Vista di sfuggita, la “piccola” di casa Indian è pressoché identica alla Scout 1200, dalla quale si differenzia per la cilindrata ridotta, le prestazioni più contenute e il cambio a 5 rapporti anziché 6. Esteticamente cambiano alcuni particolari, che sono verniciati in nero anziché cromati; identica la ciclistica.
Devo ammettere che, come ero rimasto positivamente colpito dalla prima Scout due anni fa durante
la prova, ora riscopro in questa Sixty le medesime, piacevoli sensazioni alla guida. Il motore, benché ridotto in cilindrata e prestazioni, non fa rimpiangere la maggior schiena dell’unità di 1.133 cc: il bicilindrico è brillante, vivace, fluido ed elastico. È un bialbero lontano anni luce dalla concorrenza americana ad aste e bilancieri.
Anche la ciclistica è su un altro pianeta; l’interasse non è contenuto e le pedane strisciano abbastanza presto sull’asfalto (meno presto, comunque, di tutte le altre cruiser che ci vengono in mente), ma il telaio asseconda il pilota in cerca di curve da divorare. Le sospensioni tarate più sul comfort -e con una corsa abbastanza ridotta- tendono a far allargare un po’ le traiettorie se si alza il ritmo oltre il dovuto, ma la Sixty convince e diverte nella guida disimpegnata. Tanto che la vedremmo bene confrontarsi anche con moto classiche non per forza cruiser, tipo Ducati Scrambler e Triumph Bonneville. Certo, stiamo parlando di roadster ben più agili, ma il pacchetto motore-ciclistica della Scout Sixty può davvero competere con questo genere di moto, specie nell’ottica di un utenza giovane e senza troppa esperienza.
In due parole: se le si chiede troppo, ti ricorda che non è una naked; ma se non cerchi la staccata al limite, ti trovi tra le mani la cruiser media (se con 1.000 cc la consideri “media”…) più bella da guidare che ci sia in circolazione.