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Motomondiale 1954, Ray Amm e la sua Norton 500

In Norton, negli anni ’50, non ci sono soldi per le corse. Così, al posto di una meravigliosa galleria del vento come quella della Moto Guzzi si ricorre a soluzioni fantasiose. Nonostante ciò, Ray Amm, con la 500 cc, chiude il Mondiale del 1954 in seconda posizione

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Ray Amm nel 1954 alla Source, la famosa curva del circuito belga di Spa-Francorchamps

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Ci vuole naso per vincere... Oppure chiamarsi Ray Amm, essere molto veloce, anzi così dannatamente veloce da riuscire a far vincere una moto ormai superata, come la Norton GP 500 e piazzarsi al secondo posto nel Mondiale 1954 della massima categoria dei GP dietro Geoff Duke e la sua Gilera quattro cilindri.

Il reparto corse dell’azienda di Birmingham non ha mai avuto a disposizione budget rilevanti, addirittura i meccanici dovevano lavorare con attrezzi imprecisi, logori che avevano visto troppe stagioni di gare, ma i suoi tecnici portavano avanti con orgoglio, forse meglio dire a tutti i costi e ostinatamente, la britannica scuola del monocilindrico. Continue le modifiche al motore, che arriva a erogare al massimo della sua evoluzione 54 CV a 7.400 giri/min (il dato è presunto perché come da prassi british non c’è dato ufficiale). Tutto questo grazie a varie modifiche, dichiaratamente ispirate alla scuola Guzzi: il volano motore piazzato all’esterno del carter per avere un basamento più rigido, misure di alesaggio e corsa fotocopia della mono di Mandello del Lario (e pure di quelle Gilera per il motore sviluppato nel 1951), e doppia accensione a spinterogeno.

Per stare alla pari con le moto nate sul lago di Como, perché le quattro cilindri Gilera sono lontane, lontane, in Norton si arriva a imitarne la forma della carenatura, ma con esiti non proprio brillantissimi. Ci vuole poco a dare del “formichiere” alla 350-500 di Ray Amm, grazie a quella estesa protuberanza che supera l’ingombro della ruota anteriore. Lo studio aerodinamico delle carene in leggero lamierino d’alluminio veniva attuato in Norton con mezzi decisamente rudimentali, per non dire empirici.

Ricordate, non ci sono soldi per le corse, così al posto di una meravigliosa galleria del vento come quella della Moto Guzzi (è nata nel 1950 e ha partorito eccellenti e profilate carenature pure dalla forma a “campana”) si ricorre a un semplice ventilatore che muove l’aria lungo la maquette del rivestimento aerodinamico; per verificare il comportamento dei “filetti fluidi” tante striscioline di carta, incollate alla meno peggio, danzano frenetiche per indicare il moto vorticoso e il tratto da modificare per la migliore penetrazione aerodinamica.

Il formichiere si batte nei GP come un leone, ovviamente britannico, grazie all’aiuto di un pilota che arriva dalla Rhodesia, e siamo sempre nei possedimenti di sua Maestà. Ray Amm è un tipo che non molla mai: mostra il massimo al Tourist Trophy del 1953, dove si aggiudica la 350 e la 500; ripete la vittoria nella massima categoria l’anno dopo, in una discussa edizione interrotta in anticipo dai commissari per la pioggia, con Duke e la Gilera 4 cilindri in netto recupero su Amm. Nel 1955, dopo il ritiro della Norton dai GP, si accasa in MV Agusta e le sue prospettive sono brillanti, ma muore a Imola, durante la gara della 350 della Coppa D’Oro Shell, andando a sbattere contro un paletto in ferro, un tipo di incidente comune a tanti altri piloti di quegli anni nefasti.

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