traffico ed è il più bello di tutta la Martesana: sulla sponda opposta c’è il fitto bosco del Parco di Villa Alari, mentre di qua ci sono delle case antiche e ben tenute. Di nuovo campagna, poi a Cassina de’ Pecchi si riesce a costeggiare il canale fino a Gorgonzola, che sarebbe famosa per l’omonimo formaggio, se non fosse che, oggi, è Novara il suo polo di produzione principale. In questa cittadina il canale la fa da padrone, perché passa per il centro, sfiorando l’ottocentesca chiesa dei Santissimi Gervasio e Protasio, due gemelli martirizzati durante il III secolo d.C. in quanto cristiani e ai quali sono state dedicate 14 chiese tra Centro e Nord Italia.

Finalmente, l'Adda

Brembate (BG)
Continuando a risalire la Martesana, raggiungiamo l’Adda già a Cassano. Tuttavia, il canale nasce a Trezzo ma, per i primi 9 km, scorre parallelo al fiume che gli dà vita. Noi, però, giunti a Vaprio d’Adda passiamo sull’altra sponda e ci allontaniamo, fino a passare il fiume Brembo nella interessante Brembate. Questo perché ci preme visitare un mirabile esempio di villaggio industriale, Crespi d’Adda, che si trova sulla sponda orientale. Il concetto che sta alla base di tali villaggi, che si trovano anche a Schio (Lanerossi), a Collegno (Leumann), a Ivrea (Olivetti), a Essen in Germania (Krupp), a Mulhouse (Francia) e a Chicago (Pullman City), è figlio delle teorie umanistiche di imprenditori illuminati (in questo caso Cristoforo Benigno Crespi) che, nel momento in cui erigevano le loro fabbriche, pensavano (in maniera paternalistica) anche al benessere dei loro dipendenti. Così sceglievano un’aerea libera, in campagna e pianificavano a tavolino una città ideale, con le abitazioni di operai e impiegati subito fuori, in modo da evitare lunghi trasferimenti per andare al lavoro; con i servizi essenziali (scuole, ospedali); con case dignitose, con tanto verde, in modo che fosse un piacere vivere e lavorare lì.

Ville e villette

Una sterrata fra le bellissime ville che si trovano a Crespi d'Adda
Come tema è veramente affascinante. Crespi d’Adda, edificata tra il 1878 e il 1930, è composta da un cotonificio lungo e stretto, posto in riva all’Adda, di fronte al quale sono state costruite un’ottantina di ville e villette, ispirate a quella che venne esposta all’Expo di Londra del 1851. Le abitazioni del medico e del parroco svettano alte sopra una collina. Le case più economiche, quelle degli operai, hanno comunque un giardino ciascuna. Oltre alla scuola e all’ospedale ci sono anche la centrale termica, lo spaccio, una pineta, una piscina, la villa padronale e un campo sportivo.

Patrimonio dell’Umanità

Crespi d'Adda (BG): il cimitero del borgo, che si trova al termine del viale principale, realizzato dall'architetto Gaetano Moretti
C’è anche il cimitero, molto scenografico, progettato da Gaetano Moretti. Nel corso degli anni, il villaggio è rimasto tale e quale, ma gli abitanti attuali – eredi dei lavoratori di allora –sono riusciti a ottenere il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco, nel 1995, per difendersi dagli speculatori che volevano radere il villaggio al suolo o anche solo fare aggiunte. Passeggiare per questo posto è davvero strano, sembra di essere nella campagna inglese. Ci si sente isolati e fuori dal mondo ma, per fare la spesa, a pochissimi chilometri ci sono Trezzo e Capriate, quest’ultima con la famosa Minitalia. Una foratura dentro Brembate ci porta a vagare per la zona alla ricerca di un gommista: abbiamo con noi camere d’aria, leve e pompa, ma non la voglia di usarle. Arriviamo così da Rizzo Gomme di Bottanuco (BG), che è un appassionato di moto e che ci sistema il danno in un quarto d’ora.

