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In moto in Portogallo: da Lisbona a Porto

Abbiamo attraversato il Portogallo in sella alle Honda 1100 passando dai paesaggi degli altopiani di 2.000 metri di altitudine a quelli dei curiosi quartieri delle grandi città

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Una delle regole più bizzarre imposte dal nuovo Codice della Strada prevede che l’esame della patente per la moto vada “effettuato sulla montagna più alta di un Paese, purché raggiungibile su strada asfaltata”. Ovviamente sono pochissimi gli Stati che presentino una simile combinazione: se pensate a Olanda e Belgio sì, è possibile (rispettivamente sul Vaalsemberg, a quota 321 m e sul Signal de Botrange, 694 m, dove è stata costruita una torre per infrangere il muro dei 700 m). Quanti però sanno che il giochino è possibile anche in Portogallo, ma a quasi 2.000 m?

Fughiamo però subito ogni dubbio: sul Codice sì, stiamo scherzando. Tuttavia, dopo le proposte di Londra di far pagare il parcheggio alle moto e di Parigi di non farle andare di notte, questa nostra burla non sembrerebbe così assurda, vero? Ma torniamo seri: durante lo scorso mese di aprile, Honda ha invitato i giornalisti a provare le moto della sua “piattaforma 1100” (CRF-L Africa Twin, NT e CMX-T Rebel) in un viaggio fantastico che prevedeva la traversata da Lisbona a Porto passando per la Serra da Estrela, la massima elevazione. Stiamo parlando di Portogallo continentale, perché politicamente anche le Azzorre ne fanno parte e loro vantano il Ponta da Pico, alto 2.351 m. La traversata non ha toccato importanti centri urbani e s’è svolta tutta nell’entroterra, facendoci scoprire paesaggi interessanti. Da questa esperienza abbiamo ricavato prima un articolo su Motociclismo di giugno 2023, riguardante la prova della Honda CMX1100T Rebel e poi due sul sito Motociclismo.it: uno dove parlavo proprio della Serra da Estrela (leggi qui) e l’altro dove mettevo a confronto l’Honda Africa Twin con la NT1100 (leggi qui). Mancava giusto questo: il racconto dell’intera traversata.

Le moto: Africa, NT e Rebel

Questo viaggio è stato organizzato da Honda per far provare alla stampa, tutte insieme, le tre moto che produce con la base bicilindrica da 1.084 cc. Uno dei nostri motori preferiti da usare su strada, per il suo equilibrio tra goduria ai bassi, facilità/rilassatezza di guida e potenza in alto. Essendo un viaggio dell’aprile scorso, la CRF1100L Africa Twin Adventure Sports non era ancora nella configurazione attuale, con ancora più coppia in basso e la ruota anteriore da 19”. La NT1100 è la gran turismo dotata dello stesso motore e la CMX1100T Rebel era la moto più interessante delle tre, semplicemente perché era la prima volta che veniva data “in pasto” alla stampa. Pur avendo meno CV in alto, a orecchio l’erogazione è sempre quella, molto piacevole (ne abbiamo parlato su questo stesso numero, nell’articolo dell’Africa Twin ES). Qui è interessante il fatto che uno stesso motore è stato impiegato su tre moto che esprimono altrettanti modi di fare turismo, anche se il percorso era identico per tutte. La NT è la classica gran turismo con ciclistica stradale, comfort principesco per pilota e passeggero, protezione aerodinamica, accessori, borse laterali. Allo stesso tempo è molto agile e maneggevole. La sorella Africa Twin offre più o meno le stesse cose, con l’aggiunta di poter viaggiare alla grande in sterrato e di essere a proprio agio quando l’asfalto è sconnesso. Questa sua natura fuoristradistica, però, la porta ad essere più alta da terra rispetto alla NT. Invece la Rebel è un mondo a parte, quello delle cruiser, che si acquistano per l’estetica e per la postura rilassata. Hanno un fascino tutto loro ma, acquistandole, si sa che bisogna sopportare dei compromessi, rispetto alla CRF e alla NT: è meno comoda e piega meno in curva. Diciamo che è meno pratica e razionale, però è molto divertente da guidare.

