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27 June 2013

La Suzuki Savage 650 diventa la special Pocket Monster

Gli americani di ASD Motorcycles realizzano una café racer stravolgendo una vecchia custom della Casa di Hamamatsu, molto diffusa in Giappone e USA. Di serie restano solo telaio, motore e trasmissione finale

La suzuki savage 650 diventa la special pocket monster

La Suzuki Savage 650 è una onesta custom anni Novanta che, almeno in Italia, ha conosciuto poca fortuna. All’estero però, in Giappone e USA soprattutto, è più diffusa e sono diversi i preparatori che la scelgono per le loro elaborazioni. La base infatti è solida, affidabile e reperibile senza troppa spesa. Vogliamo presentarvi alcune special che hanno come base questa leggera monocilindrica. Partendo proprio dagli Stati Uniti (settimana prossima andiamo invece in Giappone).

 

DAL KIT ALLA SPECIAL

David Seidman è un preparatore con una nuova officina alle porte di New York chiamata ADS Motorcycles. Oltre alle customizzazioni personali, David è recentemente diventato rivenditore di Ryca (www.rycamotors.com), un marchio specializzato nella produzione di kit per trasformare in café racer la custom Suzuki Savage 650. Per ispirare i clienti e per mostrare loro le proprie capacità, Dave ha messo mano ad uno di questi kit per mettere alla prova la propria creatività. Il risultato è la Pocket Monster. Partire da un kit (in questo caso quello per il modello Scrambler) ha facilitato molto il lavoro di David, che non si è trovato obbligato a costruire parti speciali da zero.

 

DIVENTA SPORTIVA

Che cosa rimane della Savage di serie? Il telaio, il motore e la trasmissione finale a cinghia. Per il resto la fantasia ha avuto il sopravvento. Lo stile rétro della moto ha imposto un nuovo serbatoio snello e allungato, abbinato ad un codino a punta con sella trapuntata. Il manubrio custom della Suzuki e le pedane avanzate non servono più: ecco due aggressivi mezzi manubri ed efficaci pedane arretrate per modificare la posizione in sella in chiave sportiva. Cambia anche la ciclistica, con sospensioni meno “mollaccione” e ruote a raggi da 18” con gomme dal profilo sportivo.

 

NIENTE STRUMENTAZIONE (O QUASI)

Belle le piastre sterzo lavorate a macchina utensile, con quella superiore ampiamente alleggerita. Il faro ha il vetro tinto di giallo ed è protetto da due barre saldate sulla cornice. Gli indicatori di direzione anteriori spuntano da sotto il serbatoio, una posizione inusuale che li nasconde e li evidenzia al tempo stesso: camuffati quando spenti, richiamano l’attenzione ogni volta che lampeggiano. Un piccolissimo tachimetro/contachilometri digitale è piazzato accanto al motore, in posizione scomoda da consultare, ma – dice David – serve solo per guardare di tanto in tanto i chilometri percorsi e non rimanere a secco. Già, perché tutta la strumentazione (spia della riserva compresa) è abolita.

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