Centrali potentissime

Centrale Bertini a Porto d’Adda
Per risalire l’Adda torniamo sulla sponda sinistra, perché lì si trovano le cose più interessanti: il castello di Trezzo d’Adda, le quattro centrali elettriche Taccani, Esterle, Bertini e Semenza (questa però sull'altra sponda), il Santuario della Rocchetta, il ponte San Michele, il traghetto leonardesco, alcune dighe e chiuse e la chiesa di Santa Madonna del Bosco. Il loro insieme dà vita all’Eco Museo Leonardo. Poi si va su, si passa la bella Brivio e si arriva a Lecco, con il suo lungolago. Le centrali elettriche si trovano a livello del fiume e sfruttano il fatto che, tra Paderno e Trezzo, l’Adda scorre in una stretta gola, posta 100 m più in basso rispetto alla Pianura Padana. Quindi, riuscendo a portare dei canali fino al punto in cui la pianura precipita, è possibile far precipitare la loro acqua in tubature parallele di grande diametro e forte pendenza, con risultati eccezionali se pensate che la Bertini di Porto d’Adda, come potenza (13.500 Volt), era seconda solo alla centrale delle Cascate del Niagara. Eretta dalla Edison tra il 1895 e il 1898, alimentava i tram di Milano, che distava 32 km: era la linea di trasporto dell’energia elettrica più lunga d’Europa. A Trezzo, invece, si trova la Centrale Taccani, quella della foto d’apertura: è di proprietà dell’Enel ed è considerata una pregevole opera di architettura, appartenente alla corrente neoromantica. E sapete perché? Il motivo è che è stata voluta da Cristoforo Benigno Crespi, che doveva alimentare il suo villaggio, ma non voleva creare un ecomostro, sempre per via della sua spiccata sensibilità verso le persone e l’ambiente. Oltretutto, la centrale si trova proprio sotto il castello dei Visconti di Trezzo e non doveva stridere creando troppo contrasto. Così l’architetto modernista Gaetano Moretti si ispirò allo stile liberty, ma con forme medioevali.
Paderno d'Adda: si dice che questo paesaggio naturale sia quello che Leonardo ha dipinto come sfondo alla su celebre "Vergine delle rocce"
Poco più su, l’Adda raggiunge le massime vette di romanticismo e inquietudine. Non ci si può andare in moto, ma vale la pena farsi una camminata di tre chilometri (tra andata e ritorno) dalla centrale Bertini in direzione nord, camminando sul fondo del claustrofobico canyon. Costeggerete il Naviglio di Paderno, di cui parlavamo all’inizio: è stato commissionato a Leonardo da Vinci, che studiò un sistema di chiuse e conche per permettere alle chiatte di superare questo selvaggio tratto dell’Adda. Ma la realizzazione di tale canale è avvenuta solo tra il 1773 e il 1777. In tutto è lungo 2,6 km e supera un dislivello in discesa di 26 metri grazie a sei conche, lunghe una quarantina di metri ciascuna. Già che c'era, visto che era qui per studiare la situazione, Leonardo trovò anche l'ispirazione per dipingere le due versioni della sua Vergine delle Rocce, il cui sfondo è sempre lo stesso: una roccia a forma di “M” a sinistra e una a forma di pinnacolo sulla destra. Si dice che fossero due scogli presenti nel canyon dell’Adda proprio in questo punto e che lui li avrebbe dipinti dalla sommità della rupe su cui sorge il Santuario della Madonna della Rocchetta del 1386. Questo si raggiunge con una scala bella ripida e sorge dove sono stati trovati resti di un insediamento romano. Siamo sinceri: per quanto la vista da lassù sia suggestiva (si vedono gli scogli e si capisce quanto sia scavato profondamente l’Adda in mezzo alla Pianura Padana), non abbiamo riconosciuto le rocce dipinte da Leonardo. Questo santuario è la meta della 23ma tappa del Cammino Giubilare di Sant’Agostino, che collega 50 santuari mariani tra Lombardia e Liguria per una lunghezza totale di ben 926 km.