LISBONA, MA NON LA SOLITA

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Il programma prevedeva di atterrare all’aeroporto di Lisbona nella tarda mattinata, per cui pensavo che ci sarebbe scappata una passeggiata pomeridiana nell’Alfama, il quartiere più suggestivo, di origine araba, con vicoli di casette bianche in forte pendenza, percorsi dall’iconico tram numero 28… e da una gara di downhill in bicicletta. Ma stiamo parlando di una città da mezzo milione di abitanti, composta da diversi quartieri, ciascuno con le sue attrazioni: Pena, Bairro Alto, Príncipe Real, Campo Grande, Alto da Pina e tanti altri. Siamo stati alloggiati a Parque das Nações, all’estremità orientale della città, dove non ero mai stato: ed è stato un bene, perché un difetto di noi turisti è fissarci soltanto su alcuni posti, ignorandone tanti altri. È stato il quartiere dell’Expo di Lisbona 1998: in precedenza era un’area industriale malfamata sulle rive del fiume Tago, adesso è un quartiere alla moda, con edifici moderni, parchi e importanti luoghi di aggregazione come l’enorme acquario Oceanario, il Casino e l’Altice Arena, sede principale dei concerti della città (il 19/20 marzo 2024 ci si esiberanno i Depeche Mode, il 26/27 aprile Hans Zimmer, autore di quasi 150 colonne sonore per film cinematografici tra il 1984 ed oggi). Tra i vari locali alla moda spicca un ristorante panoramico che si trova in cima alla Torre Vasco de Gama, eretta nel 1998, alta 145 m e costruita a forma di vela di caravella. Nel 2006 è stata scalata dal francese Alain Robert, classe ‘62, noto come “Il vero Spider-Man” per la sua mania di arrampicarsi sulle più alte costruzioni del Mondo. La sua prima volta è avvenuta quando, a 12 anni, è rientrato in casa dopo avere perso le chiavi: e lui abitava al settimo piano... Appiccicato alla torre c’è un albergone di 20 piani, il Myriad ed è lì che siamo stati ospitati.

SONO UN PROVINCIALE
Appena uscito dall’aereo ho iniziato a menarla che dovevo assolutamente mangiare i pastéis de nata, che sono dei dolcetti tipici, nati nel Medioevo nel monastero Dos Jerónimos di Belém, a Lisbona. Si tratta di ciotole di pasta sfoglia riempite con crema pasticcera con strutto e albume d’uovo. A me piacciono da pazzi, ma a Milano li vendono soltanto in tre posti, così qua volevo andare in overdose. “Ah, sì, conosco un posto dove li fanno, al Bairro Alto”, diceva un collega. Ma tra arrivo in hotel, pranzo di gruppo e presentazione delle moto, il tempo per andare al Bairro non c’è stato. Ma sono un provinciale: quei dolcetti li fanno dappertutto, in Portogallo. Ed è facile trovarli anche in altre zone d’Europa, come Londra.
Dalla finestra dell’hotel vedevo un viadotto dalla lunghezza esagerata, che spariva in mare aperto. In realtà si tratta di un lago formato dal fiume Tago. Qui, sempre in occasione di Expo 1998, allo scopo di alleviare il traffico sul Ponte 25 Aprile (l’unico che superasse il fiume) hanno costruito questo viadotto, lungo oltre 17 km, anche se la parte di fiume che attraversa ne misura 10. L’Expo è stato realizzato in occasione del cinquecentesimo compleanno della rotta marittima per l'India compiuta da Vasco da Gama ed è per questo che anche il viadotto prende il nome dell’esploratore. Fino al 2018 era il ponte più lungo d’Europa, ma è stato battuto, per un chilometro, dal Ponte di Crimea. Il nostro viaggio è iniziato proprio su questo viadotto. La foto che non ho potuto fare era un pescatore con stivaloni in mezzo al lago, sullo sfondo di Lisbona emergente dalle acque.
Il nostro gruppo prevedeva giornalisti di ceppo latino, quindi anche italiani. I 630 km del percorso sono stati divisi in tre, in maniera tale da coprirne oltre 200 con ciascuna moto, tutte e tre con il cambio automatico. Ma le tappe erano due. Tutto il viaggio è stato un continuo alternarsi tra parti scorrevoli e veloci ad altre molto tortuose, con fondi stradali perfetti, divertentissimi. Ogni tanto ci fermavamo in un posto significativo: il primo, al km 173, era un canyon del fiume Tago, con tanto di spiaggia e gente in costume da bagno (in aprile), ai piedi del trecentesco castello di Benver.
Seguiva la traversata di una catena di montagne basse e cespugliose, Serra da Melriça, dove ci fermavamo nel Centro Geodetico del Portogallo, la cui definizione, lo confesso, non mi è chiara (in rete leggo che sarebbe il centroide della proiezione di una regione della superficie terrestre su un ellissoide o sul geoide ma, per me, è arabo). Non è il punto di incrocio delle diagonali del rettangolo dentro cui sono inscrivibili i confini del Portogallo. Ha a che fare con il baricentro di una nazione e la cosa non è facile da stabilire se considerate che, in Italia, ben cinque località tra Umbria e Lazio rivendicano tale primato (e il centro di Bari… non c’entra).
In serata arrivavamo ad Unhais da Serra, un piccolo paese ai piedi della Serra da Estrela, nell’omonimo parco naturale, dove venivamo ospitati nell’H2otel Congress and Medical SPA. Di solito gli alberghi hanno la piscina, ma qua era la piscina ad avere l’albergo.

