Non pensa che avere meno medici in Clinica Mobile possa essere poi un rischio in caso di un grave incidente in pista?
“Assolutamente no, perché il servizio del Centro Medico con i medici in pista sarà garantito come gli scorsi anni. Ogni circuito avrà il consueto servizio di emergenza e quindi questo servizio verrà garantito assolutamente. Per quanto riguarda noi abbiamo ridotto i fisioterapisti da 7 a 3 perché il fisioterapista non è un medico che fa manovre salvavita, ma si occupa di terapie riabilitative e di massaggi. Considerando che non faremo queste attività, che era una larga parte del nostro lavoro, ridurremo il personale. E comunque, meno persone ci saranno, più sarà facile mantenere il distanziamento sociale, fondamentale soprattutto in un ambito delicato come quello sanitario”.
Cosa succederà se un qualcuno all’interno del paddock dovesse venir trovato positivo al Covid-19?
“Dopo un primo screening fatto dai medici del Motomondiale verrà mandato a fare accertamenti presso un ospedale. Per ogni GP sono stati identificati gli ospedali di riferimento, pronti per il Coronavirus, e lì verranno approfondite le indagini, facendo ulteriori esami e valutando i sintomi. Se sarà il caso si ricorrerà al ricovero. Senza distinzione alcuna, che sia un pilota di Moto3, MotoGP o un meccanico lo si valuterà attentamente e se positivo lo si isolerà. Allo stesso tempo verranno fatti accertamenti su tutti gli altri membri del team. Un po’ come abbiamo fatto per Moto3 e Moto2 in Qatar, dove abbiamo seguito un protocollo simile”.
E se fosse uno dei top rider a risultare positivo? Come Marquez e Rossi ad esempio, si correrebbe senza di lui?
“In questo momento le indicazioni che abbiamo da Dorna sono queste. Anche perché è vero che può trattarsi di un top rider che magari si sta giocando il mondiale, è vero anche che si tratta di piloti giovani e allenati che avrebbero una grande possibilità di superare senza grossi problemi la malattia, ma con i sintomi del Coronavirus non sarebbe nemmeno sicuro farli correre in quelle condizioni cliniche. Soprattutto però ci sarebbe l’enorme rischio di far accendere un focolaio all’interno del paddock”.
Per un pilota di 20-30 anni, sano e in perfetta forma fisica, sarebbe più rischioso cadere a 300 km/h o le conseguenze che potrebbe portare il Covid-19?
“Domanda da 100 milioni di dollari… Io ho lavorato al 118 qui a Parma e per l’esperienza che ho avuto io con questa malattia nella maggior parte dei pazienti giovani la malattia si è risolta senza grosse complicazioni, quindi delle due forse mi sentirei di dire che è più pericoloso cadere a 300 km/h. Però non possiamo, e non dobbiamo, assolutamente dire che il Covid sui pazienti giovani non fa niente, perché ci sono stati dei pazienti giovani che hanno avuto gravi danni da questa malattia. E poi stiamo parlando di salute del singolo, ma bisogna anche ragionare sulla saluta pubblica, in quanto un soggetto giovane all’interno del paddock potrebbe fare da innesco per la diffusione del virus. E il problema poi potremmo averlo con persone più in su con l’età”.