Il "gigante" di ferro

Il ponte in ferro (ad un'unica campata e privo di saldature) di Paderno d'Adda: sopra passano le auto e sotto i treni.
Tornati alla moto, il nostro itinerario prosegue con un capolavoro di archeologia industriale, il Ponte San Michele, che unisce Paderno a Calusco e che si erge 80 metri sopra il pelo dell’acqua (tanto da avere legato la sua fama anche al bungee jumping). Lo ha progettato lo svizzero Jules Röthlisberger che, per non pregiudicare la navigazione sul fiume, decise di creare un’unica campata, senza piloni che arrivassero da sotto, sfruttando i suoi studi sulla teoria dell’ellisse dell’elasticità. Solo ferro, zero saldature, con 100.000 chiodi ribattuti. Venne terminato nel 1889, nello stesso anno della Torre Eiffel, che sfruttava lo stesso principio costruttivo. Gustav Eiffel ha fatto scuola con i suoi giganti in ferro: nel 1877 terminò il ponte di Maria Pia di Oporto, in Portogallo, e nel 1884 quello di Garabit, in Francia (utilizzato nel film "Cassandra Crossing"), ma il San Michele è stato a lungo il ponte ad arco più grande del mondo. Si dice che Röthlisberger, terrorizzato dall’idea che il ponte non potesse reggere, avesse tentato il suicidio gettandosi proprio dalla sua creatura. In realtà non lo fece, ma il ponte è purtroppo noto per i suicidi: oltre 50 persone negli ultimi 16 anni.

Leonardo, ancora tu!

Il traghetto leonardesco a Imbersago (LC)
Continuando a costeggiare l'Adda arriviamo ad Imbersago, nota perché qui si trova il traghetto “a mano”: due scafi collegati insieme, capaci di portare 100 persone e cinque auto, che si muovono senza motore, grazie a un cavo d’acciaio e alla corrente del fiume. Non ci sono prove che sia stato progettato veramente da Leonardo, ma di sicuro lui studiò un progetto simile. È ormai sera, il buio cala su di noi, forse la condizione migliore per godersi la scalinata della Madonna del Bosco, sempre a Imbersago, sorta nel Seicento sul luogo di alcune apparizioni divine e di un miracolo legato a un lupo che venne convinto a non mangiare un bambino. Ci rimangono pochi km per raggiungere la nostra meta, Lecco, dove arrivavano anche i sogni di navigazione dei duchi di Milano.

Suzuki Van Van 200: quando si dice maneggevole come una bicicletta

La piccola Suzuki dalle ruote grasse è l'erede della RV90, la beach bike di Suzuki della fine degli anni Settanta. Ha cerchi di piccolo diametro (18" anteriore e 14" posteriore) e gomme di grossa sezione (130/80 davanti e 180/80 dietro), dalla grandiosa aderenza sul fango se tenute a bassa pressione. La sella è enorme, comoda e vicina a terra (770 mm da noi misurati), mentre il manubrio è molto largo e alto: è la postura tipica delle vecchie scrambler. La moto, che costa 4.540 euro chiavi in mano, è fatta per andare in giro a bassa andatura, a busto eretto, godendosi il paesaggio. Il motore è il 200 cc della DR-Z 200, un semplicissimo monocilindrico raffreddato ad aria, con due valvole, alimentato a iniezione elettronica. Le prestazioni sono modeste, il motore è elastico ma non ha un gran tiro ai bassi, la ciclistica è divertente su asfalto mentre in fuoristrada avanza piano ma sano e lontano. All'estero sono molti ad amare la Van Van, ad elaborarla in diverse direzioni (café racer, scrambler, rat) e a usarla anche per viaggi impegnativi. Il consumo medio durante il giro è stato di 34,8 km/litro.
Paola Verani, di Motociclismo, posa con la Suzuki Van Van 200
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