MONTAGNA O ALTOPIANO?

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La seconda tappa iniziava proprio con la scalata più attesa. Non mi aspettavo che potesse essere così bella: è un tracciato eccezionale, perché la Estrela più che una montagna si può definire come un altopiano pieno di rocce, molto esteso, che sfiora i 2.000 m. Se, come me, amate i paesaggi tipo Mongolia, Pamir o Highland scozzesi, qua sarete felici. La parte meno interessante è proprio la vetta della montagna, il Malhão, perché c’è su di tutto (torri, osservatori, rifugi...). C’è anche una stazione sciistica che vanta quattro impianti e sei piste da sci, per un totale di 5 km (la più lunga misura 1.500 m, la più ripida ha un pezzetto al 31%). Incredibile il video pubblicitario (https://www.youtube.com/watch?v=lEeU1j9-mrs), girato con un drone con una musica da film dell’orrore (The Darkest Hour di zero-projekt) e dove si vedono soltanto sciatori lentissimi, che cadono come colpiti da un gas letale. Si viaggia su una strada bellissima che, come grip, ricorda quelle sarde in granito. In questi viaggi organizzati dalle Case per i giornalisti i ritmi sono serrati. Non è come viaggiare con gli amici, con le mille soste per fotografare, fare pipì, bere un caffè, guardare questo e quel posto, divagare. Qua si macinano km con orari da rispettare e questa cosa ha di buono che ti fa guidare, intensamente, per tante ore di fila, godendo in pieno dei piaceri di guida di moto eccellenti come le Honda col bicilindrico da 1.084 cc, che sì, certo, nella versione 2024 dell’Africa Twin è stato irrobustito a livello coppia, ma ha sempre avuto delle pulsazioni e un tiro ai bassi molto piacevoli.
Nell’interno del Portogallo queste catene montuose simili ad altopiani, alti sui 600/800 m, si susseguono una dopo l’altra. Su una di queste ci hanno fatto pranzare nella bengodi dei mezzi d’epoca: il Museu do Caramulo, che contiene mezzi a due e quattro ruote, opere d’arte e modellini d’auto. Le moto sono poche: il pezzo più pregiato è un triciclo Cudell De Dion 2¼ Hp del 1898, completo di carrello con la poltrona per la signora. Poi abbiamo attraversato un’altra catena montuosa, la Serra de Freita, che c’è piaciuta perché in cima, sul valico del Turfeiras (1.015 m), la strada restava in quota per un bel pezzo, con visioni paesaggistiche meravigliose.

Porto, che città!

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Abbiamo quindi concluso il giro a Porto, la seconda città più importante del Portogallo. A livello fascino se la batte con Lisbona: è attraversata dal fiume Duero e le sponde sono altissime, per cui la città si arrampica su di esse. Puoi risalirle a piedi o in funicolare o in funivia. Case dagli stili molto diversi convivono una sopra l’altra, ci sono negozi strepitosi (nel box finale ve ne mostriamo tre) e le atmosfere serali sono molto suggestive. A differenza di Lisbona, non c’è carenza di ponti per passare da una sponda e l’altra del fiume e due di essi sono molto interessanti, se vi piace la Storia dell’architettura. Uno, quello di Maria Pia, è stato realizzato da Gustave Eiffel tra il 1875 e il ‘77 e gli è servito per farsi le ossa, in vista della costruzione della Torre Eiffel (1887-1889). L’altro, il Dom Luis I, è stato progettato tra il 1881 e il 1886 dall'ingegnere Théophile Seyring, che era stato un allievo di Eiffel e lo aveva aiutato con il Maria Pia.
Porto è una delle città più belle che abbia mai visto e mi procura le stesse sensazioni che provo quando vado a Matera, anche se non sono uguali. Ma entrambe hanno scorci panoramici maestosi, con vicoli che si arrampicano uno sopra l’altro e che trasmettono una vitalità contagiosa, di quelle che ti dici “Ma se mi prendessi quella casa lì e venissi a viverci, che bello sarebbe?”. In uno di questi vicoli in salita abbiamo avuto un incontro fantastico in un negozio chiamato Mud, che vende biciclette e borse di legno, gestito da una coppia di sposi. Abbiamo scoperto che sono motociclisti appassionati e lei ci ha consigliato, per la prossima volta, una strada con un milione di curve. Ma ho perso il foglietto su cui mi ha scritto dove si trova...
A Porto finiva il nostro viaggio, ma iniziava quello di altri giornalisti, di ceppo britannico. Loro chiaramente dovevano fare la Porto-Lisbona. Li invidiavo. Non tanto perché in senso contrario questo viaggio fosse migliore: a livello percorso direi che sono equivalenti, mentre come arrivo è una gara tra le due città. Li invidiavo perché questo giro è stato stupendo, io avevo finito e loro stavano iniziando...

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