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Sterrare è Umano, fotografare è ancora peggio / puntata Uno

Il nostro Mario Ciaccia, autore dell'articolo sul numero di giugno di Motociclismo, ci racconta attraverso tantissime immagini inedite la sua esperienza vissuta in Abruzzo all'evento di adventuring che si sviluppa a tappe tra mare e montagna

Sul numero di Motociclismo di giugno 2024, in questi giorni in edicola, c'è un mio servizio di 14 pagine sullo Sterrare è Umano Trophy, un evento adventouring che dura tre giorni e percorre in su e giù l'Abruzzo, tra mare e montagna, con visioni paesaggistiche particolari. Tre tappe ad anello, con base a Montesilvano, un sobborgo a nord di Pescara. Il nome fa pensare a un monte boscoso, invece è in riva al mare, in pianura. Quest'anno, anche se eravamo a fine aprile, gli Appennini erano imbiancati da nevicate tardive, per cui il contrasto tra il blu del mare, il verde dei prati e il bianco della neve ha reso questa edizione un vero spettacolo. 14 pagine sono tante per un articolo, ma poche se si pensa a quante foto non trovano spazio anche se lo meriterebbero. Per cui ho deciso che, se ne avrò il tempo, d'ora in poi cercherò di creare questa estensione digitale all'articolo cartaceo: solo foto, pochissimo testo. Iniziando dall'UomoMezzo.

L'UomoMezzo

Ogni volta che vado in moto e condivido un po' di strada con qualcuno gli scatto una foto ricordo in cui la posa è sempre la stessa. Mi ispiro ai dakariani che arrivavano al Lago Rosa nei primi anni 80 e posavano stanchi e zozzi accanto alle moto vissutissime. Ovviamente poi chiedo a qualcuno di fare la foto UomoMezzo pure a me, s'intende. Nel caso fossi in compagnia di qualche fanciulla, le scatto la foto DonnaMezzo. Non mi è ancora capitato il NonBinarioMezzo, però.

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Inizio egocentricamente da me. In foto sono contento perché va tutto bene: il percorso è tosto ma divertente, i paesaggi per me sono il massimo e la nuova BMW F 900 GS dotata di pacchetto Enduro Pro mi piace un sacco. L'ho trovata scomoda in autostrada, ho lamentato una scarsa autonomia (fa tra i 16 e i 19 km/litro ed ha soltanto 14 l di serbatoio) ma in fuoristrada è magia pura per posizione di guida seduti e in piedi, bilanciamento, geometria, dolcezza del motore, comportamento sospensioni, frenata e controllo di trazione in modalità Enduro Pro.

Sterrare è Umano - frase geniale - fa capo alle iniziative di Simone Romano, che arriva dall'enduro agonistico ma organizza corsi di guida e viaggi (www.sterrareeumano.it). Visto che si partiva e si arrivava sempre a Montesilvano, ha pensato bene di organizzare una sorta di fiera, un Village popolato da 42 espositori e oltre 5.000 visitatori dichiarati, ovvero la metà di un concerto di Elio e le Storie Tese.

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La dronata del Mostruoso mostra l'intera area espositiva.

Prima tappa

26 aprile, 234 km che si spingono sulle montagne a ovest di Teramo, a vista del massiccio della Laga. Percorso con tantissimo fango e, già che ci siamo, pure un po' di pioggia.

La magia di svegliarsi in un albergo di questa zona dell'Adriatico. A sinistra vedi il mare.

A destra vedi il massiccio della Majella, con (da sinistra) i monti Acquaviva (2.737 m), Rotondo (2.658 m) e Amaro (2.793 m). Al centro, ingrandendo la foto in alta risoluzione si vedono l'Hotel Mamma Rosa e gli impianti della piccola stazione sciistica della Majelletta, che spaziano tra i 1.650 e i 1.970 m.

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Il fuoristrada inizia a Silvi Marina  con una tipica identità paesaggistica dell'immediato entroterra abruzzese: il viadotto autostradale. Qui, Marco Manzoni si presta a farsi fotografare, ma poi lui ha fatto la stessa foto a me. Ed abbiamo capito che era una cosa senza senso...

Verso il trentesimo km si piega a 90° e si danno le spalle al mare, risalendo il corso del fiume Vomano per 18 km.

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Si inizia con un bosco dall'aria bucolica, in pianura, dove guidare tranquilli e sereni.

Tra Castelnuovo Vomano e Guzzano Superiore (TE) c'è un tratto di 4 km che inizia come Medium, ma poi c'è la biforcazione tra questo e l'Expert.

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Il Medium si presenta così: un tappetone di diarrea, in pianura. La tipica roba che una mono con gomme specialistiche fa senza neanche accorgersene, mentre una bicilindrica con gomme di compromesso non sta in piedi. E lo zampetting impera.

A San Nicolò, 62 km dopo la partenza, c'è un bel guado del fiume Tordino, dove la gente si divide in quattro: chi lo passa senza problemi in maniera più o meno elegante, chi ci casca dentro, chi si pianta o casca nel gradino fangoso di uscita e chi si blocca sulla riva di entrata, terrorizzato, come un gatto di fronte all'acqua, incapace di proseguire.

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Io vado di zampetting: poco dignitoso, ma efficace (foto Alessio Corradini / Rally Cool!).

Per aggirare Teramo c'è una tratta in cresta lunga 18 km esaltante, che si imbocca con una rampa in salita ripida di terra secca, dove sembra di decollare come a bordo di un aereo.

