Paulo era alla sua tredicesima esperienza alla Dakar, dopo aver debuttato nel 2006, quando la gara si correva ancora in terra africana con arrivo sul lago rosa nell’omonima Capitale del Senegal. Alla prima esperienza chiuse 25° per poi crescere fino a diventare uno dei candidati alla vittoria, forte del supporto della HRC che lo inserì nel suo team ufficiale nel 2015, dopo averlo visto trionfare al Mondiale FIM Cross-Country Rallies nel 2013. Proprio nel 2015 contese la vittoria a Marc Coma fino alla fine, chiudendo secondo con una vittoria di tappa. Nonostante sia stato un pilota di vertice, ha conquistato solo tre giornate in carriera a dimostrazione del fatto che non fosse uno di quelli “wide open”, che vincono cinque tappe di fila per poi rovinare tutto con una caduta. La sua forza era proprio la regolarità di piazzamenti e la costanza. Non per questo, però, non è rimasto vittima di diversi infortuni che gli sono costati anche clamorosi abbandoni, come quello del 2018 che lo mise fuori dalla Dakar ancor prima di cominciare.
Quest’anno si era presentato con una nuova moto, la Hero (Casa indiana che schiera una 450 che sfrutta la base tecnica della BMW G 450 X) a caccia di nuovi stimoli e in una squadra, a suo dire, più a sua misura, in cui milita anche il cognato J-Rod. Una realtà più vicina al suo essere semplice, accomodante, disponibile e di una simpatia esplosiva; caratteristiche che gli hanno permesso di farsi apprezzare nel tempo da molti tifosi al di la dei risultati in sella.