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MotoGP, Portimao: Acosta non ha rispetto per nessuno!

A 19 anni ha già fretta di scansare tutti: il caposquadra Binder, il fenomeno Marquez, il campione in carica Bagnaia. Così ha messo in ombra il povero Viñales, che aveva appena festeggiato la sua prima vittoria con l'Aprilia. Anche se "soltanto" nella Sprint

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Siamo soltanto alla seconda gara, eppure Pedro si sta già leccando i baffi.

Dopo la prima gara, in Qatar, ero impressionato da Marc Marquez. Al debutto sulla Ducati, quindi a cavallo di una moto ancora nuovissima per lui, su una pista che non ama, è arrivato quarto, che non è molto diverso da come andava in Qatar quando era il top assoluto e guidava la Honda ai tempi in cui era la Honda. Per dire: nel 2017 arrivò quarto, con un distacco di circa 7” dal vincitore Viñales. Questa volta, il distacco dal primo è stato di tre secondi e mezzo. In base a ciò, ho pensato: a Portimao vince lui, ci scommetto gli zebedei. Certo, quella portoghese, nella sua carriera, è una pista sui generis, perché è stata introdotta nel Motomondiale nel periodo DOPO di Marc, ovvero quella barriera di cemento rappresentata dalla sua frattura all’omero, nel 2020. PRIMA era il cannibale che dominava il Mondiale, bruciando le tappe e vincendo 8 titoli. DOPO è il veterano con il braccio menomato, la diplopia e la moto scadente. Quindi Portimao, per lui, è la gara del rientro nel 2021 (settimo al traguardo, in lacrime di commozione), di un sesto posto nel 2022 e di uno strike in cui s’è fratturato il metacarpo centrando Oliveira e Martin. Ma ero convinto che, in questo 2024, alla seconda gara con la Ducati, avrebbe stracciato tutti.

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Ma non è successo. Portimao 2024 passerà alla Storia per il suo contattone con Bagnaia.

Sembra quasi matematico che, nel momento in cui Marquez torna ad essere competitivo, capiti un incidente. Ma, questa volta, si tratta del tipico episodio dove i protagonisti dicono ciascuno che è colpa dell’altro, gli osservatori esterni dicono che è colpa di tutti e due e la Direzione dice che è un “incidente di gara”, come successe tra Vinales e lo stesso Bagnaia durante il GP di Francia 2023, quindi non penalizza nessuno. Non capisco questo termine: quando invece un Marquez o un Binder buttano fuori uno con una spallata non è “di gara”?

Non vorrei sbagliare, ma credo che sia una delle prime volte in cui Bagnaia e Marquez si ritrovano fianco a fianco in bagarre. Questo perché, quando l’italiano è diventato fortissimo, lo spagnolo era già nei guai. Ma adesso le cose sono cambiate, Marc finalmente è di nuovo in sella a una moto competitiva e duelli come questo diventeranno la norma.

Questo è successo la domenica. Ma al sabato c’è stata la Sprint e lì Marquez ha fatto davvero paura.

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Qua lo vediamo mentre passa Martin all’ultimo giro, soffiandogli il secondo posto. Avete capito? Jorge Martin. Se passa lui, allora può già lottare per il Mondiale.

A pochissimo dalla fine era quarto, ma Bagnaia – da primo – è finito fuoripista ed è rientrato alle sue spalle; poi, col sorpasso ai danni di Binder, eccolo lì, il secondo posto. Ed io ho pensato: “C’ho preso. Marquez è tornato e domani vince!”. Invece no. Sì, è vero, quando è caduto aveva appena superato il campione iridato in carica, però i due stavano lottando per il quinto posto, non per il primo. Ma non cambio idea: la prossima gara è ad Austin, di cui lui è notoriamente lo Sceriffo, per cui scommetto che almeno una delle due la vince. O la Sprint del sabato o la gara lunga.

A proposito di vincere la Sprint: questo è ciò che s’è visto in tv sabato. Per la prima volta da quando è in Aprilia, si legge che Viñales ha vinto una gara. Il dilemma è sempre quello: quanto vale? 

