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La Moto Guzzi Le Mans 4

Infinite ore a modellare alluminio sono condensate in questa aggressiva naked, che celebra uno dei modelli più iconici di Mandello del Lario: la Guzzi Le Mans del terzo millennio – così la vede il preparatore Andrea Pozzoli – ha tanti richiami stilistici al passato e appaga con una guida moderna e sportiva, ma non estrema

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Il grande romanzo della motocicletta è fatto di tanti racconti. Intriganti, curiosi, appassionanti. Quando poi si parla di special, l’intreccio si fa più articolato e i colpi di scena non mancano. A volte spuntano sequel e spin-off di storie già scritte anni fa. Come quello che vi presentiamo in queste pagine: il quarto capitolo della saga Le Mans. La sportiva Moto Guzzi nasce a metà anni Settanta e nel 2021, quando a Mandello saranno avviate le celebrazioni del centenario del Marchio lariano, per lei sarà ora di spegnere 45 candeline. Due anniversari da non lasciarsi sfuggire, per chi è veracemente Guzzista. Almeno questo è ciò che ha pensato Andrea Pozzoli, giovane brianzolo che ha l’Aquila nel cuore e tanta bravura nelle mani. Perizia implementata negli anni, a suon di martellate su lastre di alluminio. Andrea infatti, battilastra di professione e DNA da motociclista, ha voluto rendere omaggio ad uno dei modelli più iconici della storia Guzzi con la sua personale interpretazione di quello che potrebbe esserne l’erede, la sua Le Mans 4. Nasce così una special zeppa di richiami stilistici al passato, ma che è modernissima nel lay-out, con tanto di alette aerodinamiche davanti e sul serbatoio. “Non ha senso una vintage o una replica – sentenzia il nostro preparatore – Per me la Le Mans originale era come la Panigale degli anni Settanta, il top della sportività di allora, era la Ferrari delle due ruote”.

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Presentata al pubblico durante i Moto Guzzi Open House a inizio settembre, la moto ha suscitato interesse ed entusiasmo. E in molti – siamo pronti a scommetere – vorrebbero vedere qualcosa del genere uscire dal cancello rosso di via Parodi a Mandello con i crismi del prodotto di serie. Ma un progetto del genere sarebbe di difficile realizzazione, prima di tutto perché il Gruppo Piaggio sviluppa la sportività solo con i colori Aprilia, mentre a Guzzi rimane lo scettro della tradizione e dei viaggi. Per questo Andrea ha scelto, come base di partenza della sua special, la 1200 Sport: il motore big block a 4 valvole ha prestazioni brillanti, senza esagerazioni. Infatti, saliti in sella, ritroviamo dopo tanti anni – oltre una dozzina, dall’ultima prova di questo modello sulle pagine di Motociclismo – una guida piacevole, certo non racing, ma senza dubbio coinvolgente. I mezzi manubri (ma rimane la possibilità di montare il manubrio alto di serie) costringono i polsi a sostenere il carico del busto, ma fanno anche meglio “sentire” la ruota anteriore tra le mani. La sella è abbastanza alta, ma confortevolmente imbottita e le ginocchia non urtano le sporgenti testate del motore. La sensazione – enfatizzata dalla vista superiore di un serbatoio snello e allungato – è di stringere tra le cosce una moto agile e svelta. In realtà la maneggevolezza è sì buona, ma non estrema: la Le Mans 4 va indirizzata un po’ con il corpo. La traiettoria è mantenuta con rigore e un minimo sforzo va usato solo nei cambi di direzione. Tra le curve si riscopre il valido impianto frenante (quello di serie, marcato Brembo), che si fa apprezzare per potenza e modulabilità. Ma è il motore che conquista, con un carattere inconfondibile, ma anche con una spinta piena e regolare ai bassi e medi regimi. Buono il rendimento di cambio e frizione, con innesti precisi il primo, morbida da azionare (ma non perfettamente modulabile) la seconda. Nelle manovre da fermo si fa un po’ fatica a spostare i due quintali abbondanti (226 kg rilevati col pieno di benzina, ripartiti in 116 kg davanti e 110 kg dietro) della Le Mans 4. Che però, bisogna dare credito al lavoro di Andrea, pesa 17 kg meno della Sport 1200 da cui deriva. Mica male! Eppure, in buona sostanza è cambiato solo l’abito. Perché il telaio è quasi tutto originale: solo la porzione è stata asportata. Al suo posto, saldando fazzoletti al CroMo sulla struttura principale, è stato imbullonato un telaietto reggisella scomponibile in acciaio. In ogni caso, la ciclistica non muta le sue quote, ma si impreziosisce con dettagli quasi nascosti. Le sospensioni rimangono quelle originali, così come le misure degli pneumatici. Un osservatore attento però non si lascia sfuggire i cerchi Henkei che sono stati “rubati” ad una Ducati 848. Adattare il posteriore al mozzo della Guzzi, con il suo cardano “è stata la cosa più difficile di tutto il progetto”, rivela Andrea, che si è rivolto allo specialista Fabio di JoNich Wheels per far progettare e costruire una flangia in Ergal, con perno passante nitrurato inserito per interferenza. In questo modo il montaggio è diventato di tipo center-lock, con chiusura monodado. Ancora dettagli: semimanubri, pedane e supporti, serbatoi liquido freni e frizione sono costruiti appositamente da Valter Moto.

