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I segreti del motore della mitica Honda RC30

Entriamo nei dettagli di quella che è stata una delle moto più mitiche di sempre, la Honda VFR750R RC30. Per i patiti di meccanica, andiamo a rivedere com'era fatto il suo 4 cilindri a V
1/31 La Honda VFR750R RC30 a nudo
Dopo avervi raccontato come è nata la Honda VFR750R RC30, entriamo nei dettagli di quella che è stata una delle moto più mitiche di sempre. Per i patiti di meccanica, andiamo a rivedere com'era fatto il 4 cilindri a V della mitica RC30.

Il quattro cilindri a V di 90° bialbero della VFR750R - nel quale la conformazione delle valvole, il dimensionamento di molle e bilancieri, la loro inclinazione, il disegno della camera di scoppio e della testa sono frutto di una sinergia fra il Reparto Ricerca e Sviluppo moto e il settore auto che attinge dall’esperienza maturata in quegli anni dalla Honda nella F1 automobilistica - è in apparenza simile a quello montato sulla più tranquilla VFR750F, ma in realtà è completamente diverso. Mantiene le stesse misure di alesaggio e corsa (70x48,6 mm per una cilindrata di 747,75 cc), l’albero motore monolitico, con due perni di manovella e quattro supporti di banco che lavorano su bronzine, le bielle accoppiate sullo stesso perno di manovella e l’alternatore calettato sulla sua estremità sinistra. Ma il suo manovellismo è a 360° anziché a 180°, con un ordine degli scoppi nei cilindri di 1-4-3-2.
Il motore della Honda RC30... a pezzi!
Tutti i suoi componenti sono stati alleggeriti utilizzando materiali pregiati come il titanio, impiegato per la prima volta su un modello stradale per realizzare le bielle. Per ridurre il più possibile le dimensioni e facilitarne l’inserimento nel nuovo telaio, il blocco cilindri e le teste (piccole a tal punto da essere larghe quanto quelle della VFR400) sono state ridisegnate e rimpicciolite. Le valvole mantengono la medesima inclinazione di 38° fra loro, ma sono di maggiori dimensioni rispetto a quelle montate sulla VFR750F e vengono azionate tramite bicchierini e pastiglie calibrate direttamente dagli alberi a camme. Ridotto anche il numero degli ingranaggi che formano il “treno” della distribuzione; inoltre quelli utilizzati sono sdoppiati per annullare ogni tipo di gioco e sono anche più piccoli e leggeri. La scelta della distribuzione ad ingranaggi garantisce una maggior precisione nella fasatura, consentendo inoltre una riduzione fino al 40% delle perdite. Unica controindicazione per l’impiego agonistico è che è impossibile lavorare le teste, abbassandole, per aumentare il rapporto di compressione, perché in questo caso andrebbero ridimensionati gli ingranaggi. Per questo motivo il kit corsa prevede pistoni ad alta compressione. I condotti di aspirazione sono più rettilinei e più inclinati di 6° rispetto ai 20° della VFR750F grazie allo spazio disponibile; il comando delle valvole è diretto con i bicchierini e le pastiglie calibrate. I pistoni sono inoltre alleggeriti, hanno un mantello ridotto e presentano due soli segmenti. Il V4 utilizza una batteria di carburatori Keihin VDH0A da 35 mm a depressione, però con i collettori da 38 mm per aumentare la portata. La manutenzione periodica è simile a quella della VFR750F. Ogni 6.000 km si controllano le candele, il liquido dei freni e la frizione, si sostituisce l’olio motore e si pulisce il filtro della benzina. Ogni 12.000 km si sostituiscono le candele e il filtro dell’olio, si controlla il circuito di raffreddamento, il serraggio della bulloneria e i cuscinetti di sterzo. Infine, ogni 18.000 km si sostituisce il filtro dell’aria, il liquido delle tubazioni dei freni e quello frizione. Il gioco valvole va regolato ogni 24.000 km, all’epoca un record!
Una RC30 con carenatura trasparente, per mettere in mostra motore e talaio
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