Per me, come dissi già l’anno scorso, nella Sprint i piloti si sbattono e rischiano quanto nella gara lunga. Anzi, di più. Per cui si meriterebbero il punteggio pieno. Invece molti giornalisti, quando contano le vittorie dei piloti, non considerano le Sprint. Il povero Alex Marquez (che quest’anno sembra già essere messo in ombra dal fratello) nel 2023 vinse due Sprint, quindi sta in questo limbo in cui non si capisce se ha perso la verginità oppure no. Viñales invece di gare ne ha già vinte parecchie (otto con Yamaha, una con Suzuki) ma gli mancava quella con l’Aprilia. Ebbene, ha vinto la Sprint di Portimao 2024. Vale? È la numero nove? Bene hanno fatto Zarco e Di Giannantonio che, quando hanno vinto la loro prima (e unica, per ora) gara in carriera, hanno “scelto” quella della domenica.

Viñales, ovviamente, sperava di dare un taglio alla questione vincendo anche la gara lunga del Portogallo, ma s’è trovato uno Jorge Martin in stato di grazia.

Jorge ha fatto tutta la gara in testa, facendo l’elastico con Maverick, che gli stava alle spalle staccato di un secondo al massimo e qualche decimo al minimo.

Allo stesso tempo, Viñales doveva guardarsi anche alle spalle, perché Bastianini gli si avvicinava sempre di più. 

Sul rettilineo finale del penultimo giro, la trama del film era apertissima. Viñales avrebbe potuto a) agguantare Martin, superarlo e vincere; b) restare dov’era; c) venire passato dalla Bestia.

Ma lo spagnolo è sfortunato: proprio in quel rettilineo ha tritato il cambio, finendo pure per cadere perché gli si è bloccata la ruota posteriore. Questa è sfiga, della più crudele. Chissà che rumore da unghie sulla lavagna fanno gli ingranaggi di un cambio da decine di migliaia di euro che salta in aria?

Ma, adesso, parliamo di Pedro Acosta

Marquez, Viñales: abbiamo parlato dei protagonisti sfortunati della gara, adesso tocca a Pedro. Costui ha debuttato una gara fa, in Qatar, facendo ciò che ho definito “chiusura dell’embolo”. Ovvero ha 19 anni, un talento immenso, una voglia di vincere smisurata. È alla prima gara, vuole strafare, è incontenibile. Ci sta che faccia una gara di attacco, risalendo fino al quarto posto senza pensare a nulla, superando gente espertissima che però sta guidando gestendo le gomme. La cicala e la formica. A un certo punto straccia le gomme e inizia a perdere terreno, anche perché inizia a fargli male un braccio. Non cade, perché è un manico da paura, ma perde cinque posizioni.

Questa volta ha fatto lo stesso… ma senza perdere posizioni. 

Anzi, guadagnandone una, grazie al regalo di Viñales. Così è arrivato terzo, alla sua seconda gara, ad appena 19 anni e 304 giorni. Nella Storia, soltanto due piloti sono riusciti a salire sul podio della classe regina a un’età inferiore alla sua: Randy Mamola (19 anni e 261 giorni) e… beh, che ve lo dico a fare, lo conoscete benissimo, no? Sto parlando dell’argentino Eduardo Salatino, no? Ma dai, non sapete chi sia?

Bisogna risalire al lontano GP d’Argentina del 1962, quando Eduardo non solo salì sul podio a 19 anni e 274 giorni, ma lo fece in compagnia del fratello Juan.

Quella di Mamola, a Jarama (Spagna) nel 1980, fu vera gloria. Salatino, invece, si trovò nel posto giusto al momento giusto: il GP d’Argentina era l’ultimo della stagione, il titolo era già stato assegnato, la trasferta era costosa e i premi in palio modesti. Morale, alla gara si iscrissero in 12, di cui 10 sudamericani e due europei. Al traguardo arrivarono soltanto in sei: tre argentini, due cileni e un uruguaiano. Vinse Benedicto Caldarella, su una Matchless, in volata su Juan Salatino (Norton). Il nostro Eduardo arrivò terzo, ma staccato di ben un minuto. Cosa tutto sommato dignitosa, se pensiamo che il quarto giunse staccato di cinque giri e gli altri due addirittura di sette giri… Invece, la classe 250 venne vinta dall’inglese Arthur Wheeler (Moto Guzzi) che, avendo più di 46 anni, batté il record di vincitore più vecchio.