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Ecco la rampa di decollo. Quello è un uomo felice: ha una Kawasaki KLR650 con gomme poco tassellate e corre come un fulmine. Finché era in produzione non era molto considerata, ma oggi si sente la mancanza di un mono leggero, comodo ed efficace come questo. Negli USA è ancora in vendita...

Finalmente siamo arrivati alle montagne: i prossimi 73 km li passeremo tutti sul gruppo dei Monti Gemelli, che si trovano a ovest di Teramo. La cosa sarebbe interessante fin da subito, sia per i nomi bizzarri di due paesi - Magliano da Piedi e Magliano da Capo - sia perché dobbiamo affrontare un tratto caratterizzato dal waypoint "pozze profonde". Io ci vado a nozze (anzi: ci sguazzo, ahahah), nei tratti di paludi mangia uomini che inghiottono le moto, quindi conto di fare delle foto significative. Ma non le farò: le prime moto che ci arrivano vengono inghiottite un po' troppo, per cui veniamo mestamente deviati su una lunghissima tratta asfaltata. Riprendiamo la terra dopo avere superato il paese (quasi) fantasma di Acquaratola. Qui ci hanno imposto un limite di 30 km/h perché è zona protetta.

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Si tratta di una salita ghiaiosa, a vista della catena della Laga.

Il limite dei 30 km/h, forse un po' eccessivo, è previsto anche nella strada asfaltata delle Gole del Salinello, dove le auto locali passano a ben altra velocità. Stiamo affrontando una spirale tutto intorno al Monte della Farina (1.572 m) e, passati sul versante est, si passa allo sterrato che sale sulla cresta del valico di Pietra Stretta (1.417 m).

Il primo pezzo, tra Battaglia e Roiano, è scorrevole e divertente. A sinistra vediamo il Lupo, a destra la Mucca. Mancano soltanto 12 km al punto di ristoro, che è eccezionale: un rifugio in un paese fantasma, Valle Piola, raggiungibile soltanto in sterrato, a quota 1.020 m e proprio sotto la vetta del Monte della Farina.

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Ho scoperto Valle Piola grazie a un amico esploratore, Stefano Mura, che mi ci ha portato nel 2022, quando la strada che lo raggiungeva era una sterrata scassatissima. Ѐ interessante la presenza, in alcune case, del gafio, ovvero il balcone sporgente in legno tipico dei longobardi. Il villaggio è stato abbandonato dall'ultima famiglia nel 1977 e, da allora, giace in stato di abbandono, a parte un edificio che è stato rimesso a posto per ospitare il Rifugio del Pastore.

Fioretto del dopo pranzo (alle 16 passate): fare molte meno foto e pedalare. Siamo io, Marco Pace e Lupo. "Allora, basta foto, ok?". "Ok, basta". Dopo appena 5 km, becchiamo Lorenzo Longobardi (Rally Cool!) che sta facendo le foto a una pozza di fango. Ma io, vedendolo accovacciato da lontano, penso che stia facendo la cacca, quindi passo piano nella pozza per non lavarlo. Quando capisco, decido di tornare indietro per fare un sacco di schizzi. Poi a quel punto tanto vale fare la foto UomoMezzo a lui e al Mostruoso sulla neve...

Ecco, questi sarebbero i miei "tantissimi schizzi". Ero convinto di essere in mezzo a una cupola di gocce marroni. Tuttavia, la foto di Lorenzo è bellissima, perché trasmette tutta la cupezza della strada della Pietra Stretta.

Si mette a piovere, quindi le reazioni sono tre: Marco Pace tira dritto perché gli enduristi si bagnano, Lupo mette solo la giacca, io invece opto per l'antipioggia totale. Poi, rimontando in sella, metto male il piede e casco di testa contro una staccionata, sfiorando un palo e rischiando grossissimo, mentre Lupo ride (ma perché?).
Per tornare a Teramo dalla Pietra Stretta il percorso Medium e quello Expert coincidono, ma è tosto assai: una discesa ripidissima, fangosa, dove le moto scendono anche con i freni tirati.

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Scattare foto che rendano l'idea è difficile, oltretutto in foto le discese sembrano sempre pianure...

Con questa discesa però la tappa la smette di essere tosta. Da Teramo a Montesilvano sono 70 km bellissimi, più o meno paralleli alla traccia di andata, su un percorso facile e bucolico, tra una collina e l'altra.

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Il paese di Castellalto visto da San Nicolò a Tordino.

Quindi è una tappa a tripla faccia: tanti tratti fangosi difficili, parti bucoliche e rilassanti, paesaggi di montagna invernali. Il livello dei partecipanti è molto alto, è gente che le bicilindriche le sa maneggiare.

A seguire, la gallery delle montagne viste dal percorso.

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Il gruppo del Gran Sasso visto da Silvi: da sinistra i monti San Vito (1.892 m), Siella (2.027 m, quello da cui s'è staccata la valanga che ha distrutto l'hotel Rigopiano), Camicia (2.564 m), Prena (2.561 m) e Brancastello (2.385 m).

Briefing di chiusura: Simone è arrabbiato con noi, dice che correvamo troppo e che siamo finiti in troppi in ospedale. Però il fango e le bicilindriche non sono la ricetta ideale per non vedere medici, fa parte del gioco. 

Con questo finisce la prima tappa ma anche l'articolo, perché è troppo lungo e mancano ancora due tappe!

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