Abbigliamento: storia ed evoluzione tecnica dello stivale per il motociclista
Se nella definizione che troviamo su ogni buon dizionario della lingua italiana non si fa cenno all’utilizzo della nobile calzatura in campo motociclistico, è pur vero che essa è stata ed è ancor oggi il miglior tipo di scarpa che il centauro possa indossare alla guida della sua moto. Lo stivale garantisce infatti protezione non solo al piede come la comune scarpa, sia pure dedicata, ma sostiene e contiene la caviglia e la gamba, proteggendole da traumi di ogni tipo.
Lo stivale
“Stivale (s. m.) calzatura di pelle
o di gomma che copre la gamba fino al ginocchio o raggiunge la coscia”.
Se nella definizione che troviamo su ogni buon dizionario della lingua
italiana non si fa cenno all’utilizzo della nobile calzatura in campo
motociclistico, è pur vero che essa è stata ed è ancor oggi il miglior
tipo di scarpa che il centauro possa indossare alla guida della sua moto.
Lo stivale garantisce infatti protezione non solo al piede come la comune
scarpa, sia pure dedicata, ma sostiene e contiene la caviglia e la gamba,
proteggendole da traumi di ogni tipo. Questa, ma non la sola, la ragione
per cui già dagli albori lo stivale ha avuto parte essenziale nel corredo
di ogni buon motociclista. In anni pionieristici si adottava il tipo da
cavallerizzo, non esistendo un modello specifico, ma molto presto, già
negli anni ’20, comparvero stivali pensati appositamente. Proprio i lunghi
stivali indossati dai corridori degli anni ’20 e ’30 rivelano oggi
quanto
questa calzatura si sia evoluta con il passare degli anni, forse ancor
più dei pittoreschi maglioni di lana con la marca della moto ricamata a
mano. Oggi infatti lo stivale da motociclista ha raggiunto una specificità
e un tecnicismo veramente impensabile solo qualche anno fa, e questo è
un merito soprattutto nostro, o meglio dell’industria calzaturiera
sportiva
italiana che fa scuola in tutto il mondo.
Con le corse nuovi materiali
IL LUNGO CAMMINO DELLO STIVALE Quando comparvero le prime motociclette,
fu subito chiaro che era necessario indossare delle calzature adeguate
che proteggessero il pilota non solo nei facili capitomboli dovuti alle
“stradacce” di un tempo, ma pure dalla motocicletta stessa che,
costruita
com’era con tutte quelle fruscianti cinghie in cuoio e catene, nonché
da pulegge rotanti come mole abrasive, poteva trascinare la gamba verso
deleteri e dolorosi contatti. La scelta dello stivale fu perciò scontata,
come pure quella di lunghe e strette ghette in cuoio fermate con cinghie,
perché contenevano il pantalone, riparavano da schizzi di fango, olio e
benzina, rendevano più pratico il salire e scendere dalla moto facilitando
inoltre le manovre di avviamento a pedale, sempre pronto a regalare violenti
contraccolpi. Presto, accanto ai classici stivali da cavallo comparvero
quelli con lunghe cordature sul davanti così che si potessero adattare
perfettamente alle dimensioni della gamba e richiedessero meno sforzi
nell’indossarli
e toglierli. Diffusissimi negli anni ’30 e ’40 tra i piloti in gara,
questi stivali venivano calzati con le aderenti tute in pelle rigorosamente
nere, proprio per il loro alto grado di adattabilità. Nel Turismo erano
invece più diffusi i classici modelli chiusi lunghi fino al ginocchio e
con un cinturino superiore. Verso la fine degli anni ’40, con
l’inizio
della pratica del Motocross, i piloti cominciano a indossare pesanti scarponi
“residuati bellici” perché grazie alla loro estrema robustezza, come
niente altro sono in grado di proteggere le estremità dai duri
“rapporti”
con il suolo nelle manovre d’emergenza e nelle cadute. Da qui ad
estenderne
l’uso nelle gare di Regolarità, il passo è breve, e lo scarpone militare
vive il suo momento di gloria che dura almeno fino alla metà degli anni
’60, quando proprio grazie agli Italiani, ed in particolare alla
Alpinestars
di Coste di Maser (TV), viene “inventato” il moderno stivale da
fuoristrada
alto quasi al ginocchio e dotato di numerose cinghiette e fibbie regolabili
di fissaggio. Analogamente nella velocità con il perfezionarsi della tuta
in pelle, che diventa prima scomponibile e poi multicolore, anche lo stivale
acquisisce nuove caratteristiche di leggerezza, protettività e
“look”.
Vengono introdotte le chiusure con cerniera ed i cinturini che permettono
di stringere il tallone, il classico nero lascia spazio a colori coordinati
con quelli della tuta, e ci sono apposti rinforzi nei punti più sollecitati,
come sulla zona del pedale del cambio.
Nasce la plastica
ARRIVA LA PLASTICA Gli stivali in materiale plastico sono
una scoperta degli anni ’80. Conoscono un momento favorevole, ma poi,
pur dimostrandosi pratici e economicamente vantaggiosi, sono meno apprezzati
dei modelli in pelle, forse anche per un design non sempre convincente.
Nuovi materiali si aggiungono nell’ultimo decennio: il Gore-Tex risolve
definitivamente i problemi dell’impermeabilità e della traspirazione,
le piastre in metallo o resina termoplastica offrono sicura protezione
nel fuoristrada, lo slider, protezione sulla punta dello stivale in materiale
che si usura strisciando sull’asfalto, permette di “sentire”
il limite
estremo della piega senza…misurarlo con altre parti del corpo. Sempre
in fatto di protezione, i moderni stivali race (sia da pista sia da off-road)
hanno strutture in materiali compositi mirate a massimizzare la sicurezza
del piede. L’ultima novità sono gli stivali con la parte alta sotto al
gambale della tuta, alla ricerca di una maggiore penetrazione aerodinamica.