Nella classifica dei più giovani sul podio della classe regina, in quarta posizione, alle spalle di Acosta, c’è Norifumi Abe (20 anni, 10 giorni), seguito da Marc Marquez (20 anni, 49 giorni), Fabio Quartararo (20 anni, 57 giorni) e Mike Hailwood (20 anni, 77 giorni). Va però detto che Marquez detiene ancora oggi il record di più giovane vincitore di un GP di sempre, a 20 anni e 63 giorni (seguito da Spencer, Abe, Pedrosa e Mamola, tutti ventenni), per cui Pedro ha a disposizione ancora otto GP per infrangere quel record.

Acosta, a Portimao, ci ha lasciati a bocca aperta. Da spettatore, mi piacciono quelli con la guida zozza, con la moto che derapa, saltella, si scompone. Io non mi perdevo una gara in tv già negli anni Ottanta e ricordo bene come diavolo guidasse Kevin Schwantz. Pedro mi ricorda anche Norifumi Abe quando debuttò in 500 e andò a superare proprio Schwantz. Successe quella cosa lì: era giovanissimo e di talento, era al debutto, aveva il minimo altissimo e gli ormoni in circolo. Fece una gara pazzesca, ma poi finì a terra. Icaro era andato troppo vicino al Sole.

Acosta no, non è caduto. E c’è un particolare che trovo agghiacciante.

Questo: lui, in piega, striscia con la carena. Guardate il segno: lo aveva su entrambi i lati ed erano spanciate ripetute, con la carena bella piallata. 

Io di moto da GP che strisciano in curva ne ricordo ben poche. Marco Lucchinelli toccava gli scarichi della Cagiva nel 1984 (rimedio: sonore martellate) e Wayne Gardner lo fece nel 1990, a Phillip Island, ma solo perché aveva spaccato la carena.

Non trovo foto di quella gara storica (la vinse lui, nonostante la carena a brandelli), per cui dobbiamo accontentarci di questa simpatica scodata durante il GP della Repubblica Ceca dello stesso anno.

Come diavolo è possibile che una MotoGP strisci nel 2024? Ha problemi di sospensioni per cui spancia e tocca terra? Ha dimenticato di togliere l’abbassatore? Non credo proprio. Non ci arrivi terzo con quei problemi! Acosta è partito indietro e ha fatto dei sorpassi dal profondo significato storico e sociale.

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Qui sta passando Brad Binder. Ovvero il pilota di punta della KTM. Gli sta dicendo “Scansati, sei vecchio, adesso a Mattighofen comando io”.

Quando ho visto che passava pure Bagnaia, ho pensato: ‘sto ragazzino con la carena tutta segnata sta esagerando, così è troppo. Adesso cascherà, non può essere vero. Invece è arrivato terzo.

Finale dell'articolo

Voglio essere coerente. Uno dei motivi per cui questo 2024 mi sembrava degno di essere vissuto non stava soltanto nel passaggio di Marquez a Ducati e nell’esordio di Acosta, ma anche nel fatto che il team Pertamina Enduro VR46 Racing Team aveva come piloti quelli che mi stanno più simpatici in assoluto, Bezzecchi e Di Giannantonio, capaci di vincere cinque gare nel 2023. Ma quest’anno stanno decisamente in disparte. Hanno una nuova livrea giallo lime che li fa spiccare nel gruppo, per cui fin da subito ci si può rendere conto di dove si trovino in classifica.

Ma, per lo meno in queste prime quattro corse, è normale vedere quelle due macchie gialle nella parte posteriore/centrale del gruppo.

Diggia è già caduto il 50% delle volte, Bez non trova il feeling, ma il campionato è ancora lungo, dai. Sono rimaste ancora abbastanza gare per rimediare. Io tifo sempre per loro.

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