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Lasciamo volutamente per ultima la parte più vistosa, più elaborata, più laboriosa, ovvero le sovrastrutture, ridisegnate da zero e realizzate completamente a mano in alluminio. Forme complesse, articolate, a tratti estrose, difficilmente replicabili in un prodotto di serie, ma perfettamente in sintonia con il carattere di una special. Il serbatoio (da 12,5 litri) è realizzato con lastre di Peraluman perché è molto meglio saldabile: la tenuta deve essere perfetta. Il pezzo è solido e per di più lo spessore è di ben 1,5 mm. Su certe realizzazioni racing si preferisce il più sottile e leggero 0,8 mm, ma Andrea ha privilegiato la robustezza. Per il resto (codone, fianchetti, etc) è stata utilizzata la lega di alluminio 5754 Semicrudo, sempre della famiglia Peraluman, ma più tenera. “Non è la pasta di una torta – scherza Andrea – ma si ottengono forme complesse più facilmente”. Anche se, commentiamo noi, certo non deve essere facile modellare con precisione millimetrica una moto intera, partendo solo da maquette in cartone… Come non deve essere stato facile “coprire” tutto il lavoro con diverse mani di vernice. È più facile vedere, su una special, le lavorazioni d’alluminio lucidate a specchio, o colorate con anodizzazioni, o spazzolate con sapore rétro. Sulla Le Mans 4 invece si ricorre a vernice goffrata nera, per certi dettagli. “Tanti amici, che hanno assistito alla nascita, passo passo, della moto in officina, mi consigliavano di lasciare l’alluminio a vista per esaltarne le lavorazioni – ammette Andrea (in foto qui sotto) – Ma non ho voluto sminuirlo, verniciandolo: solo rifarmi alla tradizione dei modelli Le Mans dell’epoca, che avevano elementi in plastica. Il fatto è che non so modellarla, la plastica, altrimenti lo avrei fatto. Battere a mano l’alluminio è l’unico modo che ho per far diventare vera una maquette”. Una delle più intense soddisfazioni che regala l’essere tester di Motociclismo, è il venire a contatto con motociclisti animati da una passione smisurata, sostenuta a sua volta da una approfondita conoscenza di storia e modelli. Quando poi queste persone hanno anche “mani magiche” e quella giusta dose di umiltà che permette di essere ricettivi, pieni di curiosità e desiderosi di imparare sempre, allora è una vera gioia scrivere e raccontare le loro storie. Un capitolo dopo l’altro.

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